Turismo e tornelli
Venezia, Firenze, e ora Roma: il turismo, non pianificato a livello amministrativo e quindi subìto dai territori, sta trasformando aree sempre più vaste delle città d’arte in semplici parchi ricreativi. Il turismo è il vero, unico ‘petrolio’ del Bel Paese, ripete spesso il Ministro Franceschini: e per fortuna lo abbiamo capito, dopo centoquarantasette anni di fede italiota nel modello di sviluppo economico nordeuropeo, quello industriale, scopiazzato da Londra e dalla Ruhr. Ma come ogni attività economica che si insedia su un territorio, che è risorsa di uno Stato, il turismo va gestito, non lasciato a se stesso e meno che mai favorito a scapito del territorio e dei cittadini che vi abitano. E invece pare che, capito che dobbiamo puntare su questo, ci siamo limitati a spalancargli le porte senza tutelare i cittadini e presentargli il conto dell’impatto sul territorio e della perdita della qualità della vita di chi ci vive.
Si tratta di una paradosso incomprensibile, di una ‘svista’ di politica amministrativa incredibile. Il turismo, infatti, vive della salute di un territorio. Trae guadagni dalle spese effettuate da altri: dalla pubblica amministrazione e dai cittadini, in termini di cura del territorio, conservazione dei beni culturali e ambientali e attivazione di servizi, dai trasporti alla emergenza sanitaria, dalla nettezza urbana al decoro. E, lo vediamo in questo periodo di costante allarme terroristico, il servizio di sicurezza pubblica, con migliaia di uomini impegnati ad osservare uno per uno volti e bagagli non solo dei cittadini, ma dei molto più consistenti fiumi di turisti che percorrono le città d’arte. Tutto ciò ha un costo, economico, elevatissimo. Che paghiamo noi cittadini, in termini di tasse e qualità della vita. Ma ci sono altri costi: quello dello spazio pubblico, lo spazio su strada, che è una risorsa limitata soprattutto nei centri storici, una risorsa che il turismo sfrutta con tavolini, parcheggi, e con fiumi di persone in marcia, che ostacolano le normali attività quotidiane di chi in una città vive e lavora, e in certe ore rendono difficile persino passeggiare. C’è il costo del carico sulle reti: come quella fognaria, anche quello, con i depuratori impegnati a smaltire i rifiuti organici di una popolazione aggiuntiva a volte pari o superiore a quella residente: e fiumi e mari gravati di un carico aggiuntivo di quella parte di inquinanti provenienti dalle deiezioni umane che sfugge ai sistemi di depurazione. Costi economici, e non solo, anche questi. Il punto è che questi costi non sono messi in conto, e chi ‘sostiene’ il turismo continuano ad essere i cittadini con le tasse. Ma ora viene il bello: come se non bastasse, ai cittadini le città dove vivono e lavorano, e che ’pagano’, si comincia a sottrarle.
Accade a Venezia, dove l’amministrazione si prepara a dotare Piazza San Marco di tornelli: una soluzione estrema, una sorta di riconoscimento di una realtà assurda e dolorosa, l’esproprio della città ai cittadini. Mezzi estremi, che svelano in chi li pensa l’incapacità di distinguere una città viva, come Venezia, da un’area archeologica come Ostia Antica o Pompei.
Ma di ‘tornelli’ si comincia a parlare anche a Roma. Nella capitale, però, le cose stanno diversamente. A Roma, dell’impatto crescente delle nuove ‘invasioni’ non si era ancora maturata consapevolezza, per due motivi: primo, perché fino all’attuale raggiungimento del ‘livello di guardia’, i flussi turistici hanno trovato spazio sufficiente nel centro storico più vasto d’Europa, e secondo perché Roma ha da sempre le braccia aperte, è da secoli meta di pellegrinaggi, è città aperta per davvero. Potendo e volendolo ‘sostenere’ veramente, Roma ha applicato da secoli il modello del ‘turismo sostenibile’. Ora però il livello di guardia è stato raggiunto: basta provare a passeggiare in Centro, dove persino l’area ‘privilegiata’ dei Palazzi del potere è impraticabile a causa dei fiumi di turisti e di funerei pullmini che li trasportano. La soluzione sarebbe quella di limitare l’impatto del turismo sulla città: e invece l’idea del Ministro Franceschini è di segno esattamente contrario. Pur dichiaratosi contrario ai tornelli, i ministro pensa ad un Parco Archeologico intorno al Colosseo. Ora, da come si sta configurando, si tratterebbe di un’area riservata al turismo: il problema è che si tratta di un pezzo della città viva, non di un sito archeologico o di un museo. Quindi, un pezzo di città sarebbe sottratto alla città stessa. Un paradosso amministrativo, e una negazione dell’identità aperta di Roma.
Per decenni la sinistra romana ha portato avanti l’idea, di Antonio Cederna, di un Parco Archeologico esteso da piazza Venezia all’Appia Antica, passando per i Fori e il Colosseo: ma mai e poi mai ha pensato un tale parco a spese della città e dei cittadini, o addirittura di riservarne l’accesso ai turisti. Questo, probabilmente, senza che i nonni Monticiani o Trasteverini dei suoi esponenti andassero a sfidarsi al Foro Boario; o che gli stessi esponenti dei partiti della sinistra romana avessero l’abitudine, come tanti ragazzi di qualche anno fa, di passeggiare sulla Via Sacra o fare i compiti di scuola al Palatino, in tranquilla compagnia dei turisti, e di studiosi di ogni parte del mondo. Forse, a quella classe politica l’idea di separare Roma dal suo cuore non era venuta perché quella classe politica era ed è formata da cittadini di Roma, o da eletti a Roma. Centoquarantasette anni fa, nelle mura di Roma fu aperta una breccia: fu nel nome del Paese. Ora però arrivare a riservare una parte della città ai turisti limitandone o impedendone l’accesso ai cittadini è un’idea che a Roma non può far breccia, perché sarebbe, da parte della Capitale e del Governo nazionale, un pessimo messaggio al Paese: un Paese che deve puntare sul Turismo, come il ministro giustamente sostiene, ma come ‘suo petrolio’, cioè per proprio interesse, e non per quelli del turismo stesso. Per questo la proposta del ministro ha scatenato polemiche e determinato la contrarietà dell’amministrazione comunale eletta dai cittadini: che ha il mandato di gestire il territorio; e che ha le competenze per farlo.
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[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]