Inciviltà
Naziskin che irrompono in una associazione pro emigranti di Como. Tutti si indignano, Maroni compreso (che è finora il meglio che la Lega abbia prodotto), ma Salvini definisce la cosa una ragazzata e si stupisce per tanto chiasso. Il problema per lui non è il neosquadrismo, ma l’immigrazione. È incredibile l’incapacità di certa gente di vedere le cose serenamente: l’immigrazione eccessiva è un problema grave, negarlo è da sciocchi, il rinascente squadrismo è anch’esso un problema, Uno non esclude l’altro. Vanno affrontati tutti e due.
Però adesso anche Salvini soffre in carne propria la violenza (per fortuna solo verbale) dell’estremismo, questa volta di estrema sinistra (e non per questo meno bieco. Su Facebook appare imbavagliato, su uno sfondo delle Brigate Rosse, che ricorda i tristissimi tempi del sequestro di Aldo Moro. E tra i tre autori del blog spunta anche un grillino. Salvini si è strappato le vesti e ha tuonato reclamando reazioni indignate del mondo politico. Il PD ha subito risposto, dandogli solidarietà. Qualcuno dovrebbe però ricordare al leader leghista che non si può impunemente insultare e minacciare gli altri e non essere prima o poi pagati con la stessa moneta.
Si tratta, per ora, di violenze solo verbali (ma a Ostia, quella di Roberto Spada fu bella e buona aggressione fisica). Cionondimeno, sono preoccupanti segni di inciviltà, che un Paese occidentale che si vuole avanzato e colto dovrebbe ripudiare con tutte le forze. Certo, qualche centinaio o migliaio di facinorosi esisterà sempre. Spetta però alla mano ferma dello Stato, e a tutte le forze politiche responsabili, non solo dissociarsi a parole, ma prevenire o punire con i fatti. Insulti e minacce non devono essere condonati solo perché espressi nel mondo virtuale di Internet o Facebook. Le norme esistono e vanno fatte rispettare, senza riguardo alla parte colpevole di quello che resta un odioso reato. L’estremismo fanatico e facinoroso va combattuto con tutte le armi della Legge, sia esso di estrema destra che di estrema sinistra. È quello che la maggioranza della gente, quella ancora non fuorviata dall’odio partigiano, si aspetta dagli organi dello Stato.
Parlando di civiltà, che impressione patetica vedere l’ennesimo movimento a sinistra, questa volta “Liberi e Uguali”, condotto dal Presidente del Senato Pietro Grasso. Qui siamo di fronte a un caso di insensatezza politica: legittima, è ovvio, ma suicida. Il problema non è la persona: Grasso é stato un eccellente magistrato e un degno Presidente del Senato, ma guidare la sesta economia del mondo, con i problemi di tutti i tipi che affliggono l’Italia, è un’altra cosa, e richiede una nutrita maggioranza parlamentare, che nessuna sporade di sinistra può sognare di avere. Il programma (se si può definire tale i quattro slogan messi insieme) è di una inconsistenza paurosa. Anche il linguaggio è quello ormai stantio della sinistra massimalista: il lavoro per tutti, creare “un nuovo percorso”, “una nuova proposta”. E naturalmente, in prima fila l’allarmante schiera dei rancorosi di sempre, da Bersani a D’Alema, da Speranza a Fratoianni, compreso il neosposino Vendola: sono gli eterni reduci di guerre sistematicamente perdute, gli eterni illusi ora tutti contenti di tornare ad occupare per un po’ la scena. In cerca di una a lungo attesa vendetta contro Renzi, anche se ciò vuol dire consegnare il Paese alla destra.
Un nuovo movimento (pardon! Una nuova proposta) a sinistra del PD? Una nuova sigla? Ma non ce ne eran già almeno tre? Uno si chiede se veramente questa gente ragiona col cervello. Dal punto di vista della sinistra, il pericolo in Italia è che alle prossime elezioni venga in testa il centro-destra, e magari secondo Grillo. Per gente dotata di normale buon senso, qual è il solo rimedio possibile? Unirsi, far blocco, cercare di recuperare tutti insieme il primo posto. La Legge elettorale, introducendo le coalizioni, lo rende imperativo (Berlusconi l’ha perfettamente capito). E loro che fanno? Si dividono, si spezzettano, ognuno con la smania e la pretesa di fare il capetto. Ma il capetto di che? Di un 3, 4, al massimo 5% di elettori, che sarà irrilevante in sé, ma dannoso nei collegi uninominali?
Quanto a Grasso, con tutto il rispetto: quando si esce da un partito e se ne fonda un altro, l’elementare decenza consisterebbe nel dimettersi dalla Presidenza del Senato, a cui il primo l’aveva eletto. Ma in Italia, con l’eccezione (temporanea) di Renzi, non si dimette nessuno.
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