Clima, nasce l’Alleanza del Pacifico

Gli Stati Uniti sono divisi dalla decisione dell’Amministrazione centrale sull’accordo di Parigi. Oltre le città, interi Stati infatti stanno orientando le loro politiche energetiche, ambientali e industriali in linea con le decisioni della Cop21 del 2016. Per primo lo stato della California, storica prima linea negli States contro i cambiamenti climatici. Stato più popoloso degli Usa, ma anche dell’intero Canada, capace di generare il 20 per cento del Pil degli States, la California sta emergendo come antagonista autorevole e temibile dell’Amministrazione centrale. E in questi giorni lo Stato si prepara a dar battaglia, in tribunale, all’Amministrazione di Washington, a cominciare dai limiti sulle emissioni inquinanti degli autoveicoli. “Voglio fare il possibile per mantenere l’America, e il mondo intero, sui binari ambientali”, ha detto al New York Times il governatore della California Jerry Brown, aggiungendo che intende “fare qualsiasi cosa per portare avanti il nostro programma sulla riduzione delle emissioni, senza tener conto di ciò che accade a Washington”. Ma c’è molto di più: con Brown, la California ha sottoscritto il mese scorso a San Francisco specifici accordi sul clima con il Canada e il Messico; e Brown si prepara ad andare il mese prossimo in Cina per incontrare i leader della lotta al riscaldamento globale. Il governatore californiano ha anche annunciato che sarà presente al prossimo vertice Onu a Bonn.

Nel quadro dell’attuazione di un accordo complesso come quello di Parigi, che per la prima volta punta al passaggio alle energie alternative incentivando l’economia sostenibile piuttosto che vincolando quella basata sulle energie fossili, la presa di posizione della California è di straordinaria importanza geopolitica. La California da sola infatti può essere considerata una ‘potenza industriale’ vera e propria, non solo per la ‘quantità’, ma soprattutto per la ‘qualità’ della sua economia, fatta di innovazione di punta a livello mondiale: da decenni le imprese e la ricerca dello Stato stanno dando la linea a livello mondiale a settori di punta che hanno segnato la modernità come l’informatica, la telematica e oggi le energie alternative. Non a caso, la California è ‘laboratorio’ tanto di produzione di veicoli elettrici quando dell’organizzazione della mobilità urbana necessaria per consentirne l’uso. E in California ha avuto origine ed ha sede un marchio di punta come la Tesla, che produce auto elettriche: ma non piccole e leggere utilitarie, bensì potenti auto sportive. Dimostrando le enormi potenzialità dei nuovi motori.

L’innovazione si sviluppa in ambiente favorevole, perché, ad esempio, le leggi californiane richiedono il raggiungimento di un consumo di un litro di carburante per 23 chilometri per litro di carburanti, un limite considerato normale in Europa ma altissimo per i motori tradizionali Usa. E dato che i colossi dell’auto statunitense sono ‘fossili’, secondo gli industriali dell’auto i limiti californiani “costringono a costruire auto elettriche che nessuno vuole”, e l’amministrazione Trump mira a ridurli. La lotta è quindi politico-industriale, e dato che si gioca sulla potenza economica, la California ha bisogno di alleanze e le sta cercando fuori degli Usa.

La California sta facendo una sua politica estera e quello che sta creando è una vera e propria ‘Alleanza Pacifica’: perché gli accordi intorno al ‘Nafta del cambiamento climatico’, come è stato definito da Los Angeles evocando l’accordo economico Usa-Canada-Messico del 1992, uniscono la California stessa con il Canada ed il Messico da una parte, e con la Cina dall’altra. Per singolare caso, in una sorta di ‘ritorno alle origini della Storia’ l’alleanza per il Clima unisce antico e moderno in un quadro simbolico straordinario: oltre al Celeste Impero del taoistico ‘impatto leggero sull’ambiente’, ancora grande inquinatore ma primo investitore mondiale in energie rinnovabili, fra i nuovi alleati della California ci sono infatti lo stato Usa delle Hawaii, ‘ponte’ del Pacifico, dove da un secolo è presente una numerosa comunità cinese; e lo stato delle Fiji, le isole da cui intorno al Mille dopo Cristo partì la colonizzazione delle Hawaii, e che oggi sono tra gli Stati del Pacifico messi a rischio dall’innalzamento del livello del mare dovuto ai cambiamenti climatici.

Brown ha detto che “la Cina è impegnata a implementare un sistema (di mobilità sostenibile) di questo tipo entro la fine dell’anno”. Un sistema che, lo sappiamo, farà affidamento anche sugli oltre trenta megaimpianti a ‘solare termodinamico a concentrazione’, con tecnologia italiana, che la Cina ha da poco messo in cantiere. Brown ha recentemente incontrato il primo ministro delle Fiji, che è presidente della prossima Cop23 di novembre a Bonn: dove si tenterà di mettere in atto l’accordo di Parigi. Con o senza gli Stati Uniti.

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[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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