Report ISPI su Italia e migranti
Il Codice di Condotta per le ONG sta portando i primi frutti. Rappresenta un tassello fondamentale di una strategia più ampia sull’immigrazione, una strategia di collaborazione con le autorità libiche che sta producendo i primi risultati. Vediamo che gli arrivi sulle nostre coste lentamente stanno diminuendo: nel 2017 stiamo registrando -3,3% di sbarchi rispetto all’anno passato, stando ai dati diffusi dal Dipartimento libertà civili e immigrazione del Viminale.
Da sempre i Paesi che affacciano lungo le coste del Mediterraneo sono stati coinvolti dai “flussi migratori”. Negli ultimi anni l’instabilità politica dei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa insieme a fattori demografici ed economici hanno causato un aumento del numero dei migranti che approdano lungo le coste europee. E’ vero che ci sono stati e ci sono dimostrazioni encomiabili di solidarietà, ma, sostanzialmente, la risposta resta frammentata e inefficiente.
La Commissione Europea si è dimostrata debole, anche se è vero che si sono avuti vari tentativi , da parte della Commissione, per risolvere questo problema e tra questi il “Piano di investimenti per favorire lo sviluppo nei Paesi di origine” per ridurre l’afflusso dei migranti dello scorso anno. Il suo scopo era quello di creare condizioni di vita migliori, cercando soluzioni concrete anche se fievoli nell’immediato, riducendo, in questo modo, l’incentivo alla partenza verso l’Europa e ottenendo il risultato di contenere il fenomeno migratorio.
Ugualmente non possiamo non ricordare, che cercare la soluzione alla questione dei migranti è un qualcosa che compete innanzitutto agli Stati membri e solo in un secondo momento alla Commissione, Stati membri che non sono mai su questo tema propensi a cercare soluzioni comuni, preferendo approcci nazionali diversi per i singoli Paesi.
Quella che stiamo vivendo, rifacendoci all’espressione coniata dall’ISPI (l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), è “un’età dell’incertezza”. A causa della Brexit incerti sono i rapporti futuri tra Regno Unito e Unione Europea. Incerta è l’evoluzione democratica e politica in quei Paesi europei dove si è avuta la vittoria dei movimenti nazionalisti e populisti. Incerta è l’evoluzione della situazione geopolitica internazionale che assiste all’immobilismo sostanziale della “comunità internazionale” di fronte alla guerra in Siria e incerta è la situazione dei Paesi dell’Unione bersaglio di attacchi terroristi sempre più frequenti, così come incerta per crisi politiche ed economiche è la situazione in Paesi come ad esempio il Brasile, il Sudafrica, l’Egitto e la Turchia e la situazione politica tra Europa e Stati Uniti, oltre che per gli equilibri economici internazionali, all’indomani della vittoria di Trump alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti.
Per il Report ISPI sempre più migranti arrivano e restano in Italia. Se si considerano solo gli arrivi via mare gli “sbarchi sono cresciuti da una media di 25 mila nel decennio 2004 – 2013 a 170 mila nel 2014 – 2016, Nel primo semestre del 2017 c’è stato un incremento ulteriore – leggiamo nel Report – di circa il 15% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso” (Prima del Codice di Condotta).
Sempre stando al Rapporto, i migranti UE sbarcano principalmente in Italia. Dall’aprile 2016 è riemerso il trend di lungo periodo che vede da tempo l’Italia quale primo Paese di arrivo per chi raggiunge l’Europa via mare e questo sia nei “periodi di ordinaria amministrazione, come fu nel 2010 o nel 2012, anni di sbarchi relativamente modesti sia in periodi di flussi più intensi come quelli degli ultimi anni”. Ancora leggiamo, nel Report, che è falso che in Italia arrivano soprattutto coloro che scappano dai conflitti, dal momento che è impossibile stabilire con certezza le cause principali che spingono i singoli migranti a mettersi in viaggio. Proprio per questo motivo , oramai da molti anni, l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati parla di “flussi misti”. Dai dati sull’immigrazione in Italia nel 2016, emerge che il 62% dei flussi è costituito da persone che arrivano in Italia in maniera regolare. A questi “migranti economici” si sommano coloro che, pur giungendo via mare, se facessero richiesta d’asilo avrebbero rifiutata la domanda che corrisponde al 23% dell’immigrazione totale. E’ verosimile, quindi, arrivare al dato che ogni 100 ingressi in Italia registrati lo scorso anno almeno 85 siano attribuibili a ragioni prevalentemente economiche.
Mentre è falso che sull’identificazione dei migranti l’Italia è inadempiente. Anche se è vero che un Rapporto OCSE affermi che solo il 29% dei migranti sbarcati in Italia sia passato dagli hotspot dell’Unione Europea, attualmente, si legge nel Rapporto ISPI, l’Italia identifica comunque la quasi totalità delle persone che arrivano sulle proprie coste.
Vero è, invece, che i ricollocamenti in Europa non funzionano e che le strutture di accoglienza italiane sono sature, così come è possibile vietare l’ingresso nei porti italiani alle navi straniere con migranti.
Per i ricollocamenti l’impegno preso dalla UE era di ricollocare circa 35.000 richiedenti asilo verso gli altri Stati membri entro settembre 2017. Al 27 giugno 2017 dall’Italia sono stati ricollocati solo 7.277 richiedenti asilo (soprattutto verso Germania, Norvegia e Finlandia).
Per l’ingresso delle navi con migranti, l’Italia non è necessariamente a priori l’unico “luogo sicuro” dove sbarcare, infatti sul piano del diritto internazionale l’Italia ha gli strumenti per affermare legittimamente che non “dovrebbe essere considerata di default il luogo in cui sbarcare i migranti salvati nel Mediterraneo centrale”.
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