L’errore dell’antirenzismo
Una delle principali formule dell’Algebra è “cambiando l’ordine degli addendi, la somma non cambia”. Nella trasposizione politica moderna la proprietà commutativa può essere applicata tra Renzi e Berlusconi. La somma in questo caso è il prefisso “anti” (berlusconismo o renzismo) che non fa cambiare il risultato finale, ossia una perpetua sconfitta politica.
Al di là della contorta metafora matematica, ciò che si sta evidenziando in questo periodo è un ritorno al passato che di fatto è stata la condanna di una certa parte politica. L’avvento dell’anti-renzismo come strumento di contrapposizione politica rischia di ritorcersi contro sia il centrodestra che la sinistra in contrasto con il PD del Segretario nazionale.
E in effetti Berlusconi – che sull’antiberlusconismo ci ha costruito, di fatto, la propria fortuna – bada bene all’utilizzo dei termini nella contrapposizione politica con la sinistra, non limitando la sua opposizione ad un uomo ma bensì ad un area definita.
Tale sensibilità non sembra essere stata colta da alcuni partiti dell’area di destra né sembrano mostrare buona memoria tutti i vari Bersani e D’Alema che sulla guerra a Berlusconi hanno costruito la propria sconfitta politica. E Renzi, che da Berlusconi ha imparato molto, ha fatto tesoro degli errori passati sfruttandoli per costruirsi un certo consenso sia tra i militanti che tra gli elettori, portando i suoi detrattori ad accanirsi contro la persona e non contro le idee.
Negli ultimi mesi, il fenomeno si sta acuendo significativamente tanto che l’insofferenza, tutta interna al PD, sta di fatto rafforzando la posizione dell’ex Premier. Come detto, la forma di autolesionismo più forte arriva proprio dalle fila della Sinistra italiana, la cui necessità di focalizzare la propria azione politica, non per qualcosa ma contro qualcuno, è ormai risaputa.
Il rischio più grande di un ritorno a questa becera dialettica è un degrado ulteriore delle già precarie istituzioni e la definitiva sconfitta dei partiti e della loro strutturazione. Per vent’anni il sistema berlusconismo/antiberlusconismo ha di fatto ridotto la democrazia nei partiti ad uno scontro tra persone, tra chi era più bravo a convincere le folle, trascurando l’articolazione territoriale a favore di strutture carismatiche.
Tutti i governi non eletti di questi anni hanno di fatto dato la possibilità ai partiti di ricostruire sui territori il proprio consenso perché nessun esponente aveva la forza di imporre la propria leadership. Ma l’ascesa di Renzi ha sparigliato le carte in tavola riaccendendo il fuoco dell’anti in molti esponenti politici.
Insomma uno di quei rari esempi che il recupero delle tradizioni passate produce più danni che benefici. Se a destra, come a sinistra non inizieranno a guardarsi indietro per evitare di ripercorrere gli stessi sbagli, siamo certi che ci aspetteranno altri trent’anni di renzismo.
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Un Commento
Come non essere d’accordo con l’analisi fatta. Però manca come è mancata negli ultimi 23 anni, un progetto e una proposta politica seria e rivolta a quell’elettorato che si astiene (ricordiamoci che ormai ha superato il 40%). Questo elettorato non si è mai collocato ne tra gli anti ne tra i pro. Questo dovrebbe far riflettere quei politici che con grande auto-referenzialità continuano a sentirsi i detentori di tutte le verità, ma barcollano e si spostano a destra o a sinistra non per un idea politica, ma solo per la conservazione della propria poltroncina. Dimostrando solo di essere affetti da “miopia-politica”. Tutto questo continuerà a ripetersi fino a quando non ci si ricorderà degli astensionisti.