Scompare Umberto Lenzi, maestro del cinema di genere
Muore all’età di 86 anni Umberto Lenzi (Massa Marittima, 6 agosto 1931 – Roma, 19 ottobre 2017), un regista del quale non posso dire di essere stato amico, perché anni fa avevo deciso di scrivere un libro sul suo cinema e dopo alcuni approcci e dichiarazioni rilasciate in esclusiva, la cosa finì male, per alcune incomprensioni. Non ci siamo più parlati e – per mia ripicca – ogni volta che lui è venuto a Massa Marittima e a Piombino non sono mai andato a sentirlo. Forse ho sbagliato, perché – nonostante il caratteraccio, difetto che in fondo ci accomuna – era un grande regista, uno che sapeva fare il cinema di genere.
Per ricordarlo, voglio parlare di una pellicola horror, da lui non molto amata, ma che per me è stata fondamentale nella mia adolescenza. Lenzi si è avvicinato al cinema horror negli anni Ottanta, dopo aver sperimentato gli altri generi popolari come l’avventuroso, il peplum, lo storico, il thriller erotico, il poliziottesco, i Tomas Milian movie, un fumetto movie come Kriminal e persino il sottogenere cannibalico. Non possiamo dire che l’horror sia stato il genere preferito dal regista massetano, ma è anche vero che una volta cominciato a fare cinema de paura ha continuato per oltre un decennio con ottimi risultati. Se confiniamo i cannibal movie nel sottogenere che contamina horror e avventuroso, dobbiamo dire che il primo horror puro di Lenzi è Incubo sulla città contaminata (1980). Il regista mi disse che questo film gli fu proposto come una classica pellicola di zombi, ma lui la trasformò in un horror ecologico, imperniato su una contaminazione nucleare che trasforma le persone in creature mostruose bisognose di sangue per sopravvivere. “La sceneggiatura di Incubo era una vera schifezza e io la dovetti rielaborare per intero” mi disse Lenzi.
Incubo sulla città contaminata nasce da un soggetto essenziale di Antonio Corti, sceneggiato da Piero Regnoli e José Luis Delgado, fotografato in modo cupo e angosciante da Hans Barman, montato da Eugenio Alabiso, arricchito dalle scenografie deserte di Mario Molli. Stelvio Cipriani merita una menzione a parte perché la musica ossessiva e tenebrosa introduce lo spettatore in un crescendo di terrore. Ottimo il trucco di scena per gli uomini contaminati, opera di Giuseppe Ferranti e Franco Di Girolami. La produzione è italo spagnola, diretta da Diego Alchimede per Dialchi Film di Roma e Lotus International di Madrid. Gli interpreti sono senza infamia e senza lode, d’altra parte in un film sulla falsariga di una storia di zombi non è facile mostrare grandi capacità recitative. Il ruolo principale è di un inespressivo Hugo Stiglitz, il giornalista televisivo Dean Miller incaricato di realizzare un servizio all’aeroporto del terrore dove sbarcano i contaminati. Laura Trotter è la moglie Ann Miller, primario ospedaliero che cerca di debellare la contaminazione. Maria Rosaria Omaggio è la bella scultrice Sheyla, orribilmente uccisa dopo essersi trasformata in una contaminata. Sonia Viviani è un’amica di Sheyla che si vede lo spazio di un paio di scene, appena in tempo per assistere a una macabra estrazione del suo bulbo oculare praticata da un essere mostruoso che impugna un coltellaccio. Mel Ferrer è il generale Murchinson che coordina le operazioni e cerca di arginare il pericolo di invasione da parte degli uomini mostruosi. Francisco Rabal è il maggiore Warren, che ricordiamo per un sensuale rapporto erotico con una sexy Maria Rosaria Omaggio in apertura di film. Altre presenze minori : Eduardo Fajardo, Stefania D’Amario, Ugo Bologna, Manolo Zarzo, Sara Fianchetti e Tom Felleghy.
Quentin Tarantino ha detto che in questo film gli zombi si muovono troppo in fretta rispetto a quelli di Romero, ma fece bene Lenzi a precisare che i suoi personaggi non sono zombi, ma uomini contaminati da radiazioni nucleari. In realtà sarebbero una sorta di vampiri perché devono bere sangue umano per sopravvivere. Il loro compito è quello di uccidere dopo aver aggredito con roncole, bastoni, coltelli e quindi dissetarsi dalle ferite aperte delle vittime. La produzione volle una caratterizzazione fisica simile a quella degli zombi (forse per cavalcare una moda) ma in realtà la variazione sul tema prodotta da Lenzi è molto originale. Questi esseri orribili hanno il volto carbonizzato, sembrano uomini bruciati dal fuoco, si muovono rapidamente e aggrediscono spinti da una fame atavica.
Lenzi ha diretto Incubo sulla città contaminata in primavera, prima di Cannibal Ferox che è stato girato in novembre-dicembre. Secondo Marco Giusti pare che il regista designato per fare Incubo fosse Enzo G. Castellari, ma Umberto Lenzi – a suo tempo da me avvicinato – negava con decisione: “A me non risulta. Credo che sia un’ennesima leggenda metropolitana”. Il film è notevole anche perché rappresenta una contaminazione di generi senza precedenti, visto che al suo interno troviamo tracce di cinema fantascientifico, postatomico, splatter, gore, horror puro, sottogenere zombi e film di vampiri. Le scenografie scarne di Mario Molli introducono un elemento postatomico nella pellicola, perché quando il giornalista e sua moglie fuggono pare di assistere alla fuga di due superstiti braccati dalla nuova stirpe dei contaminati. Inutile aggiungere che la cosa migliore del film sono gli effetti speciali e che le parti splatter e gore sono molto ben realizzate.
A mio parere, Incubo nella città contaminata ha influenzato il bel remake L’alba dei morti viventi girato da Zack Snyder nel 2004, infatti pure in questa pellicola gli zombi sono uomini contaminati da radiazioni e si muovono velocemente per colpire.
Riposa in pace, Maestro. Una cosa è certa. Non litigheremo più.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]