NATO ed Europa, le bugie di Trump

In superficie può apparire che Il viaggio di Trump in Europa sia andato meno peggio di quanto si potesse temere. Il Presidente USA ha evitato in pubblico quegli atteggiamenti anti-Alleati e anti-NATO, che non aveva risparmiato in campagna elettorale e, nella dichiarazione dei G7 a Taormina, ha accettato qualche ambigua frase sulla libertà di commercio (contraddetta peraltro dagli insulti lanciati in privato ai cattivi tedeschi, che hanno il torto di fare buoni prodotti ed esportarli in America). Col Papa ha finto sorrisi, rispetto e concordanza di idee sui grandi temi dell’umanità, e al suo ritorno ha twittato “Tutto bene, grande lavoro per gli USA etc.”.

Ma la sostanza delle cose è differente. Non penso alla questione dell’immigrazione, sul quale il diritto di ciascun Paese a salvaguardare le proprie frontiere e stabilire quote limite, fortemente sostenuto da Trump e dalla May, mi pare del tutto accettabile. Mi riferisco al problema del clima. Trump non ha ancora detto che si ritirerà dagli Accordi di Parigi, ma è giudicato assai probabile che nelle prossime settimane lo faccia. Gli Stati Uniti verranno così a trovarsi praticamente soli rispetto agli altri G7, ma anche alla Cina e alla Russia, e la loro assenza svuoterà gli Accordi di gran parte de loro contenuto e forse li condannerà all’irrilevanza. Così, questo incredibile personaggio avrà fatto in un colpo solo molto più danno alla Terra e ai suoi abitanti sul lungo termine di quanto possa farlo un’esplosione nucleare.

Anche sulla NATO, malgrado le ripetute manifestazioni di interesse e di appoggio (non si parla più di obsolescenza), non credo ci sia da essere troppo rassicurati. L’aver convinto l’Alleanza ad assumersi un ruolo diretto contro il terrorismo è certamente un fatto positivo (mi chiedo che cosa ci si aspettasse a farlo). Il Segretario Generale Stoltenberg ha chiarito che non si tratterà di ruolo “combattente”, ma di “intelligence”. Va bene così, non vorrei davvero vedere di nuovo la NATO invischiata sul terreno in Medio Oriente o altrove. Ma l’Alleanza ha risorse molto ampie in materia di sorveglianza e controllo e deve costituire il punto di raccordo per l’azione antiterrorista dei suoi membri più esposti. Il terrorismo è una forma di guerra e un’Alleanza difensiva non può ignorarla. A proposito, qualcuno si chiede se la NATO dovrebbe intervenire in caso di attacco nord-corano a navi o installazioni militari degli Stati Uniti nel Pacifico. La risposta, a termini del Trattato di Washington, che delimita chiaramente l’area geografica di applicazione, è No, il che non impedisce che alcuni alleati possano o vogliano intervenire individualmente.

Ma la parte che sconcerta è l’insistenza con cui Trump ha posto di nuovo sul tappeto la questione dei contributi degli Alleati alla difesa comune. Questione legittima in sé, e che era stata sollevata sia da Bush che da Obama. L’aspetto inaccettabile, più ancora della forma abrasiva usata da Trump (coll’implicita minaccia del ritiro o della diminuzione della presenza americana in Europa) sta nelle bugie usate dal Presidente, com’è suo costume. Bugie che un ben calibrato e documentato articolo del New York Times ha esposto mentre Trump era in Europa, definendole “post-verità”. La prima è che molti Alleati siano in arretrato coi loro contributi alle spese dell’Alleanza (Trump ha parlato di più di cento miliardi di dollari). Falso,  i contributi sono fissati in ragione del rispettivo PIL, gli Usa pagano il 28% e nessun alleato è in ritardo coi suoi pagamenti.

La seconda “post-verità” è la più insidiosa: salvo 5 Paesi membri, tutti gli altri non rispettano l’obbligo di spendere il 2% del loro PIL per la difesa. Ma Il 2% non è un obbligo in qualche modo vincolante, ma un impegno politico preso e confermato dopo l’occupazione russa della Crimea e le minacce all’Ucraina, ed è chiarissimo nel testo relativo che si tratta di una meta a cui avvicinarsi gradualmente. Ma la post-verità più clamorosa è l’asserzione che gli Stati Uniti spendono da soli oltre il 70% della spesa globale degli Alleati per la difesa. Il che è vero, ma omette fraudolentemente di menzionare che gli Stati Uniti sono una potenza globale, con impegni militari in tutto il mondo e che solo per le varie guerre nel Golfo hanno speso centinaia di miliardi di dollari che, ovviamente, pesano nel loro bilancio. Senza dire, naturalmente, che il forte e costoso impegno americano in Europa ha permesso agli Stati Uniti vantaggi politici e strategici incalcolabili.

Sono un deciso credente nell’alleanza transatlantica e nella NATO che la rappresenta. Ritengo che si debba fare tutto quanto è possibile per mantenerla intatta e funzionante. Ma non si può andare in paradiso a dispetto dei Santi. Se a picconare l’Alleanza è il suo membro fondatore e decisivo, c’è poco da fare. Solo sperare che l’establishment di Washington (tanto i militari quanto la maggioranza del Congresso) fermino il Presidente su una china pericolosa, o magari a paralizzarlo siano gli scandali sul “Russia-gate” e l’FBI, che non penso si fermeranno.

Ma noi europei saremmo stupidi e suicidi se non cercassimo una contro-assicurazione, che può consistere solo (signori Salvini, Meloni, Grillo e compagnia, il cui ideale sotto sotto è andarsi a prosternare davanti a Putin!) nel rafforzare e rendere più efficace la solidarietà anche in materia di sicurezza e di difesa comune. Angela Merkel, parlando in Baviera subito dopo Taormina, ha fatto capire tutta la sua delusione e il suo scetticismo rispetto a questa Amministrazione USA, dichiarando che è ora che “gli europei prendano in mano il loro destino”. Io, che sono sempre stato e resto filo-americano e filo-NATO, non posso che essere d’accordo.

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