Virzì, un “Ovosodo” che non va né su e né giù

Ovosodo (Film, 1997) di Paolo Virzì – Piero Mansani (Edoardo Gabbriellini), nato nel 1974, cresce in un quartiere popolare di Livorno chiamato “Ovosodo”. I problemi in famiglia non gli mancano. Sua madre muore quando lui è ancora un ragazzino. Ha un fratello down, Ivanone (Alessio Fantozzi), e un padre ricercato dalla polizia per spaccio di stupefacenti che finisce in galera dopo essersi sistemato con una nuova compagna che resta con i ragazzi e mette al mondo una bambina.  Piero, nonostante la precaria condizione familiare, se la cava bene al Liceo Classico ed entra nelle simpatie della giovane professoressa di Lettere Giovanna Fornari (Nicoletta Braschi) che diviene sua amica prima ancora che insegnante. Al liceo Piero conosce il misterioso Tommaso (Marco Cocci) un ragazzo che racconta poco della propria famiglia e che sembra un irrequieto squattrinato anarchico, ribelle ed esibizionista. In realtà è figlio di un ricco industriale proprietario di una fabbrica chimica che inquina la zona dove abita Piero. Una sera Piero è invitato a casa dalla professoressa Giovanna (che vive da sola con un gatto), in compagnia dell’amico Tommaso. Dopo una cena piena di allegria le cose precipitano quando Tommaso segue Giovanna in cucina (mentre Piero resta in sala da pranzo) e cerca di baciarla. Il resto della cena si svolge in un silenzio tombale e quando i due ragazzi se ne vanno Giovanna invita Piero a non riportare mai più a casa sua Tommaso. In seguito Piero incontra Giovanna davanti alla scuola. Lei chiede se Tommaso è stato di nuovo assente e se sa dove può trovarlo. Piero capisce che tra Giovanna e Tommaso c’è stato qualcosa e prova un sentimento di rabbia e di rancore per l’amico, facendo intuire di essersi preso una cotta per la professoressa. Tommaso sembra sparito.

Piero ritrova l’agenda di Tommaso sotto il banco di scuola e grazie a quella risale all’indirizzo di una villa dove apprende che Tommaso è il figlio dell’ingegner Paladini della Palchimica S.p.a. Quando Piero lo scopre cerca l’amico, inviperito perché questi gli ha mentito, forse è pure geloso di lui per quel che c’è stato con la professoressa… Piero viene a sapere che Tommaso è a Roma e lo raggiunge nella Capitale a casa dei suoi zii per prenderlo a pugni, cosa che avviene puntualmente. Dopo aver fatto pace Tommaso racconta a Piero cosa successe la sera della cena a casa di Giovanna e del suo tentativo di baciarla. Gli rivela di averla poi richiamata la sera dopo per scusarsi del suo comportamento, di essere andato di nuovo a casa della donna, di aver fatto l’amore con lei. Piero a Roma conosce anche Lisa (Regina Orioli), cugina di Tommaso, e se ne innamora ma deve tornare a Livorno e, nonostante chiami ripetutamente la ragazza al telefono, non riesce più a rintracciarla. Tempo dopo, casualmente, Piero incontra Giovanna in un bar, sola e triste ma non la avvicina.

Attraversando un periodo di incertezza per via dei suoi problemi di cuore Piero arriva all’esame di maturità impreparato e viene bocciato. L’amico Tommaso invece ottiene il diploma, forse raccomandato dal potente genitore. Piero passa un periodo di malinconia accentuato dalla notizia che Giovanna è ricoverata in una clinica per problemi di esaurimento nervoso. Il ragazzo va a farle visita e tenta di confortarla. Giovanna lo rassicura di stare bene è che è solo il “primario presuntuoso” che vuole farle una serie di inutili accertamenti. Ma nel salutare il ragazzo lo abbraccia forte lasciando intuire di avergli mentito. Tempo dopo Piero riceve la cartolina dal Distretto Militare e parte soldato. Tornato a casa una tragica notizia lo attende, la sua amica Giovanna si è suicidata. Al cimitero sulla sua tomba Piero incontra di nuovo Tommaso. Tra alti e bassi la sua vita continua finché trova lavoro proprio nella fabbrica del padre di Tommaso (che invece parte per gli USA per motivi di studio). Piero riallaccia i rapporti con Susy (Claudia Pandolfi), una ragazza vicina di casa che era innamorata di lui fin da quando erano bambini, ma che Piero aveva sempre trattato solo come un’amica. Per ironia della sorte Susy trova a buon prezzo una casa dove andare a vivere da sola. Piero la aiuta nel trasloco e quando i due si recano all’indirizzo Piero scopre che si tratta proprio dell’abitazione della professoressa Giovanna, rimasta libera dopo la sua morte. Per quelle stanze si aggira affamato solo il gatto della donna. Proprio nella casa di Giovanna scocca la scintilla tra Piero e Susy e finalmente lui se ne innamora. Susy rimane incinta. I due ragazzi decidono così di sposarsi ed alla bambina che nasce nove mesi dopo Piero dà il nome di Giovanna.

Il film ha conquistato il Gran Premio Speciale della giuria alla Mostra del Cinema di Venezia ed è un premio più che meritato perché si tratta senza dubbio del miglior film italiano della stagione. Pubblico e critica sono stati concordi nel decretarne il successo.

