Insegnamento bilingue, Spagna pioniera in Europa
Si è svolta dal 20 al 22 ottobre la quarta edizione del Congresso internazionale di insegnamento bilingue nei centri educativi spagnoli, dal titolo “La enseñanza bilingüe a debate”: l’evento, organizzato dall’associazione spagnola Enseñanza Bilingüe (EB) in collaborazione con l’Università Rey Juan Carlos, ha analizzato i risultati e le problematiche del modello di insegnamento nelle scuole spagnole utilizzando l’inglese come lingua veicolare di molte materie curriculari. Al congresso hanno partecipato importanti esponenti dell’innovazione educativa spagnola e internazionale, tra cui David Marsh, l’ideatore del sistema CLIL (Content and Language Integrated Learning), che mira a rendere la lingua straniera uno strumento quotidiano di insegnamento del programma scolastico, al di là delle materie prettamente linguistiche. Per Futuro Europa abbiamo intervistato Xavier Gisbert, Presidente dell’Associazione Enseñanza Bilingüe e primo promotore del Convegno di Madrid.
In che modo il Congresso contribuisce ad analizzare il fenomeno dell’insegnamento bilingue nelle scuole spagnole?
Sin dalla prima edizione, il congresso CIEB ha ottenuto una grande risposta non solo da parte di professori ed esperti che vogliono presentare i risultati del proprio lavoro, ma anche del pubblico generale che assiste per imparare e condividere conoscenza sul tema. La novità di quest’anno è stata l’apertura di una nuova linea di ricerca, riassunta dal motto “L’insegnamento bilingue a dibattito”, per trattare una ad una tutte le problematiche che sorgono nell’avviare le diverse metodologie nelle attività quotidiane in classe. In linea di principio i modelli metodologici sono corretti, ma poi è la gestione concreta che non funziona bene, creando molte critiche e rallentamenti. Tra i vari aspetti da migliorare, uno dei più importanti è un maggiore coinvolgimento delle famiglie nel favorire l’apprendimento bilingue durante tutto l’arco di apprendimento degli alunni, informandole correttamente per prendere le decisioni più adeguate e seguire i propri figli al di fuori delle classi.
Come è cambiato il concetto di insegnamento bilingue nel corso degli anni? Si tratta di una novità o la Spagna ha già una certa esperienza sul tema nel panorama europeo?
In Europa, la Spagna è un paese pioniere per quanto riguarda l’insegnamento bilingue con una lingua straniera, in questo caso l’inglese. Ad esempio, nella sola Comunità di Madrid questo progetto ha cominciato i suoi primi passi già nel 2004. Nel corso della mia lunga esperienza sia come docente che come funzionario presso istituzioni educative in Europa e nel mondo, posso dire di non conoscere nessun altro paese che abbia così tante scuole pubbliche o private che offrano l’insegnamento bilingue in inglese nei loro programmi. Parlando di buone pratiche nel settore educativo, suggerirei che altri paesi europei venissero qui per osservare da vicino la ormai consolidata esperienza che la Spagna ha maturato nel fornire conoscenza bilingue specializzata nelle scuole, con personale adeguatamente formato che ha pochi eguali in Europa.
In che modo la Spagna sfrutta le opportunità offerte dall’UE per l’implementazione di pratiche innovative in campo educativo?
L’Unione Europea offre molti strumenti di buona qualità per il potenziamento dell’educazione in ambito bilingue, tra cui i programmi di finanziamento KA1 e KA2, gli scambi internazionali tra scuole, la formazione per gli insegnanti e i progetti Erasmus a livello universitario. In tal senso, la Spagna è da tempo tra i paesi più attivi in Europa nel partecipare a tali opportunità di sviluppo, riuscendo a integrare le risorse proprie degli istituti a livello nazionale con i fondi offerti dalla UE.
Quali caratteristiche dovrà avere in futuro un professore bilingue?
Possiamo distinguere fra due profili: il primo è quello del professore di inglese, che dovrà possedere ovviamente delle eccellenti competenze linguistiche e saper insegnare la lingua, che in questo senso si trasforma in lingua veicolare; il secondo riguarda i professori specializzati nelle diverse materie, che necessitano sia di conoscenze linguistiche elevate (pari al livello C1 del Quadro comune Europeo) che della metodologia più adatta all’insegnamento della propria disciplina. In questo modo, tra formazione linguistica e formazione metodologica, saranno pronti a offrire agli studenti le forme di apprendimento più efficaci.
Tra i temi più discussi c’è la valorizzazione delle nuove tecnologie applicate all’insegnamento bilingue. Esistono collaborazioni tra i programmi di innovazione educativa e le imprese che sviluppano questi strumenti?
Sin dalle sue origini, l’insegnamento bilingue in Spagna è stato associato alla tecnologia: ad esempio, quando il progetto è stato avviato anni fa nella Comunità di Madrid, tutti i nuovi centri bilingue possedevano già programmi per l’utilizzo della lavagna digitale e altri strumenti tecnologici associati per l’apprendimento delle diverse materie usando la lingua inglese. E questo processo è andato avanti nel tempo, stimolando i nuovi professori ad equipaggiarsi per tempo con alti livelli di conoscenza tecnologica, da utilizzare all’interno della propria metodologia didattica. Ciò che si dovrà garantire per il futuro è il mantenimento di questo sistema, per fare in modo che si assestino nelle scuole le due risorse chiave di domani, cioè l’uso della tecnologia e la conoscenza delle lingue.
Qual è il suo messaggio rivolto a un pubblico di non esperti e in particolare ai diversi organi di governo, affinché possano decidere con maggiore coscienza riguardo alle future riforme in ambito scolastico ed educativo?
Il mio messaggio è semplice: invito i responsabili ai vertici del sistema a pensare molto più all’educazione e meno alla politica, in modo da operare le riforme sulla base delle reali esigenze degli studenti e non sulle solite dinamiche di potere ufficiale.
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