UE ancora modello di riferimento per il Sud-est asiatico?
L’idea che l’UE sia un modello di integrazione è un incontestabile pilastro sul quale si regge, o meglio si reggeva, il potere di Bruxelles di influenzare gli affari domestici dei singoli Paesi membri, oltre anche ad essere un potentissimo strumento di politica estera dell’Unione. Tutto ciò è andato sgretolandosi con l’avvento della Brexit che, comunque vada (lo sapremo presto), ha lasciato indubbiamente un solco indelebile nell’immagine riflessa dall’Unione stessa. In Asia, ad esempio, dove è presente un sistema di integrazione sovranazionale per certi versi simile, come l’ASEAN [l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico che quest’anno celebra 40 anni di relazioni con l’UE, NdR], è facile carpire come l’UE abbia smarrito il suo “appeal” di modello di riferimento.
E’ d’accordo Clara Portela, docente di politica internazionale della Singapore Management University (SMU), secondo la quale comunque il modello europeo di integrazione non è mai stato completamente d’ispirazione per l’ASEAN, e quel che poteva essere emulato ha perso ormai lo smalto iniziale che lo contraddistingueva .“Fin dall’inizio della crisi del debito sovrano, l’Europa è andata via via perdendo di attrattiva. Negli ultimi anni, la crisi economica europea è stata soppiantata dalla crisi dei rifugiati e dalla Brexit”. Secondo Portela, la lezione più importante che l’ASEAN può cogliere dalla Brexit, è che le organizzazioni regionali di tipo sovranazionale dovrebbero essere in grado di comunicare chiaramente e in maniera trasparente le proprie politiche ai loro cittadini. “Un’organizzazione che rimane oscura agli occhi del pubblico è vulnerabile a distorsioni da parte dei politici e dei media”.
Di parere contrario è invece Mareike Kleine, esperta dell’Istituto Europeo della London School of Economics (LSE), secondo la quale l’integrazione dell’UE è stata e continua ad essere un modello per le altre organizzazioni. “È però evidente che le condizioni di integrazione, come il consenso dell’élite e una certa concezione della sovranità statale, non sono presenti allo stesso modo in altre regioni del mondo. Inoltre, Brexit dimostra che queste condizioni di portata variano in tutta Europa e si possono anche erodere nel tempo”. Per la Kleine, il problema più che di comunicazione è di natura politica. Le istituzioni maggioritarie dell’UE (Corte e Commissione) sono state create deliberatamente al fine di superare le divergenze dettate dagli interessi nazionali e statali. “Tuttavia, queste istituzioni hanno trascurato di coinvolgere l’esecutivo e l’opposizione formata dalle ampie coalizioni nazionali, sia dal punto di vista politico che da quello della pianificazione, al fine di cooptarle nel processo decisionale”.
In ogni caso i rapporti tra UE e ASEAN rimangono sostanzialmente buoni, specialmente a livello commerciale. Secondo Portela, molti membri dell’ASEAN apprezzano il ruolo dell’UE di pioniere e paladino del libero scambio internazionale, che ultimamente pare essere in pericolo a causa del cambio di rotta protezionistica da parte degli Stati Uniti. Nonostante ciò, rimane il ruolo del Parlamento europeo che spesso si pone di traverso a un’ulteriore liberalizzazione e integrazione economica, e ad un’accelerazione sugli accordi di libero scambio tra UE e ASEAN. Ultimo punto di discordia, riguarda una recente risoluzione passata da Strasburgo, contro la produzione ‘non sostenibile’ di olio di palma, che ha visto Thailandia, Indonesia e Malesia unire le forze per domandare una ratifica immediata, che in caso contrario metterebbe in pericolo le esportazioni dei tre giganti del settore.
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