Sostenibilità, è business

La sostenibilità? E’ un business. La conferma arriva da un convegno sul settore alimentare che si è tenuto da pochi giorni a Roma. “Il novantatre per cento dei Ceo nel comparto agroalimentare considera la sostenibilità una priorità strategica” ha sottolineato Alessandro Perego, responsabile degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano. E: “Non si tratta più di filantropia”.

Il dato sull’orientamento alla sostenibilità da parte della maggioranza dei dirigenti delle imprese del settore alimentare può non stupire: ‘fotografa’ infatti un settore fra i più vocati e fra i primi ad adottare questo principio, basti pensare ai ‘chilometri zero’ o ‘km 0’ fra i primi strumenti di marketing sostenibile ad essere adottati, proprio nel settore alimentare. Può stupire invece che la sostenibilità è diventata parte integrante del business per circa il sessanta per cento delle aziende a livello mondiale, come dimostra lo  studio “Seize the change” realizzato dall’ente di certificazione DNV GL e da EY, con il supporto di GFK Eurisko su un campione di 1.524 professionisti di aziende di diversi comparti. Inaspettatamente, se si considerano tutti i settori e non solo quello alimentare, in Italia il dato non è positivo: solo il quaranta per cento delle imprese è impegnato nella sostenibilità, dice lo studio. Nel mercato mondiale spiccano grandi marchi che della sostenibilità hanno fatto addirittura una bandiera: come Ikea o Tesla. L’intuizione che li guida è rispondere alla domanda crescente di sostenibilità da parte dei clienti, e di affermarsi così come leader di settore nel business del futuro, che si annuncia, appunto, ecosostenibile.

L’orientamento ‘sostenibile’ di tante imprese mostra indovinata la strategia recentemente adottata dall’ONU nei confronti del mercato mondiale, responsabile della produzione ma anche dell’inquinamento atmosferico e dei rischi per il clima. Abbandonato il ‘bastone’ di norme e sanzioni, con la COP21 di Parigi sul Clima si è cominciato a lavorare con la ‘carota’ della creazione di clientele e mercati portati a preferire i prodotti sostenibili, orientando in senso virtuoso le produzioni. Parlare alle aziende col linguaggio che comprendono, che non è quello etico ma quello del profitto, si sta rivelando una mossa vincente: un esempio dell’ambientalismo pragmatico che nel terzo millennio è succeduto a quello ideologico, del quale sta attuando i principi integrandoli nella struttura dell’economia e della vita di tutti i giorni.

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[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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