Ovosodo è la storia semplice e piuttosto comune di un ragazzo della Livorno popolare, raccontata in prima persona e scandita da lapidarie annotazioni su un diario di scuola. Protagonista è Piero, un adolescente un po’ timido e sognatore con la faccia segnata dai brufoli, uno dei tanti ragazzi che, zaino in spalla, vediamo ogni mattina recarsi a scuola. Di Piero, detto “Ovosodo” (da qui il titolo del film), Virzì racconta i primi anni di vita, quelli passati al fianco della madre malata, l’adolescenza, segnata dai primi amori e dai travagli esistenziali, e l’ingresso nell’età adulta, foriero di sogni infranti ma anche di grandi conquiste. È con uno stile asciutto e grande garbo che Virzì affronta l’argomento. È con grande semplicità e senza falsa retorica che parla dei ragazzi di oggi ed è forse questo ad aver suscitato alla Mostra del
Cinema di Venezia le simpatie del pubblico, in gran parte formato da giovani. Infatti Virzì, rispetto ai precedenti “Jack Frusciante” e “Tutti Giù Per Terra”, “romanzi di formazione” un po’ sguaiati, prigionieri di un pessimismo da luogo comune e popolati da figurine opache prive di ogni sprazzo vitale, restituisce al periodo adolescenziale la sua gioiosità, pur documentandone i dolori e i tormenti, e ai ragazzi l’energia vitale tipica della loro età.

Non sono “i giovani della generazione X” quelli che Virzì ci propone, ma i ragazzi veri, quelli che popolano le nostre scuole, le nostre città… Tutti conosciamo un Piero timido e con i brufoli, o un Tommaso anarchico e miliardario, o una Susy goffa e con l’apparecchio…  Insomma, una volta tanto il riferimento è a ragazzi reali, tanto più reali perché interpretati da giovani presi nelle scuole o per la strada. Virzì infatti ha voluto nel suo film per i ruoli principali tutti attori non professionisti, una scelta questa che ha dato ottimi risultati. Infatti da Edoardo Gabbriellini, il protagonista, a Alessio Fantozzi, fratellone ritardato, gli attori sono tutti straordinari. Oltre al protagonista, degni di nota sono Marco Cocci, rampollo ribelle sullo schermo come nella vita, e i giovanissimi Matteo Campus e Malcom Lunghi che vestono i panni di Piero all’età di sette e tredici anni. Poi c’è Claudia Pandolfi, unica professionista del gruppo insieme a Nicoletta Braschi, che con un intenso cammeo dimostra di essere, malgrado la giovane età, un’attrice matura. Un film godibile, dunque Ovosodo, con un cuore tenero.

Un critico inflessibile come Massimo Bertarelli su “Il Giornale” del 3 settembre 2001 ha definito il film come “una brillante, amara e spiritosa commedia sociale del toscano Paolo Virzì, che nella natia Livorno mette in scena con grande acutezza psicologica malinconie e disagi giovanili, eleggendo la fabbrica a fucina dei veri uomini. Tutto bene, anche se si fatica a seguire la voce narrante che parla a raffica con marcatissima inflessione toscana”. Avrà faticato lui, aggiungo io. Noi che siamo livornesi no. E comunque il vernacolo in un film come questo è più che dovuto. Da segnalare poi che per questo film Nicoletta Braschi ha vinto un David di Donatello nel 1998 come migliore attrice non protagonista e Tullio Morganti è stato premiato come migliore fonico di presa diretta.

Piero Mereghetti definisce Ovosodo (tre stellette) come “un racconto di formazione ed educazione sentimentale, commedia sulle classi sociali ambientata in un’inedita Livorno, un acuto spaccato del presente cui manca solo lo scatto morale e la ribellione: descrive, sorride e assolve. Come la classica commedia all’italiana”. Che poi è solo quello che Paolo Virzì vuol fare. Mereghetti riconosce la grande validità del Virzì narratore che in questo caso si fa dare una grossa mano dagli ottimi Bruni e Scarpelli. Alla fine resta solo il dubbio a Piero Mansani che la felicità sia la malattia degli idioti e come sempre la favola è a lieto fine ma dolce amara. Torna l’“ovo sodo”, leit motiv del film, bloccato a metà dell’esofago per lui che si è contentato di fare l’operaio a Livorno e di sposare Susy invece di continuare gli studi.  Da Ovosodo quartiere di nascita di Piero nella finzione e di Virzì nella realtà, a un “ovo sodo” nella bocca dello stomaco che non va né su e né giù.  Meno entusiasta Pino Farinotti che nel suo Dizionario assegna tre stelle al film ma lo definisce “un progetto forse troppo organizzato e furbesco” pure se poi ammette che Virzì funziona e che la sceneggiatura è molto letteraria. Non è poco. Un film che non ci stanchiamo di vedere e rivedere.

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Regia: Paolo Virzì. Soggetto: Furio Scarpelli e Paolo Virzì. Sceneggiatura: Francesco Bruni, Furio Scarpelli, Paolo Virzì. Fotografia: Italo Petriccione. Musiche: Battista Lena e Snaporaz. Montaggio: Jacopo Quadri. Scenografia: Giancarlo Basili e Sonia Peng. Produzione e distribuzione: Cecchi Gori Group Tiger. Interpreti: Edoardo Gabbriellini (Piero adulto), Nicoletta Braschi (Professoressa Giovanna Fornari), Matteo Campus (Piero A 7 Anni), Malcom Lunghi (Piero A 13 Anni), Enrica Pandolfi (Susy A 13 Anni), Claudia Pandolfi (Susy adulta), Marco Cocci (Tommaso), Alessio Fantozzi (Ivanone), Salvatore Barbato (Mirko), Monica Brachini (Mara), Pietro Fornaciari (Nedo), Daniela Morozzi (Luana), Regina Orioli (Lisa), Barbara Scoppa (Bianca).

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 [NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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