Cronache dai Palazzi

Si avvicina la Legge di Bilancio e l’attività del governo potrebbe avviarsi verso la fine della legislatura senza portare a casa una nuova legge elettorale. L’esecutivo Gentiloni considera la nuova finanziaria un punto di approdo, anche se si dichiara disponibile a riaprire le trattative per la riforma del sistema di voto qualora le forze politiche siano ben predisposte a farlo. Un tema, quello della nuova legge elettorale, rimasto in ultima fila nelle ultime settimane anche perché si attendono i risultati delle regionali siciliane, quindi per capire che piega prenderanno gli eventi si dovrà praticamente attendere i primi giorni di novembre.

Rimangono in ballo i due sistemi finora in gioco: Italicum corretto per la Camera dei deputati e il cosiddetto Consultellum in vigore al Senato. Soglia di sbarramento del 3% per una lista che vuole accedere alla ripartizione dei seggi a Montecitorio e premio di maggioranza alla formazione che ottiene almeno il 40% (340 seggi) dei voti; mentre a Palazzo Madama con il Consultellum si avrebbe una soglia di sbarramento pari all’8% per la lista che corre da sola; una soglia del 20% per le coalizioni e del 3% per i partiti in coalizione. I senatori sarebbero eletti con metodo proporzionale su base regionale.

Il presidente della Repubblica ha auspicato, più volte, una necessaria omogeneizzazione dei due sistemi di voto per dare vita ad una riforma elettorale in grado di essere una buona legge. Sergio Mattarella segue comunque con molta discrezione l’evolversi dello scenario politico senza esercitare alcuna pressione, pur prediligendo eventualmente il sistema tedesco, un sistema di fatto proporzionale con sbarramento al 5% in cui parte dei parlamentari sono eletti in collegi uninominali. Prima della pausa estiva il sistema tedesco sembrava aver messo d’accordo Pd, Forza Italia e Movimento Cinque Stelle ma, alla fine, il patto in onda in Aula a giugno è saltato per colpa di un voto segreto su un emendamento, con scambio di accuse a seguire, tra Pd e Cinque Stelle. Renzi dichiarò così partita chiusa e Di Maio si mostrò favorevole al voto con i sistemi esistenti. Nonostante tutto, a fine luglio il presidente Mattarella ha richiamato l’attenzione sulla riforma del sistema di voto affermando: “Il Parlamento ha ancora tempo”. Recentemente Berlusconi ha rilanciato il sistema tedesco ma dem e pentastellati si sono dimostrati piuttosto reticenti di fronte ad una eventuale riapertura dei giochi. Già prima della pausa estiva il capogruppo dem alla Camera, Ettore Rosato, aveva dichiarato: “Dopo l’approvazione della Legge di Bilancio la legislatura è ragionevolmente finita”. In generale la maggioranza dei partiti sono per lo più divisi al loro interno tra chi vuole il sistema tedesco e chi predilige il premio di coalizione.

Nel frattempo l’esecutivo continua il proprio percorso e si siede di nuovo al tavolo delle trattative con Cgil, Cisl e Uil a proposito di pensioni, ma per i più giovani, in pratica coloro che hanno cominciato a lavorare nel 1995. Questi ultimi potranno accedere alla pensione normale (attualmente 66 anni e 7 mesi, in aumento in base alla speranza di vita) se oltre ad aver 20 anni di contributi avranno maturato un importo della pensione pari ad almeno 1,2 volte l’assegno sociale, in pratica circa 537 euro di oggi. La legge Fornero, invece, aveva fissato la soglia dell’1,5%. Secondo le stime del governo, una volta cumulata con l’assegno sociale la pensione di 537 euro, si potrebbe raggiungere l’importo di 660 euro, sempre se non si hanno altri redditi.

In verità i sindacati avrebbero voluto ottenere una vera pensione di garanzia per i più giovani, mentre gli accordi raggiunti riguardano solo una parte di lavoratori che avranno maturato un importo tra 1,2 e 1,5 volte l’assegno sociale. Per coloro che non raggiungono traguardi simili, rimanendo in pratica al di sotto di certe cifre, non cambia nulla e si troveranno di fronte a due possibilità: chiedere l’assegno sociale (oggi a 65 anni e 7 mesi) oppure aspettare altri 4 anni e prendere ciò che si è maturato. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha precisato che le novità non sono finite, mentre per i sindacati non si può ancora parlare di una pensione di garanzia generalizzata. Il governo si è dimostrato “reticente” di fronte ad un eventuale blocco dell’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita, ha dichiarato la leader della Cgil, Susanna Camusso.

