SGC, il corridoio gas verso la UE
Nel piano energetico europeo il gas naturale riveste un ruolo di primo piano con una copertura del fabbisogno che arriva al 20% dell’energia necessaria ad alimentare la UE. Il principale fornitore è la Russia, ma proprio questa dipendenza ha dimostrato tutta la sua fragilità in occasione del conflitto tra Mosca e Kiev per la questione della Crimea. E proprio la comprensione della necessità di affrancarsi da un collo di bottiglia come questo ha portato la UE a formulare il Corridoio Meridionale del Gas (SGC), insieme di progetti infrastrutturali destinati a trasportare nuovo gas, proveniente dall’Azerbaijan in Europa seguendo vie meridionali che evitino il territorio russo.
Se in Italia si parla solamente del TAP, in realtà il progetto consta di una sistema molto più complesso, che prevede un percorso di quasi 4.000 chilometri, l’attraversamento di sette Paesi e il coinvolgimento di una decina delle principali società del settore. Nel concreto verranno investiti 45 miliardi di dollari per aumentare la resa del giacimento di Shah Deniz e nuovi pozzi del Mar Caspio. Si provvederà ad ampliare l’impianto di lavorazione del Terminale di Sangachal, sulla costa caspica in Azerbaijan. I gasdotti costruiti nell’ambito del Corridoio Sud del Gas saranno ben tre: il Sud Caucasico (SCPX) – Azerbaijan e Georgia; il Trans Anatolico (TANAP) – Turchia; il Trans Adriatico (TAP) – Grecia con Albania e Italia. A sostegno di questi progetti verrà espansa la rete italiana di trasmissione del gas si metteranno in opera nuove connessioni a reti del gas in Europa Occidentale, Centrale e Sudorientale.
L’importanza di una diversa via di approvvigionamento risalta anche dalla deroga che la UE ha accordato al TAP, rispetto le norme comunitarie che vietano alle compagnie energetiche di essere sia proprietario che gestore, come invece lo è la compagnia dell’Azerbaijan dal 2013. D’altronde il Corridoio Sud va anche in direzione di AMBIENTE 2020 il cui obiettivo è ridurre del 20% le emissioni di gas serra, sostituire il gas ai combustibili fossili aiuterebbe il raggiungimento del target. Il TAP ha avuto anche il riconoscimento di “Progetto di interesse comune” da parte della UE, e qui appare decisamente strano e controverso che il medesimo status sia stato concesso anche al Turkish Stream, il gasdotto che la Russia sta costruendo per portare il suo gas alla Turchia evitando le rotte ucraine e balcaniche, in concorrenza quindi proprio con il TAP.
Forte interesse ha ovviamente Snam Rete Gas, verso cui l’Azerbaijan ha aperto le porte ad una possibile partecipazione in SGC (Southern Gas Corridor), la cui realizzazione è prevista per il 2020. Saranno tre le pipelines, la South Caucasus Pipeline (Scp), lungo Azerbaijan e Georgia; la Trans Anatolian Pipeline (Tanap), dalla Turchia al confine greco; la Trans Adriatic Pipeline (Tap), percorrendo Grecia, Albania, e mar Adriatico e terminando in Italia. Ad oggi il Tap è controllato dai britannici di BP (20%), i norvegesi di Statoil (20%), i belgi di Belgium’s Fluxys (19%), gli spagnoli di Enagas (16%), gli svizzeri di Axpo (5%) e Socar, la compagnia statale dell’Azerbaijan (20%); l’ingresso di Snam porterebbe ad una redistribuzione delle quote.
Forti perplessità da punto di vista economico sono date dalle analisi sul rapporto costi/benefici, da qui al 2050 la UE prevede un calo del fabbisogno di produzione importata, si rischia che i costi siano superiori, ed anche di molto dei benefici apportati. Il piano d’investimento regionale (Grip) della regione Corridoio Sud, pubblicato dall’associazione degli operatori europei del trasporto gas (EntsoG), rivede innanzitutto al ribasso le previsioni della domanda dell’area: dai circa 1.300 TWh del 2012 si passerà infatti nel 2023 a 1.500 TWh, il 16,6% in meno dei quasi 1.800 TWh stimati nel 2012. La quota della regione sud-orientale sul totale dei consumi di gas Ue crescerà tuttavia dal 24,9% del 2009 al 28% del 2023, per la crescita di questi paesi che porterà ad una maggiore richiesta di energia. Contemporaneamente si attendono significativi cali nella produzione proprio in questa area, particolarmente forte in Romania (dove la quota delle estrazioni nazionali sulla copertura della richiesta passerà dal 71% del 2014 al 50% del 2023), Croazia (dal 58 al 19%) e Ungheria (dal 15 al 4%), ma sconteranno significative riduzioni anche Austria (dal 17 al 10%) e Italia (dal 10 all’8%). Unica in controtendenza la Bulgaria, che salirà dal 24 al 34%.
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