Francia, stravince l’Europa
L’esito del ballottaggio per le elezioni legislative francesi ha confermato il dato già emerso nel primo turno. Il partito di Macron “En marche”, con 361 seggi ha superato di gran lunga la maggioranza richiesta, mentre tutti i partiti di opposizione, insieme, raggiungono 126 seggi. I “Républicains” sono scesi molto rispetto alle elezioni precedenti, ma nell’insieme “tengono”. I Socialisti sono crollati. Il Fronte Nazionale ha conseguito solo 8 seggi (ma Marine Le Pen, dai e dai, è riuscita finalmente ad entrare in Parlamento, dove certamente darà spettacolo). La sinistra radicale di Melanchon (la “France insoumise”) ha avuto una trentina di deputati, pochi certamente, e tolti tutti ai socialisti.
Marine Le Pen, fedele al proprio ruolo populista, ha subito cominciato a strillare che il Parlamento appena eletto è “delegittimato” a causa della bassa affluenza alle urne (poco più del 50%). Il fatto che il primo partito di Francia sia quello degli astenuti è una comoda falsità. I non votanti non sono un gruppo omogeneo, attribuibile a destra, centro o sinistra, non sono un “partito”. Sono semplicemente persone che per stanchezza, indifferenza, assenza di interesse per le elezioni legislative rispetto a quelle presidenziali – e in special modo al secondo turno, quando tanti non ritrovano più i candidati che avevano votato al primo – hanno deciso di non andare ai seggi.
Si può inoltre discutere sul carattere rappresentativo di elezioni a collegio uninominale, anche se a doppio turno, ma le regole (secondo me ottime) sono quelle e il fatto è che il Presidente ha alla Camera una maggioranza schiacciante, che lo mette al riparo da qualsiasi possibile colpo basso. Punto. Il resto sono chiacchiere degne del teatrino “politichese”.
Ciò vuol dire che Macron avrà in mano tutti gli strumenti per governare in attuazione delle promesse e dei programmi annunciati nella campagna elettorale. Ottima cosa, che dall’altro lato gli toglie alibi e scuse in caso di fallimento. Ha avuto un doppio mandato, la gente seguendolo ha preferito la speranza alla rabbia e sarebbe grave se questa speranza fosse tradita. Ha dunque ragione quell’esponente di “En marche” che ha detto che la vera vittoria sarà tra cinque anni, quando la gente vedrà che la Francia è davvero cambiata.
Intanto, un’osservazione non certo marginale: anche in queste elezioni, come in quelle presidenziali, l’Europa ha stravinto. In Parlamento vi sono solo 8 deputati dichiaratamente eurofobi. Anche aggiungendo arbitrariamente i lemanchonisti, i nemici dell’euro e dell’Unione non rappresenta neppure un decimo del totale dei seggi. Tutti gli altri, con istanze o posizioni legittimamente variabili all’interno del tradizionale europeismo, sono tutti in mano a eletti che sono nel solco europeo.
Insomma, la scommessa sciovinista del FN ha fatto un gran fiasco. Se si aggiunge che nelle recenti elezioni inglesi il nazionalista ed eurofobo UKIP non ha conquistato neppure un seggio e che la leadership della spocchiosa signora May è uscita molto, ma molto ridimensionata, e in attesa dei prevedibili risultati delle elezioni tedesche, non mi pare che l’eurofobia abbia molto vento nelle vele. Speriamo di non essere noi italiani, quando sarà, a restare col cerino in mano.
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