Novità anche per quanto riguarda la rendita integrativa anticipata, la cosiddetta Rita, in particolare sono due gli interventi che molto probabilmente faranno parte della prossima Legge di Bilancio. In primo luogo, dal 2018 si potrà accedere alla rendita integrativa dopo aver compiuto 63 anni e senza dare le dimissioni; mentre oggi per poter utilizzare la Rita, per andare in pensione in anticipo a 63 anni, occorre disporre dei requisiti per l’Ape volontaria e per di più cessare il rapporto di lavoro. In secondo luogo, il governo mira ad un’eventuale integrazione della rendita integrativa con un possibile incentivo all’abbandono e con il Tfr liquidato in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro. Se le suddette risorse confluissero nel fondo pensione si potrebbe inoltre disporre di una tassazione agevolata tra il 15 e il 9 per cento, ma rimane comunque il problema di come reperire le coperture e come rendere meno esoso il prelievo fiscale sui fondi pensione dei dipendenti pubblici. Di fatto, il tempo di sostituzione tra anziani e giovani è in aumento e cambiare lo stato delle cose non è semplice. Un recente rapporto del Censis titolava: “Figli più poveri dei nonni, il k.o. economico dei giovani”.

Su un altro fronte, sulla scia della Riforma Madia, scatta la nuova normativa contro i “furbetti” del certificato e così spuntano nuovi controlli per i dipendenti pubblici e privati in caso di malattia. Dal primo settembre è attivo (in via provvisoria) un Polo unico della medicina fiscale, per cui secondo la richiesta di Tito Boeri, presidente dell’Inps, si dovrebbero uniformare le fasce di reperibilità – portandole da 4 a 7 ore al giorno anche per i dipendenti privati – a proposito di controlli a domicilio. Sono circa 900 i medici convenzionati con l’Inps che dovranno verificare l’effettivo stato di malattia dei dipendenti pubblici e privati. Un sofisticato software chiamato “Savio” supporterà inoltre le operazioni di controllo, elaborando il confronto statistico tra milioni di certificati medici in archivio. Sono circa 18 milioni i certificati medici raccolti ogni anno. “La scelta di dove mandare i medici a fare le visite fiscali non sarà casuale”, ha sottolineato il presidente dell’Inps, Tito Boeri. Di fronte a casi sospetti, ad esempio lavoratori che tendono ad ammalarsi frequentemente soprattutto di lunedì o di venerdì, la verifica sarà immediata e ripetuta, anche due volte nello stesso giorno.

In un tweet la ministra della Pa, Marianna Madia, auspica “un migliore impiego delle risorse pubbliche” grazie al Polo unico dell’Inps. È prevista “una stretta su assenze reiterate e di massa”, puntualizza Madia. L’Istituto di previdenza nazionale prevede anche l’istituzione di un bando perché “abbiamo una carenza di medici in alcune regioni, come la Lombardia”, ha dichiarato il presidente Boeri. Per quest’anno si potrà contare su uno stanziamento di circa 17 milioni mentre dal 2018 saranno 50 milioni le risorse a disposizione e il finanziamento sarà messo a regime.

In definitiva è previsto anche un regime sanzionatorio per i lavoratori che non rispettano le regole. A prescindere o meno dallo stato di malattia, secondo le sanzioni disciplinari previste dai contratti collettivi di ogni singolo comparto, il lavoratore ha comunque 15 giorni di tempo per giustificare la sua assenza. Qualora la spiegazione non è ritenuta valida viene aperto un provvedimento disciplinare che può comportare una decurtazione dello stipendio e, nei casi più gravi, si può arrivare anche al licenziamento. Come prevede il nuovo Testo Unico del Pubblico impiego tra le sanzioni economiche e disciplinari vi è la riduzione dello stipendio pari al 100% per i primi dieci giorni di malattia e una riduzione del 50% per i giorni seguenti. Ed infine il licenziamento con o senza preavviso. Secondo il Testo Unico l’assenza risulta giustificata qualora il lavoratore deve sottoporsi a terapia salvavita e accertamenti diagnostici, nel caso di malattie professionali, patologie dovute ad uno stato di invalidità oppure collegate ad infortuni sul lavoro.

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