Illustri persuasioni
Treviso – Era il 1477 quando l’inglese William Caxton usò la stampa per promuovere le cure termali, da allora fino alla comparsa delle gazzette passarono 200 anni; siamo nel 1600 quando compaiono le prime réclame, semplici testi scritti che pubblicizzavano il prodotto. Solo nel 1800 compaiono le prime agenzie pubblicitarie e le tecniche pubblicitarie iniziano anche esse a cambiare pelle, con la cromolitografia (1836) gli annunci pubblicitari iniziano ad essere più articolati e illustrati, questo permette a personaggi come Eduard Manet, Jules Cheret, Henri de Toulous-Lautrec, Alphons Marie Mucha, di diventare i pionieri della pubblicità a colori, dei maestri con i quali i successivi pubblicitari si sono dovuti confrontare. All’epoca infatti si ricorreva alla fantasia, ai giochi di parole e si metteva al centro della scena il prodotto da sponsorizzare, ci voleva tempo e dedizione, oggi con le strette esigenze del mercato il tempo è diventato un nemico e le pubblicità sono sempre più prive di fantasia puntando tutto sui testimonial e le allusioni sessuali.
Oggi però, grazie alla passione di Ferdinando Salce, amante delle illustrazioni pubblicitarie e attento collezionista, possiamo rivedere i capolavori che appartengono alla storia della pubblicità in una mostra: Illustri Persuasioni. I capolavori dalla collezione Salce
Questo progetto nato dall’idea di Marta Mazza, direttrice del Museo Nazionale Colezione Salce di Treviso, che vede esposti circa 300 pezzi dei 24.850 manifesti appartenenti alla collezione, si articola in tre fasi: La Belle Epoque, Tra le due guerre, Dal secondo dopoguerra al 1962. Ogni fase avrà una durata massima di quattro mesi, scelta dovuta al mantenimento dello stato conservativo dei pezzi esposti.
La Belle Epoque, che si concluderà il 24 Settembre prossimo, come dice il titolo stesso raccoglie insieme i manifesti elaborati durante il periodo artisticamente più ricco della storia, pieno di speranze verso il futuro, speranze che rintracciamo nelle figure ammiccanti e sorridenti dei manifesti esposti; lavori che rispondono a precise direttive tecniche e stilistiche, che in Italia furono dettate dal critico Vittorio Pica che, in Emporium, Taccuino dell’amatore di stampe (vol. XI, 1900, n. 61), rintraccia in G.M. Mataloni e Adolfo Hohenstein i maggiori cartellonisti dell’epoca, senza però trascurare il lavoro raffinato di Marcello Dudovich.
L’allestimento dedicato a La Belle Epoque si suddivide in quattro aree tematiche che affrontano le diverse tecniche stilistiche dei manifesti esposti; partendo dal terzo piano dello stabile troviamo la sala Dudovich dedicata a Classicismi ed Arabeschi in cui emerge lo stile prettamente Liberty delle opere, iris e richiami floreali contornano i cartelloni che per primi hanno fatto scuola di pubblicità, qui sono esposte le opere che folgorarono Nado Salce, Incandescenza Auer di Mataloni (1895), qui nella versione a sfondo rosso, ed il piccolo capolavoro di Dudovich, Fisso l’idea (1899).
Proseguendo il percorso si giunge alla sezione Secessioni ed horror vacui, al centro della scena ci sono ricchi dettagli e disegni carichi di simbologie, che danno il senso dell’horror vacui; qui in mostra visibilmente influenzati da queste tematiche di stampo nordico, dove a volte compare qualche influenza delle tecniche sviluppatesi in America, ritroviamo i lavori di Alberto Martini, illustratore per i periodici Decorative Kunst e Jugend, e di Umberto Boccioni, che con Brunate (1909) si sofferma sui simbolismi propri dell’espressionismo tedesco.
La terza sezione è dedicata all’evoluzione pubblicitaria, La nuova pubblicità, che ci da la misura di come stia cambiando il mondo ed il linguaggio pubblicitario, sempre più ridotto all’osso e di impatto, più concentrato sullo stupore, sulla rottura degli schemi classici, c’è una ricerca più attenta volta ad attirare l’attenzione del passante; un lavoro che oggi svolgono le multinazionali conferendo la maggior parte dell’attenzione allo sviluppo del marchio, che deve essere subito riconoscibile e rimandare ai valori aziendali.
Fanno parte di questa sezione: Cholat Klaus (1903) di Cappiello, che apre questa nuova stagione della comunicazione pubblicitaria, e ancora l’elefante di Le Nil; la scimmia di Dettol elaborata da Terzi; i lavori per Cinzano, Mele e S. Siro di Mazza ed ancora la delicata, ma dirompente sensualità delle donne di Dudovidh.
Scendendo al secondo piano troviamo la sala Grignani dedicata alla sezione Paris cafè chantant, dedicata agli affiches, i manifesti che comparvero intorno al 1896-1897, dove sono forti le influenze francesi, ed è proprio a Parigi che crebbe la fama di Leonetto Cappiello, che da caricaturista si trasformo in esperto illustratore di affiches per l’editore-stampatore Vercasson.
La mostra è stata inserita in un catalogo, la cui prima pubblicazione raccoglie le opere della prima fase, realizzato da Marta Mazza e pubblicato da Silvana Editore.
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