Germania post voto, i nuovi assetti al Bundestag

E’, dunque, il quarto mandato consecutivo. Le urne, però, restituiscono al cancellierato tedesco una Angela Merkel indebolita dalla notevole flessione del consenso elettorale, circa otto punti percentuali in meno rispetto alla vittoria del 2013. Un cospicuo segmento di sostenitori abbandona l’asse cristiano e socialdemocratico (Cdu/Csu), per sterzare decisamente a destra, confermando anche in Germania un trend in ascesa in tutta l’Unione. Governare il Paese sarà una questione assai complessa e, per proprietà transitiva, trattandosi della “locomotiva d’Europa”, un problema che la stessa Bruxelles non potrà sottovalutare.

Prima del voto del 24 settembre scorso, la Merkel aveva goduto di spalle larghe, grazie a un elettorato fortemente maggioritario che aveva indotto gli avversari politici a condividerne la linea politica e la visione europeista, confluendo nella cosiddetta Grosse Koalition. Ora, il principale oppositore sconfitto, Martin Schulz, alla guida dell’Spd, ha già resa nota l’intenzione del suo partito di non appoggiare l’esecutivo. Nel Bundestag, il nuovo scenario assumerà contorni più frammentati e sarà foriero di instabilità, pregiudizievole per la leadership tedesca nel Vecchio Continente.

Per la prima volta dalla fondazione della Repubblica Federale, invece, ritorna alla Camera bassa del parlamento una formazione politica di ultra-destra, Alternative fur Deutschland (AfD), che incamera il 13% dei voti, conquistando quasi 90 seggi e attestandosi come terzo partito in assoluto. Ma, anche all’interno di questa new entry, si scorgono le prime crepe: Frauke Petry, leader di AfD, ha già palesato che non siederà nel gruppo parlamentare che rappresenta la sua forza politica, a cui contesta un’eccessiva sopravvenuta deriva estremista.

Vacilla anche il rodato sodalizio dei cristiano democratici con i cristiano-sociali di Baviera: il leader del federato Csu, Horst Seehofer, rimette in discussione l’alleanza, affidandola a una prossima decisione dei vertici di partito, al momento orientato sempre più a destra.

Il dibattito che oggi tiene banco – all’interno del Paese e fra gli osservatori internazionali – è senza dubbio l’exploit di AfD e i timori di una sua futura escalation al potere. L’estrema destra ha cavalcato l’onda del populismo, spesso in voga nei momenti di crisi e depressione economica generale, nonostante la Germania sia stata l’unica nazione a tenere la barra dritta e, probabilmente, a trarre vantaggio dalle disgrazie degli altri partner europei.  Tuttavia, quello che molti elettori, in particolare dell’area orientale tedesca, non hanno digerito è stata la condotta di apertura della Cancelliera sulle politiche di accoglienza ai migranti, protagonisti di sgradevoli fatti di cronaca che hanno suscitato tensioni sociali e sentimenti xenofobi nella cittadinanza.

Il fervore e i termini usati dal capolista di AfD, Alexander Gauland, per “dichiarare guerra al governo e riconsegnare la Germania ai tedeschi”, sembrerebbero – a detta di più d’un analista – evocare foschi spettri dal passato; in tutta franchezza, però, nonostante la comprensibile preoccupazione che nel Dna di parte della popolazione possa ancora latitarne il germe infetto, i paragoni con atmosfere da Repubblica di Weimar ci appaiono piuttosto esagerati.

Dal canto suo, Angela Merkel dovrà mettere in campo tutto il pragmatismo di cui è capace per tutelare l’armonia nell’area conservatrice, senza innescare reazioni nazionalistiche e rigurgiti storici poco nobili. All’indomani della tornata elettorale, le consultazioni con ex e nuovi possibili alleati si preannunciano tutt’altro che semplici. Il Cdu, con la speranza di mantenere il legame col Csu, guarderà ai Verdi e ai Liberali (Fdp) di Christian Lindner, per realizzare quella che i media hanno battezzato “Coalizione Giamaica” (dai colori dei tre partecipanti nero, giallo e verde che richiamano la bandiera dello stato caraibico); unione ristretta fra pedine presumibilmente compatibili, da schierare – sull’attuale scacchiera – contro un agguerrito fronte d’opposizione, capeggiato dall’Spd di Schulz.

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In arte Nino (Film Tv, 2017)

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