Francesco Bruni, lo sceneggiatore di Virzì

[Secondo appuntamento su Paolo Virzì. In questa puntata parleremo di Francesco Bruni, lo sceneggiatore del regista livornese che consideriamo l’erede dei grandi autori che hanno inventato la commedia all’italiana – NdA]

Francesco Bruni nasce a Roma nel 1961, ma vive e si forma culturalmente a Livorno, dove la sua passione per lo spettacolo mette radici. Si diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, dove insegna Sceneggiatura, pure se adesso si chiama Scuola Nazionale di Cinema. Francesco Bruni sceneggia tutti i film di Virzì e in molti casi partecipa alla stesura del soggetto. Bruni e Virzì si conoscono dai tempi del liceo e formano un sodalizio inscindibile. Sceneggia i film di Mimmo Calopresti (La seconda volta, La parola amore esiste, Preferisco il rumore del mare, La felicità non costa niente), Sotto la luna di Franco Bernini, Condominio di Felice Farina, Bonus Malus di Vito Zagarrio, Le parole di mio padre di Francesca Comencini, Velocipedi ai Tropici di David Riondino, Nati stanchi, Il 7 e l’8, La matassa di Ficarra e Picone, I vicerè di Roberto Faenza, Miracolo a Sant’Anna di Spike Lee e collabora al soggetto del lungometraggio in quattro episodi 4-4-2 Il gioco più bello del mondo, prodotto da Virzì. Per la televisione sceneggia la serie del Commissario Montalbano tratta dai libri di Andrea Camilleri, il Commissario De Luca, tratta dai libri di Lucarelli, e il film Il tunnel della libertà di Enzo Monteleone.

Molti i riconoscimenti: il Solinas per La seconda volta, l’Amidei per Ferie d’agosto, il Ciack d’Oro per Ovosodo. Attore per una piccola parte ne La guerra degli Antò (1999) di Riccardo Milani. Scrive insieme al grande Furio Scarpelli la sceneggiatura di un film di Virzì tratto dal romanzo Vita di Melania Mazzucco, ma la pellicola non è stata ancora girata. Nel 2011 debutta alla regia con Scialla, presentato al Festival di Venezia, dove vince il Premio Controcampo. Scialla frutta al suo autore anche un David di Donatello e un Nastro d’Argento. Un film nelle corde di Bruni, girato a Roma, che affronta il rapporto padre-figlio, la microcriminalità in una grande città e il cambiamento del mondo della scuola. Tutto inserito in una vitale sceneggiatura che ricorda la commedia all’italiana. Bruni è Presidente di Giuria del Festival del Cinema di Roma, sezione Prospettive Italia. Il suo secondo film da regista – Noi 4 (2014) – è meno incisivo del precedente, ma resta un buon lavoro. Ci dicono un gran bene del terzo lavoro in proprio – Tutto quello che vuoi (2017) – ma sospendiamo il giudizio in attesa di vederlo.

La sua fortuna nasce all’ombra dei Quattro Mori dove ha una casa sul lungomare di Ardenza, vicino alla stupenda Terrazza Mascagni, dalle parti dell’Accademia Militare. Roma è stata una tappa obbligata, lo è sempre per chi vuol fare cinema. Vive nella Beverly Hills dei livornesi, nella parte più nobile della città, come lui stesso la definisce in Ovosodo, anche se Livorno è una città quasi priva di una vera borghesia. A Livorno, vivere dove è nato Virzi, dalle parti della raffineria, nel quartiere Ovosodo tipicamente proletario, o vivere dalle parti della Baracchina Rossa o in Via Roma non fa grande differenza. Il ceto dominante è pur sempre mercantile, la gente ha un’anima portuale, una rude scorza scalfita dal vento di libeccio. Il livornese è ironico, graffiante, a tratti persino volgare, ma senza eccedere, ed è proprio Livorno che fornisce a Bruni il materiale per diventare scrittore di cinema. La madre di Bruni è livornese, figlia di un ufficiale di marina, il padre invece è un dirigente di azienda milanese che ha scelto di vivere Livorno per far contenta la moglie. Bruni si sente Livornese e conosce Virzì fin dai tempi del liceo, fanno teatro amatoriale insieme, scrivono e interpretano spettacoli. Virzì si iscrive al Centro Sperimentale di Roma pochi anni prima di Bruni che lo segue a ruota.

Un destino legato, dunque. Indissolubile. I film di Virzì non sarebbero quello che sono senza le sceneggiature e i soggetti di Francesco Bruni che è davvero un narratore, un romanziere, uno che scrive per il cinema ma che potrebbe scrivere letteratura con la elle maiuscola. Livorno è la fucina di base, la città che traspare da tutte le opere di Bruni, perché se è vero che è un centro culturalmente povero è anche vero che come stile di vita è una città interessante. I livornesi hanno il senso del paradosso e un humour spontaneo nella vita di tutti i giorni, la loro esistenza scorre con ritmi mediterranei, quasi latini, senza troppa fretta e angoscia, si compiacciono dell’ignoranza, sono diffidenti, inventano battute che sono davvero uniche. Solo a Livorno può esistere una rivista di satira volgare e crassa – sia detto senza offesa ma con stima e ammirazione – come Il Vernacoliere, letta in tutta Italia, che sforna battute prese dalla vita quotidiana. Nei film di Bruni e Virzì (nel loro caso la paternità non è mai di uno solo dei due) Livorno viene raccontata a fondo e forse è proprio questo il segreto del successo. Gli autori analizzano un particolare che conoscono molto bene e diventano universali con un messaggio che viene ben accolto ovunque. Il gruppo, la factory, di Virzì nasce a Livorno e da qui si muove alla conquista del mondo cinematografico. Paolo Virzì, Francesco e Alessandro Bruni, Giorgio Algranti, Emanuele Barresi e altri amici che fanno i registi e gli attori dilettanti, che a Livorno sono additati e considerati diversi, strani e che adesso sono professionisti di un modo di fare cinema davvero unico. La factory di Virzì nasce al Palazzo dei Portuali dove il gruppo prova e mette in scene testi teatrali, da questo luogo di ritrovo analizza un intero mondo che scorre per le strade di una provincia portuale.

Livorno e i livornesi, un popolo di scettici non incline all’intellettualismo che tratta da bischeri velleitari Bruni e Virzì che escono dal piccolo centro per cercare successo. Livorno è una città chiusa, il livornese crede di vivere nel posto più bello del mondo, per questo guarda con diffidenza chi la vuol lasciare. Il livornese giudica diverso pure uno che parla un italiano scelto e non utilizza il gergo locale, il vernacolo. Livorno è una riserva indiana nel centro Italia, un posto dove vivono persone un po’ strane, malate di ironia che solo con il loro esistere contribuiscono allo sviluppo di due talenti naturali me Bruni e Virzì. Lo diciamo con simpatia, perché anche noi siamo livornesi, in fondo. Non è sbagliato affermare che i due cineasti danno vita a un’epopea livornese che parte alla conquista del mondo. I loro migliori film sono frutto del contatto vitale con questa città portuale, Ovosodo e La prima cosa bella  sono lì a dimostrarlo.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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