Le elezioni siciliane
Non sono certo un fan di Berlusconi, ma la netta vittoria del centro-destra in Sicilia è una buona notizia. Se avessero vinto i grillini, ce le immaginiamo le dichiarazioni tonitruanti, le anticipazioni frettolose e impaurite della stampa, i titoloni annunciatori di tempeste? A proposito della stampa, ma perché diavolo i nostri principali quotidiani hanno parlato per molte ore di “testa a testa”, di “lotta all’ultimo voto”, quando il distacco tra centro-destra e 5 stelle era evidente? Ora i grillini dicono che hanno vinto lo stesso, il giovinetto Di Maio preannuncia un’ondata nazionale che porterà i 5 Stelle al 40% in tutto il Paese. Aria fritta! In democrazia vince chi supera gli avversari e va al governo. E al governo non sarà lui ad andarci, né a Palermo né a Roma.
Ma il risultato delle elezioni isolane merita qualche considerazione di ordine generale. La prima è che si viene confermando anche in Italia quel vento che in Europa e oltre soffia nelle vele della destra. Perché? Perché le sinistre sono in stato confusionale, più occupate a dilaniarsi tra di loro che a cercare di vincere. Un sano e moderno riformismo di sinistra potrebbe ancora vincere, ma che credibilità può avere oggi in Italia, quando parte non irrilevante della stessa sinistra spara a zero su Renzi e sul PD riformista? D’altra parte, le ricette di quella sinistra radicale eternamente utopica e suicida non attirano più molta gente. In Italia, come in Occidente in generale, le grandi istanze socialiste sono state compiute, la solidarietà sociale è patrimonio comune, i problemi che occupano e preoccupano la gente sono altri: immigrazione, sicurezza, futuro dei figli. La sinistra estrema continua a dare una lettura completamente sbagliata della società, resta attaccata a vecchi schemi cari ormai solo ai centri sociali, seguiti da un miserabile 6%, come è successo ai sostenitori di Fava in Sicilia (che brutta figura!). Così facendo, è destinata a essere sempre marginale e a marginalizzare la socialdemocrazia, e questo è un male per tutti. Ma non c’è niente da fare. Vedrete che nelle prossime settimane i vari Bersani, D’Alema, Speranza, ora anche Grasso, tutti contenti per la sconfitta renziana e superbamente incuranti della vittoria della destra, continueranno la loro guerriglia fratricida e suicida (hanno cominciato subito, a poche ore dallo scrutinio, i miserabili!).
Può il voto siciliano proiettarsi a livello nazionale? La Sicilia è sempre un caso a parte, ma è anche una specie di “laboratorio” di equilibri a venire. I risultati di domenica non augurano comunque nulla di buono al PD in vista delle prossime politiche. E il processo che immancabilmente comincerà al suo interno contro Renzi (ingiustamente, perché della sconfitta siciliana non ha quasi colpa, il candidato era ottimo, la guerra gliel’anno fatta i nemici interni) allontanerà ancora di più gli elettori, e ridurrà il PD a percentuali tedesche, francesi, austriache o ceche. Anche perché il PD, eliminato Renzi (che comunque cercherà di tenere duro), non ha nessun altro leader credibile da presentare, salvo forse il poco carismatico, anche se apprezzabile, Gentiloni.
La questione ora non credo sia se le elezioni le vincerà il centro-destra o il movimento grillino. Credo proprio che il centro-destra, cavalcando l’onda favorevole, possa vincere. Le questioni sono altre: con quale margine vincerà (se, cioè, raggiungerà il 40% che in Sicilia ha sfiorato) o ci sarà bisogno di una grande coalizione. E quale sarà l’equilibrio di forze interno tra FI e Lega; Berlusconi ha dimostrato di avere sette vite (tutto sommato, a me che ho la sua età la cosa fa persino simpatia). E va bene così, se la gente ha tanto poca memoria. In politica, come nella vita, spesso si deve scegliere, non il meglio, ma il meno peggio. E il meno peggio, oggi come oggi, tra Grillo, Salvini e lui, è proprio lui, l’ex-Cavaliere.
Insomma, la stupida insensatezza di una parte della sinistra ci riporta 23 anni dopo, come nel gioco dell’oca, alla casella di partenza. E a sperare che sia Berlusconi (candidato o no) a vincere, moderando così in senso europeo e liberale l’insopportabile estremismo di Salvini. Grazie, on. Bersani, grazie, on. D’Alema!
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