Bielorussia, tassa “anti parassiti”
In Italia il dibattito politico è da tempo attraversato da quella che, con diversi nomi, viene chiamato ‘reddito di cittadinanza’, in pratica un sostegno a chi non ha il lavoro, o comunque non guadagna abbastanza da potersi permettere una vita dignitosa per sé e la sua famiglia. Il diritto al lavoro ed ad un reddito minimo è pratica diffusa in Europa e moralmente accettabile, ma in Bielorussia le cose vanno diversamente.
Un paese attraversato da una profonda crisi economica, il presidente dittatore Aleksandr Lukashenko ha messo in cantiere una cosiddetta ‘tassa anti-parassiti’, in pratica si obbligano 400.000 cittadini che hanno lavorato meno di 6 mesi l’anno, a versare un contributo di 250 dollari, quasi lo stipendio di un mese che, mediamente, si attesta sui 380 dollari pro-capite. Ma da cosa deriva questa idea? L’obiettivo di Lukashenko è di spronare il suo popolo a fare di più, a lavorare maggiormente, punendo chi si limita ad operare per meno di 6 mesi all’anno. L’economia della Bielorussia è legata a doppio filo con la Russia verso cui dirige il 40% delle sue esportazioni e da cui riceve gas e petrolio a prezzi agevolati, anche se con la crisi attuale Minsk non riesce a saldare Mosca nemmeno in questo modo.
Dalla platea degli interessati alla nuova tassa sono esclusi i lavoratori stagionali (che lavorano meno di 183 giorni l’anno) ed i possessori della Partita Iva, che comunque sono già ampiamente vessati. L’esonero riguarda anche cittadini al di sotto dei 18 anni d’età, invalidi, donne al raggiungimento di 55 anni e uomini al raggiungimento di 60 anni, ironicamente rientrano nell’ambito le casalinghe invece, in base alla nuova normativa voluta dal ‘Piccolo Padre’, saranno classificate come ‘parassite’.
Pur se la Bielorussia è considerata l’ultima dittatura dell’Europa, il primo risultato della legge è stato di far scendere le persone in piazza, e per il paese è una novità assoluta. Se il numero di 2.500 manifestati può apparire esiguo, in uno stato dove le proteste vengono spente dalla polizia a colpi di manganello questo è quasi stupefacente. Se all’inizio il regime ha ignorato quanto succedeva sotto le sue finestre, in seguito ha fatto intervenire le forze di sicurezza, queste hanno arrestato vari leader dell’opposizione, tra cui una loro guida storica, Vladimir Neklyaev, già candidato alle presidenziali del 2010. Senza nessun rispetto per i suoi 71 anni, Neklyaev è stato portato a forza giù dal treno mentre era in viaggio verso Minsk per unirsi ai moti, e per due giorni né sua figlia né la sua famiglia hanno saputo nulla di lui. Il gruppo per la difesa dei diritti umani, Vyasna, ha informato che la stessa sorte è toccata a Pavel Severinets ed a tre giornalisti che sono stati arrestati durante le proteste nella città di Orsha. Altri tre esponenti dell’opposizione sono stati arrestati e incarcerati per 15 giorni e almeno altre 10 persone sono in carcere dopo una manifestazione a Maladzyechna, a nord di Minsk.
Un risultato comunque è stato raggiunto, ottenendo il differimento di un anno nell’entrata in vigore della nuova ‘tassa anti-parassiti’.
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