Italia delle Regioni

Il Mezzogiorno deve essere risorsa per lo sviluppo futuro dell’Italia.  L’audizione dei Sindaci dell’Anci, svolta ai primi di luglio alla Commissione Bilancio del Senato della Repubblica nel corso della discussione sulla legge di conversione del decreto-legge 20 giugno 2017 n. 91 (recante «Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno»), è stata l’occasione per illustrare un punto di vista generale dell’Associazione sul tema, oltre che a proporre un corpus di primi emendamenti al decreto in discussione, come rilevato da Francesco Monaco, responsabile  delle politiche per il Mezzogiorno di Anci .

Il documento consegnato all’attenzione dei Commissari parte dall’esame di alcuni dati che non solo collocano Calabria, Campania, Sicilia, Puglia e Basilicata fra le regioni «meno sviluppate» dell’Unione, ma alle condizioni di queste regioni associano quelle di Abruzzo, Molise e Sardegna (regioni classificate da Ue come in transizione o “phasing out”)  (http://ec.europa.eu/regional_policy/it/funding/).

E’ opinione condivisa, anche da Anci, che le cause attuali del persistente divario consistano essenzialmente in un duplice ordine di fattori:  a) un deficit nell’offerta pubblica di diritti di cittadinanza (sicurezza personale, legalità, giustizia, istruzione, infrastrutture e trasporto pubblico, cura dell’infanzia e degli anziani, rete di servizi acqua rifiuti e digitale, ecc.); b) un deficit di attività produttiva e di lavoro (carente attività manifatturiera, tasso occupazione più bassi, alta disoccupazione, ecc.).  A questo si deve aggiungere l’amara osservazione che una quota consistente di popolazione residente in alcune province di quelle Regioni, vive ancora sotto il dominio di organizzazioni criminali, le quali di fatto ne limitano fortemente potenzialità di sviluppo e di crescita civile.

L’avvio verso una fuoriuscita dalla crisi.  Nel documento si osserva poi come gli effetti della crisi economica si siano scaricati più severamente sul Mezzogiorno e dunque anche sui suoi comuni; mentre le misure di contenimento della finanza pubblica, che hanno interessato il bilancio nazionale a partire dal 2008, vi si siano riversate in termini di maggiori tagli ai trasferimenti e minori spazi per investimenti.

A partire dal 2015, in quelle stesse regioni si comincia a registrare una inversione di tendenza più marcata che nel centro-nord: infatti, il Pil dell’area cresce in quell’anno dell’1% contro lo 0,7% del resto del Paese. La ripartenza del Mezzogiorno, dopo anni di fortissima caduta, è dovuta ai settori dell’agricoltura (+7,3%), del turismo e (seppur in misura più contenuta) al settore cruciale delle costruzioni (+1,1%).  A trainare la dinamica economica vi è inoltre una significativa ripresa del mercato del lavoro (una crescita di 94 mila occupati, pari al +1,6%), anche se, nonostante i segnali positivi, l’occupazione resta assai lontana dai livelli pre-crisi.

Gli investimenti. Nello stesso anno prende avvio una generale inversione di tendenza anche nel settore degli investimenti, in generale, e comunali, in particolare. La Fondazione Ifel stima la crescita degli investimenti comunali nel 2015 di un +13% (La tendenza alla crescita è osservata come ancora debole nel Centro-Nord e più robusta nel Mezzogiorno, grazie anche alla chiusura delle rendicontazioni riferite al ciclo Ue 2007-2013.

Nel 2016, sempre secondo elaborazioni offerte da Ifel, da Roma in su, i Comuni hanno continuato a svolgere un ruolo importante, «assicurando tra molteplici difficoltà una discreta ripresa degli impegni ed immettendo in diversi contesti una maggiore dose di liquidità, grazie allo sblocco dei pagamenti sancito dal passaggio al nuovo saldo finale di competenza». Gli investimenti restano una delle principali priorità del Mezzogiorno.

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