Italia delle Regioni

Il ministro del Lavoro Poletti ha presentato a Bari il nuovo istituto del Reddito di inclusione. Il presidente dell’Anci associazione dei Comuni Italiani Decaro ha ribadito che i sindaci sono impegnati da tempo nelle politiche del lavoro.

Il nuovo istituto del Reddito di inclusione  è stato illustrato nel dettaglio dal direttore generale del ministero del Lavoro, Raffaele Tangorra “È la prima misura unica nazionale di contrasto alla povertà a vocazione universale. Costituisce un’evoluzione del Sia, sostegno per l’inclusione attiva e si compone di un beneficio economico, erogato attraverso una Carta di pagamento elettronica, e di un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di  attraverso una presa in carico multidimensionale del nucleo familiare da parte del Comune”.

Proprio in considerazione del ruolo strategico affidato ai Comuni, il presidente dell’Anci, a nome dei sindaci italiani, ha sottolineato l’importanza di fornire agli amministratori locali gli strumenti necessari per rispondere alla chiamata. “Siamo convinti che sia opportuno combattere le situazioni di disagio economico e sociale, oltre che con l’erogazione di risorse per le famiglie, anche dando opportunità di formazione e lavoro ai componenti dei nuclei familiari – ha detto Decaro – per affrancarli dalla propria condizione di svantaggio. È nostro dovere non perdere mai di vista coloro che restano indietro. Il Rei ha il pregio di far emergere una domanda sociale inespressa. I Comuni dovranno farsene carico e questo comporterà un aggravio di lavoro: servono risorse e anche personale. Chiediamo al governo di inserire nella legge di bilancio lo sblocco totale del turn over, al momento al 75 per cento, nei Comuni con meno di cinquemila abitanti”.

Decaro ha portato dal palco dell’iniziativa gli esperimenti in tema di reinserimento e accompagnamento al lavoro, condotti in alcuni Comuni.  “Noi sindaci vogliamo contribuire attivamente a scrivere l’agenda nazionale del Paese, non solo sui temi della finanza locale. In questo senso, il nostro impegno sul sociale è stato e resta massimo: i cittadini si rivolgono direttamente ai sindaci per tutte le istanze di welfare. Non è dunque un caso se proprio sul reddito di inclusione Comuni e Regioni abbiano già avviato esperienze positive prima del varo della legge nazionale: mi riferisco a Livorno, Ragusa, Napoli, la stessa Bari, l’Emilia-Romagna, la Puglia, il Friuli. Non avremmo potuto fare diversamente. Negli anni della crisi, la platea di cittadini al di sotto della soglia di povertà passava dal milione e ottocentomila persone del 2007 ai 4,7 milioni del 2016 e i Comuni subivano tagli per una cifra complessiva di 9 miliardi. Eppure, noi sindaci abbiamo salvaguardato la spesa per il sociale”.

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha approvato un documento sulla proposta di legge “norme in materia di domini collettivi”  predisposto dalle proprie Commissioni competenti.
Nelle Considerazioni generali viene definito il dominio collettivo, che  a partire dalla legge sul riordino degli usi civici del 1927, è stato ricompreso sotto la denominazione e categoria degli usi civici. Da un punto di vista giuridico il dominio collettivo si differenzia dagli usi civici per la sua appartenenza al vero e proprio genus della proprietà collettiva, a sua volta da tenere distinta dalla proprietà in comunione di stampo privatistico in cui ognuno possiede pro-quota. Come noto,  l’uso civico è invece caratterizzato da varie facoltà di uso di porzioni di territorio di proprietà di soggetti differenti da quelli che esercitano il diritto di uso. Normalmente l’uso civico non è caratterizzato da forme organizzative. Sebbene vi siano queste differenze, i due istituti sono accomunati dalle prime leggi di riordino sotto la stessa categoria. Solo con le leggi sulla montagna a partire dagli anni Cinquanta si cominciano a differenziare, anche se non si è ancora pervenuti a una sistemazione organica degli istituti.

La proposta di legge riguarda soprattutto il settore dell’agricoltura, ma con significative implicazioni su paesaggio, urbanistica, e questioni che attengono al rapporto con gli enti locali, con particolare riguardo agli enti agrari, e soprattutto quelle finalizzate alla tutela del patrimonio civico anche in funzione ambientale.

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