Piuma (Film, 2016)

Sorprendentemente in concorso alla 73° Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, questo film di Roan Johnson, un pisano nativo di Londra sopravvalutato come pochi, che riesce a sprecare un budget interessante basato su una produzione Palomar e Sky Cinema. Persino MiBACT e Unipol hanno contribuito alla realizzazione di un film adolescenziale, girato male e fotografato peggio, sceneggiato con gli arti inferiori e poco senso del cinema. Johnson ci aveva già deluso abbastanza con il generazionale Fino a qui tutto bene, esaltato persino da Virzì, in definitiva un film fiacco e senza grandi sussulti di sceneggiatura.

Piuma va ben oltre il senso di delusione, anzi conferma la certezza che il regista del Bar Lume potrà anche essere un docente di sceneggiatura, ma dovrebbe andare a ripetizione da chi ne sa più di lui. In questo caso si fa aiutare da ben tre persone per scrivere una sceneggiatura così pietosa da far gridare vendetta. Fotografia paratelevisiva di Davide Manca, basata sul consueto indefinibile giallo pastello; musica inesistente e inutile di Tomio; recitazione sotto i livelli di guardia, anche se a Michela Cescon volevano dare un David di Donatello, così come al regista il premio giovani.

La storia racconta le disavventure di Cate e Ferro, due fidanzati adolescenti alle prese con una gravidanza inattesa. Il film è scandito in nove capitoli, che conducono agli esami di maturità e portano verso la nascita del figlio, tra mille peripezie a base di droga e sesso, con la macchina che indaga sulla vita delle rispettive famiglie per far passare il messaggio che gli adulti sono più irresponsabili dei ragazzi. Tutto vero, in alcuni casi, per carità. Bastava dirlo meglio. Il film è basato su una sceneggiatura sopra le righe, imbastito su toni trash di una commedia che spesso non pare commedia, recitato piuttosto male da adolescenti e adulti, che gridano, si disperano, non sanno che pesci prendere e vivono un’esistenza surreale. Il regista usa la macchina a mano e ci regala riprese sghembe e traballanti, credo volute, anche se non se ne capisce il senso, per tutta la durata del film. Finale assurdo, buonista, con i due giovani che prendono coscienza della grande responsabilità che generare un figlio comporta, decidono di chiamarlo Piuma (metafora di leggerezza?) in mezzo a una melassa retorica composta da frasi altisonanti stile Baci Perugina.

Provaci ancora, Roan! Verrebbe da dire. Ma poi magari lo fa davvero. E allora (per citare Franco & Ciccio)… soprassediamo!

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Regia: Roan Johnson. Soggetto e Sceneggiatura: Roan Johnson, Ottavia Maddeddu, Carlotta Massimi, Davide Lantieri. Scenografia: Mauro Vanzati. Costumi: Andrea Cavalletto. Trucco: Sefora Loprete. Musiche: Lorenzo Tomio. Montaggio: Paolo Landolfi, Davide Vizzini. Fotografia: Davide Manca. Produttore: Carlo Degli Esposti, Nora Barbieri, Nicola Serra. Casa di Produzione: Palomar, con il contributo di MiBACT, Unipol, Sky Cinema. Distribuzione: Lucky Red. Genere: Commedia. Durata: 98’. Interpreti: Luigi Fedele, Blu Yoshimi, Michela Cescon, Sergio Pierattini, Francesco Colella, Francesca Antonelli, Brando Pacitto, Clara Alonso, Bruno Squeglia, Francesca Turrini, Massimo Reale.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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