Governo Letta e riordino delle Province
Eccoci prossimi ad uno dei dilemmi di geografia politica più contestati di sempre: il riordino delle Province. Il Governo Monti ha messo mano, lasciandolo poi incompiuto, ad una delle riforme strutturali più impegnative del nostro paese. L’idea è quella di abolire le Province, ma come? Ripercorriamo brevemente qual è la situazione ad oggi.
Il decreto “Salva Italia” ha previsto la cancellazione delle Province nella conformazione attuale, trasformandole in enti di secondo livello (assemblee formate dai sindaci dei comuni delle rispettive Province) e svuotandole sostanzialmente da quelle che sono le attuali competenze. Successivamente con il decreto sulla Spending Review si sono delineate le residue competenze, prevedendo anche ulteriori tagli ai bilanci provinciali. L’ultimo decreto (n.188/2012) rimasto incompiuto prima, e bocciato dalla Corte Costituzionale poi, prevedeva il riordino delle Province secondo criteri di estensione territoriale e di popolazione. La prematura fine dell’esperienza Monti al Governo ha lasciato di fatto un caos legislativo che rischia di compromettere la stabilità economico-amministrativa di comuni e regioni.
Tutto ciò è stato fatto nel vano tentativo di ridurre i costi della macchina statale. Le ipotesi di risparmio però sono sempre state ipotizzate e mai quantificate. Recentemente la Corte dei Conti ha espresso forti e preoccupati dubbi sugli effettivi benefici dalle abolizioni delle Province. Il rischio – dicono – è quello di caricare i Comuni di competenze (esempio l’istruzione) che dal punto di vista economico non potrebbero sostenere. Ad ascoltare le istituzioni e gli esperti pare proprio che nella lista degli enti inutili le Province non ci fossero, ma ci si sono ritrovate per effetto della crisi politica del nostro paese.
Oggi, Letta pare voler proseguire sulla strada del suo predecessore Monti nonostante i partiti che compongono la maggioranza non parrebbero più tanto contenti di sostenere questa linea. I tempi sono strettissimi (80% delle Province termineranno il loro mandato nel 2014) e come ha ricordato la Corte Costituzionale, le Province sono in Costituzione e come tale è necessario operare attraverso leggi di riforma costituzionale; e come è ben noto i tempi per approvare una legge di riforma della Costituzione andrebbero ben oltre la primavera 2014.
A gettar benzina sul fuoco c’è anche la riforma al titolo V della Costituzione del 2001 con l’istituzione delle Città Metropolitane (dieci le città previste) che andrebbero oltre il concetto di provincia e che dovrebbero essere costituite indipendentemente dall’abolizione o meno delle Assemblee provinciali.
La strada quindi sembra lunga e piena di incognite: non è chiaro a chi e quali competenze spetteranno, non è chiaro dove il personale amministrativo verrà destinato e non è chiaro se saranno enti di secondo livello e se avranno autonomia finanziaria o meno. Insomma, al momento un gran caos. Certo è che molti cittadini non considerano le Province enti così inutili e lontani come visti dai governi e ripensare – in modo così approssimativamente parziale – una riforma che dovrebbe essere strutturale della politica geografica del paese, fa presumere che ancora una volta si creerà forse più danno che beneficio alla vita dei cittadini.
©Futuro Europa®