Accattone (Film, 1961)

Cinematografia sgrammaticata era una definizione che lo stesso Pier Paolo Pasolini dava del suo cinema, più vicino alla pittura, ai campi visivi di Giotto e di Masaccio, ai manieristi come il Pontormo che al senso moderno del cinema. Lo sfondo è lo scenario sul quale si muovono i personaggi, quasi sempre primo piano contro primo piano, ma anche tra carrelli e panoramiche.

Accattone nasce come cinema di attori non professionisti, celebrando uno straordinario Franco Citti nel ruolo della sua vita, che recita in maniera spontanea un ruolo perfetto per la sua espressività. Sergio Citti aiuta Pasolini nella scrittura dei dialoghi, in quel  romanesco che lo scrittore friulano ancora non padroneggia, pure se vive a Roma dal 1949, dopo la fuga dal Friuli. Il film esce per merito di Alfredo Bini – che produrrà altri lavori di Pasolini – tra polemiche e assurdi divieti di proiezione in sala, osteggiato persino dal Festival di Venezia che l’accetta solo fuori concorso. Il Ministro dello Spettacolo in persona – Folchi – impone un assurdo divieto ai minori di anni 18 (anziché di sedici) e solo con questa grave limitazione permette l’uscita in sala.

La trama si riassume in poche righe, ma non è la cosa più importante, mentre fondamentale è l’afflato di amore e compassione che unisce Pasolini ai borgatari della periferia romana, un mondo popolato da ladruncoli, piccoli malfattori, prostitute e magnaccia. Accattone è un nullafacente che vive in borgata alle spalle della prostituta Maddalena, che dice di amare. Un giorno la donna viene arrestata, dopo aver subito violenza da una banda di napoletani, e condannata a scontare un anno di galera. Accattone si invaghisce di Stella, in un primo tempo pensa di mandarla a battere come Maddalena, sembra innamorarsene, ma solo come può provare sentimenti un tipo come lui. Accattone tenta persino di lavorare ma non riesce a superare il trauma e la derisione degli amici nullafacenti che bevono vino e passano il tempo al bar. Per mantenere la sua donna decide di fare il salto di qualità nella scala del crimine e di debuttare come ladro, ma il suo primo furto gli costa la vita in un incidente automobilistico. “Ora sto proprio bene”, sono le sue parole terminali rivolte al compagno di sventura che lo soccorre.

Accattone è un perdente, un uomo che dalla vita prende il niente che gli offre, che vive di espedienti e della cosa più bassa concessa a un uomo – sfruttare la sua donna – che si invaghisce di una cosa, ma la passione dura un istante, poi tutto torna come prima. Accattone ha pure un figlio, al quale ruba una catenina per fare un regalo a Stella, e un’ex moglie che non lo vuole più vedere, perché sa che sa fare solo il mantenuto, non è certo il padre ideale per suo figlio. Nonostante tutto, Pasolini descrive con linguaggio secco e asciutto, privo di retorica, un mondo marginale popolato da persone che non sembrano umane da quanto mancano di possibile redenzione.

Lo stile cinematografico è essenziale, con pochi movimenti di macchina, molti primi piani, brevi zumate, momenti che sembrano prelevati dal cinema muto e dalla miglior cinematografia sovietica. Colonna sonora di Bach, rivisitata da Rustichelli, che adatta La passione secondo San Matteo come sottofondo sinfonico delle gesta di un piccolo malfattore di borgata. Il film è fotografato in un gelido bianco e nero da Tonino Delli Colli; Leopoldo Savona e Bernardo Bertolucci aiutano il poeta nella sua prima regia cinematografica; Nino Baragli realizza un montaggio dai tempi perfetti e Flavio Mogherini una scenografia realistica.

Molti critici hanno detto che Accattone è un film che non ha niente a che vedere con il neorealismo. In parte concordiamo, perché la parte onirica durante la quale il protagonista sogna la sua morte, il suo funerale, la sepoltura al sole, i corpi dei malfattori napoletani trucidati e seppelliti da macerie è fantastica e visionaria. Ma è anche vero che l’attenzione con cui la macchina da presa di Pasolini segue (pedina, per dirla con Zavattini) il protagonista lungo le strade polverose di un’estate romana bruciata dal sole, nella borgata composta di baracche, case diroccate e macerie è evidente eredità del neorealismo.

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Regia: Pier Paolo Pasolini. Soggetto e Sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini. Collaboratore ai Dialoghi: Sergio Citti. Aiuto Regia: Bernardo Bertolucci. Assistenza alla regia: Leopoldo Savona. Montaggio: Nino Baragli. Fotografia: Tonino Delli Colli. Musiche: Johan Sebastian Bach. Coordinamento Musicale: Carlo Rustichelli. Direttore di Produzione: Marcello Bollero. Ambientazione e Scenografia: Flavio Mogherini. Ispettore di Produzione: Eliseo Boschi. Arredatore: Gino Lazzari. Truccatore: Cesare Biseo. Segretaria di Edizione: Lina D’Amico. Operatore alla Macchina: Franco Delli Colli. Assistente Operatore: Gioacchino Sofia. Fonico: Luigi Puri. Microfonista: Manlio Magara. Negativi e Positivi: Ferrania P. 30. Stabilimento Sviluppo e Stampa: Istituto Luce. Teatri di Posa: Incir De Paolis. Doppiaggio e Sincronizzazione Stabilimenti: Titanus. case di Produzione: Arco Film – Cino Del Duca. Produttore: Alfredo Bini. Genere: Drammatico. Durata: 120’. Interpreti: Franco Citti (Accattone), Franca Pasut (Stella), Silvana Corsini (Maddalena), Paola Guidi (Ascenza), Adriana Asti (Amore); Amici di Accattone: Luciano Conti (Il Moicano), Luciano Gonini (Piede d’Oro), Renato Capogna (Il Capogna), Alfredo Leggi (Pupo Biondo), Galeazzo Riccardo (Il Cipolla), Leonardo Muraglia (Mommoletto), Giuseppe Ristagno (Peppe il Folle), Roberto Giovannoni (Il Tedesco), Mario Cipriani (Balilla), Roberto Scaringella (Cartagine), Silvio Citti (Sabino), Giovanni Orgitano (Lo Scucchia), Piero Morgia (Pio); I Napoletani: Umberto Bevilacqua (Salvatore), Franco Bevilacqua (Franco), Amerigo Bevilacqua (Amerigo), Sergio Fioravanti (Gennarino), Adele Cambria (Nannina); Adriano Mazzelli (il cliente di Amore), Mario Castiglione (Mario), Dino Frondi (Dino), Tommaso Nuovo (Tommaso), Romolo Orazi (Suocero di Accattone), Massimo Cacciafeste (Cognato di Accattone), Francesco Orazi (il Burino), Mario Guerani (il Commissario), Stefano D’Arrigo (il giudice istruttore),  Enrico Fioravanti (primo agente), Nino Russo (secondo agente), Edgardo Siroli (primo farlocco), Renato Terra (secondo farlocco), Emanuele di Bari (Sor Pietro), Franco Marucci (Franco), Carlo Sardoni (Carlo), Adriana Moneta (Margheritona), Polidor (Becchino), Danilo Alleva (Iaio), Srergio Citti (il cameriere), Elsa Morante (una detenuta). Doppiatori: Paolo Ferrari (Franco Citti), Monica Vitti (Paola Guidi).

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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Un Commento

  • La recensione è stata riportata sulle pagine del sito del Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa (link).

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