Scoprire i Macchiaioli e il Caffè Michelangiolo
Anna Maria Scaramuzzino ha da poco dato alle stampe Macchie d’anima (Edizioni Il Foglio), una raccolta di racconti che introduce il lettore nel mondo dei Macchiaioli. Fabio Canessa firma l’introduzione al volume: “[…] Cogliendo nei macchiaioli lo snodo nevralgico nel quale la pittura diventa moderna, il libro lascia trasparire gli ideali risorgimentali e la sensibilità febbrile degli artisti della nuova epoca, nonché l’evoluzione della coscienza femminile nel contesto di quegli anni. […] Le pagine della Scaramuzzino diventano l’appassionato pendant narrativo della pittura macchiaiola, assolvendo il difficile compito di raccontare l’arte con semplicità e immediatezza, equidistante dall’accademica e scolastica compilazione biografica (i caratteri emergono tutti, ma per scorci aneddotici e macchie di bozzetti, mai attraverso una pedante cronologia delle loro vite) quanto dall’invenzione gratuita sganciata dal rigore storico. Sciolti nella narrazione, i Macchiaioli diventano i personaggi di storie che, mentre ci avvincono e ci emozionano, ci ammaestrano sulla loro arte e sulla loro personalità […]”.
I Macchiaioli sostenevano che “la visione delle forme fosse creata dalla luce come macchie di colore, distinte, accostate o sovrapposte ad altre macchie di colore”. Adriano Cecioni e Telemaco Signorini, sotto l’egida di Diego Martelli, dettarono le regole di questo movimento artistico italiano. Fra i principali esponenti del movimento troviamo nomi quali Ferdinando Buonamici, Niccolò Cannicci, Vito D’Ancona, Stefano Bruzzi, Cristiano Banti, Giuseppe Abbati, Giovanni Fattori, Raffaello Sernesi, etc. etc.
Il Caffè Michelangiolo (Adriano Cecioni, 1867 ca.), Butteri (Giovanni Fattori, 1893), Al pascolo (Serafino De Tivoli, 1859) sono solo alcune delle opere che hanno segnato un’epoca, che hanno cambiato, talvolta in maniera radicale, il modo di intendere l’arte nella seconda metà dell’Ottocento e non solo.
Anna Maria Scaramuzzino, in tredici racconti macchiati di luce e di colore, con rapide pennellate di parole dipinge la vita e gli intenti artistici dei Macchiaioli, senza mai dimenticare la passione che li animava: “[…] Se i giovani di allora si fossero arresi alle critiche, se avessero pensato che era tutto inutile poiché la loro seppur innovativa arte non avrebbe avuto i riscontri e gli apprezzamenti dei loro colleghi impressionisti francesi, se si fossero offesi per esser detti Macchiaioli, se si fossero arresi, l’Italia non avrebbe avuto questo momento sublime di pittura fatta di storia e di vita vera ed io, ora, sarei ancora dietro quella scrivania a fare calcoli precisi che non avrebbero però mai potuto pareggiare il conto con la mia vita non spesa. […]”.
L’autrice ci accompagna per mano a scoprire il Caffè Michelangiolo dove gli artisti, già a partire dal 1850, si riunivano per discutere e polemizzare contro l’accademismo. Come si è appena detto, tredici storie che formano un corpus narrativo tanto affascinante quanto immediato. Davanti ai nostri occhi sfilano Cecioni, Lega, Borrani, Bechi, Signorini, Abbati, De Tivoli, Cannicci, Banti, Fattori, ma anche un bancario, al quale l’autrice ha lasciato il compito di aprire la cornice sui Macchiaioli e di chiuderla: “Eccomi di nuovo davanti ad una vetrina. Non è quella del negozio di Via Cavour. Sono passati mesi, per la precisione quindici, da quando vagavo per Firenze sulle tracce del Caffè Michelangiolo […] Sono cambiate molte cose, soprattutto nella mia vita. Sembrerà assurdo, ma mi sento molto più consapevole e affidabile ora come uomo di quando ero il serio e puntuale bancario in giacca e cravatta. […]”.
Macchie d’anima di Anna Maria Scaramuzzino si configura come un vero e proprio romanzo con tanti protagonisti, i Macchiaioli, e non come una semplice raccolta di racconti. Perché un uomo, un promettente banchiere, che di nulla ha bisogno, dovrebbe abbandonare, di punto in bianco, il suo lavoro e la moglie per mettersi sulle tracce del Caffè Michelangiolo? La risposta è una, anzi è più di una, perché si compone di macchie d’anima e la potrete scoprire e comprendere soltanto leggendo il lavoro di Anna Maria Scaramuzzino, che, neanche poi troppo velatamente, ci assicura che non è affatto impossibile vivere per l’arte ed essere allo stesso tempo una persona normale e felice. Di più, davvero, non posso aggiungere.
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Bravo Iannozzi!Le persone hanno voglia di capire ,di imparare,e sanno che la cultura serve per poter fare le proprie scelte nella vita.E lei continui a dirlo con questa bravura ,che cosi perfetta diventa una premura, soprattutto ai giovani se le riesce.Ne potrebbe tornare una riconoscenza collettiva.