Alfredo Bini – Ospite inatteso (2016)

Sono i segni del destino, credo. Un incontro con l’Hotel Ospite inatteso, un giorno di settembre, quando faccio una breve sosta per mangiare qualcosa, lungo l’Aurelia in direzione Roma, a Montalto di Castro. Il mio amore per il cinema mi spinge a incuriosirmi per tutte quelle fotografie che ritraggono Alfredo Bini insieme a Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Rosanna Schiaffino, a quelle locandine di vecchi film appese alle pareti, opere immortali che hanno fatto la storia. Scopro qualcosa che non conoscevo, pure se avevo letto del documentario di Simone Isola, Nastro d’Argento 2015 a Venezia, sino a oggi colpevolmente non visto.

Pago i miei debiti con la passione, non mi resta che acquistare il dvd e immergermi in una storia che comincia nel 2001, al Motel Magic di Giuseppe Simonelli – oggi Ospite inatteso, in onore di Bini – quando un Alfredo Bini, anziano e in disgrazia, chiede ospitalità perché non ha più una casa. Tra Simonelli e Bini comincia un’amicizia che dura fino alla morte del produttore; l’albergatore costruirà anche una piccola casa a Pescia Romana – ancora visitabile come un museo – quando dovrà dare in gestione il Motel. Il documentario ripercorre grazie a testimonianze d’epoca la parabola artistica di un produttore atipico, il livornese Bini, nato a Montenero, trasferitosi con la madre insegnante a Gorizia, che non aveva grandi capitali, ma faceva il film successivo con i proventi del lavoro precedente. Bini combatte la guerra mondiale, entra nella guardia nazionale repubblicana, nel dopoguerra si stabilisce a Roma, diventa direttore del Teatro Stabile e debutta nel cinema con Il brigante di Tacca del lupo (1952) di Pietro Germi, subito dopo produce Il bell’Antonio di Bolognini, un film atipico per il periodo, con un Mastroianni in un ruolo diverso dal solito sciupafemmine. Sposa Rosanna Schiaffino, grande amore della sua vita, con la quale vive un rapporto tormentato, ma ama troppo le donne per essere fedele a una sola conquista.

Bini ha il merito di aver fatto debuttare un grandissimo autore come Pier Paolo Pasolini e di aver prodotto i suoi film da Accattone a Edipo Re. Oltre settanta i film prodotti, quasi tutti di buona qualità, si ricorda la polemica con Fellini a colpi di querele per il Satyricon, girato da entrambi – a dire il vero con alterni risultati – molto più commedia caciarona quello di Bini, diretta da Polidoro, con Don Backy protagonista. Ma è importante anche Rogopag che unisce in un solo film Rossellini, Pasolini, Gregoretti e Godard, con l’episodio giudicato blasfemo de La ricotta di Pasolini – con Orson Wells – che costa guai giudiziari a regista e produttore. E poi Il Vangelo secondo Matteo, girato a Matera, con la mamma di Pasolini nel ruolo di una Maria in lacrime, un vangelo anticonformista che solo Pasolini poteva pensare di realizzare, niente a che vedere con la sontuosa elaborazione di Zeffirelli. Uccellacci e uccellini – molte le foto di scena con il corvo  e con Totò sono presenti in albergo e nella casa museo – è un’altra pietra miliare produttiva, insieme a Edipo Re con Silvana Mangano, senza dimenticare il precedente Mamma Roma con una grandissima Anna Magnani che litiga ogni giorno con Pasolini.

“I film di Pasolini sono capaci di parlare tra le lingue del mondo. Io l’ho abbandonato quando ho cominciato a sentire odore di morte”, commenta Bini. Nell’ultima parte della sua attività produce film minori, ma interessanti, come alcuni esotici erotici (Il dio serpente, Incontro d’amore a Bali…) e piccole commedie per circuiti minori. Alfredo Bini aveva un carattere guascone, negli ultimi anni avrebbe voluto fare un cinema che non c’era più, per questo restò fuori dal giro; dopo la separazione da Rosanna Schiaffino divenne un uomo diverso, viveva con 400 euro al mese di pensione e curava la sua imponente biografia. Un uomo che ha lasciato il segno e che tutto sommato è caduto in piedi, con grande fierezza, trovando un amico – erede universale dei suoi ricordi e progetti incompiuti – che l’ha accompagnato con dolcezza fino alla parabola terminale della sua esistenza. Un documentario importante per conoscere il cinema che è una grande storia di attori, certo, ma anche di registi, sceneggiatori e produttori come Alfredo Bini.

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Regia: Simone Isola. Soggetto e Sceneggiatura: Simone Isola. Lettore: Valerio Mastandrea (amichevole partecipazione). Fonico: Andrea Viali, Valerio Stirpe. Montaggio: Mario Marrone. Fotografia: Edoardo Rebecchi, Luca Lardieri. Produttore Delegato Kimerafilm: Laura Tosti. Produttore Delegato Axelotil Film: Camilla Daneo. Produzione: Simona Giacci, Gianfranco Tortora, Ermanno Guida. Case di Produzione: Kimera Film, Axelotil Film. Collaborazione: Istituto Luce Cinecittà, Archivio Bini, Giuseppe Simonelli, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Factory 10, Redigital, Bielle Re. Produttori: Gianluca Arcopinto, Paolo Bogna. Distribuzione: Istituto Luce, Cinecittà. Interpreti: Giuseppe Simonelli, Bernardo Bertolucci, Claudia Cardinale, Manolo Bolognini, Gianni Bisiach, Piero Tosi, Enrico Lucherini, Bruno Torri, Rino Barillari, Giuliano Montaldo, Ugo Gregoretti, Don Backy.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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