Centrodestra al bivio
Molta parte della nostra stampa ha la tendenza ad amplificare dissensi e polemiche per lo più verbali (parole, parole!) conferendo loro una portata che non hanno e, in cambio, a presentare come una specie di match sportivo contrasti che hanno invece peso sostanziale. Questo è il caso della spaccatura apertasi in seno al PDL e che la prossima Direzione nazionale dovrebbe dirimere.
Il segno della frivolezza con cui viene trattato il tema sta nel definire “lealisti” e “governativi” quelli che sono, invece, estremisti e moderati. Frivolezza perché ridurre quello che è un contrasto di fondo, di linea politica, alla semplice questione se essere fedeli o no a Berlusconi è compiere un grosso errore di semplificazione. La fedeltà a una persona non dovrebbe essere un criterio fondamentale di scelta politica. Ma in realtà nessun membro del PDL propone di mettere da parte il Cavaliere e se anche lo facesse, non vedrei motivo di scandalo: i partiti in cui comanda uno solo e chi dissente è accusato di alto tradimento mi ricordano tristi esempi del passato (ma non è questa la strada scelta da Alfano e dagli altri).
Quello che i moderati chiedono è diverso: un partito di cui Berlusconi resti il riferimento, non il padre-padrone; un partito aperto e liberale al suo interno, in cui gli incarichi si definiscano per libera scelta degli iscritti o dei simpatizzanti e non per i diktat di un autocrate; un partito che si faccia carico delle sue responsabilità di forza di governo in una fase difficilissima per l’Italia e non confonda le vicende del suo capo con quelle del Paese; un partito di centro-destra “europeo”, capace di proporsi come forza di governo affidabile e non una banda di sfasciacarrozze alla Santanché. Che a sostenere queste posizioni siano, in prima linea, i Ministri PDL dell’attuale governo, non può essere semplicisticamente attribuito a una sorta di perverso attaccamento alle poltrone (sulla stessa linea ci sono insospettabili come Cicchitto). Sono i Ministri che vivono giorno per giorno la vita del Governo, ne conoscono i limiti e le difficoltà ma anche i passi avanti e sanno bene che è necessario che vada avanti nell’interesse generale: che lo difendano è puramente naturale.
Quello che pochi commentatori riconoscono è che tenere una posizione moderata, controcorrente rispetto a quella di una parte del PDL e dei suoi elettori, richiede una buona dose di coraggio. Con che “garbata eleganza” Berlusconi ha ricordato ai Ministri la sorte politica di Fini (a cui lui stesso ha dato una mano col famoso dossier dell’appartamento a Montecarlo)! E non è affatto certo che ai “dissidenti” non tocchi la stessa sorte. Coraggio, dunque, ma benvenuto per tutti quelli che pensano che il governo debba andare avanti fino al momento in cui sarà possibile il ritorno a una vera alternanza democratica; per chi spera, con tutte le sue forze, che in Italia ci sia un centro-destra non populista, non ossessionato dalle vicende giudiziarie dal Berlusconi: un centro-destra, in altre parole, normale.
Coraggio, dunque, da una parte. Dall’altra, un misto di massimalismo talebano e, quel che fa più pena, di servilismo verso il capo. Perché la gratitudine è una cosa bella e onorevole, anche in politica, ma non a spese del Paese. E la frase di Raffaele Fitto secondo cui “si occuperà del dopo Berlusconi solo quando Berlusconi deciderà che c’è un dopo” fa venire i brividi. In altri tempi e circostanze, questo tipo di atteggiamento veniva definito “portare il cervello all’ammasso”.
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