Energia solare dal deserto
Si chiama TuNur, e se verrà realizzato porterà in Europa l’energia solare prodotta in Africa. La società inglese TuNur Limited ha dichiarato di aver depositato al ministero tunisino dell’Energia, delle miniere e dell’energia rinnovabile la richiesta per la realizzazione del progetto di centrale solare nel deserto tunisino denominato TuNur.
Il progetto prevede la realizzazione di una centrale a specchi e pannelli solari convergenti nell’area di Rjim Maatoug, nel governatorato di Kebili, e l’esportazione di parte dell’energia elettrica prodotta verso Malta, Italia e Francia tramite tre distinti cavi sottomarini. Lo stesso progetto prevede poi la redistribuzione dell’elettricità prodotta dai rispettivi punti di approdo verso Regno Unito, Germania e Svizzera. La società che porterà avanti il progetto è un consorzio al 50% tra Nur Energie e alcune società di Tunisia e Malta. Secondo i primi studi, la produzione di elettricità del complesso, stimata in circa 4,5 gigawatt, può soddisfare la domanda di almeno cinque milioni di abitazioni in Europa. Kevin Sara, direttore esecutivo di TuNur, ha riferito ai media che la prima fase del progetto del valore di circa 1,6 miliardi dollari potrebbe essere operativa già entro il 2020 con l’approdo di un cavo sottomarino a Malta.
Il progetto TuNur tenta di nuovo il percorso di uno sfortunato progetto, Desertec, ideato vent’anni fa in casa tedesca e poi diventato italiano: ma il progetto inglese può aspirare a maggior fortuna perché è fondato su dimensioni ben più prudenti, e su un momento storico diverso. Desertec infatti, dapprima tedesco e poi divenuto italiano e rivisto sulla tecnologia del Solare Termodinamico a Concentrazione (CSP), sviluppato negli anni Duemila dal Nobel Carlo Rubbia con Enea ed Enel e oggi diffuso nel mondo, avrebbe dovuto coinvolgere tutti i Paesi del Nordafrica per alimentare l’Europa, mentre il progetto inglese riguarda per ora la sola Tunisia, da dove trasferirà l’energia via cavo sottomarino verso Francia, Malta, e Italia e di qui verso Regno Unito, Germania e Svizzera.
Il progetto italiano era grandioso e impattò prima con la ‘primavera araba’ e poi con la rivoluzione in Libia, e non se ne fece nulla; anche se, sia pure non in patria né nel Mediterraneo, quella del CSP resta comunque una bella storia italiana a lieto fine. Il valore della tecnologia infatti, non passò inosservato, e in questi anni sta facendo la fortuna energetica di molti Paesi: quelli del Golfo, che grazie ad esso non ‘svendono’ il petrolio sul mercato interno, il Giappone, che dopo Fukushima sta lavorando per sostituire il nucleare col CSP, e la Cina, assediata dallo smog ma al lavoro per realizzare trenta megaimpianti alimentati proprio a Solare Termodinamico a Concetrazione.
TuNur e Desertec si sono mossi e si muovono su uno scenario economico, scientifico, politico e di pensiero collettivo, di drammatica ma straordinaria bellezza: quello degli sconvolgimenti climatici e sociali dovuti all’inquinamento, ma anche del passaggio dall’economia ‘fossile’ a quella ‘rinnovabile’, dall’economia predatoria a quella sostenibile. In qualche modo, un’era di attuazione – ancora non sufficientemente riconosciuta – del pensiero responsabile, etico, ambientalista, sviluppato dai filosofi e dai movimenti del secondo Dopoguerra, e di ‘rinsavimento’ dell’economia. E passeranno alla storia delle scienze economiche come storie di progetto esemplari: paradigmi di come la fortuna o la sfortuna di un’idea innovativa sia legata al senso strategico, al tempismo e alla prudenza con la quale viene concretizzata e immessa negli spazi, difficili e dominati dalle grandi potenze dell’economia finanziaria, del mercato.
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[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]