Cronache dai Palazzi

Molte alleanze sembrano sgretolarsi. Pisapia è sempre più estraneo al progetto federativo della sinistra e rivendica le sue profezie sulla odierna legge elettorale già rivelate al premier Gentiloni: “Paolo questa legge è un suicidio. Il centrosinistra andrà al massacro”, confidò un tempo l’ex sindaco di Milano all’attuale presidente del Consiglio.

Oggi, in effetti, l’area di sinistra appare in difficoltà e la formazione “Liberi e uguali” guidata da Pietro Grasso sembra tentare di mettere insieme le varie tessere provenienti da più parti, per poter costruire un mosaico più o meno organico. Anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, è sempre più distante dal Pd e il partito di Matteo Renzi si prepara ad una campagna elettorale da percorrere più o meno in solitudine. Maria Elena Boschi, renziana di ferro, confida in un 30 %. Il segretario dem, a sua volta, sembra non farsi influenzare dai vari malumori e lapidario afferma: “Finisce una lunga telenovela, ora pensiamo alla campagna elettorale”.

Pisapia teme che anche dopo il voto le due sinistre continueranno “a combattersi e non parlarsi”, e non è una paura infondata. Tutto ciò “nonostante la spinta unitaria che ho riscontrato nel popolo del centrosinistra alle Feste dell’Unità”, ha affermato Pisapia che, difendendo se stesso, ha aggiunto: “Mi sono preso le botte, gli insulti. Ma ci ho provato fino all’ultimo”. Infine si assolve: “Sento di avere la coscienza a posto”. Denunciando infine un “confronto impossibile” anche a proposito dello ius soli, Giuliano Pisapia ha di fatto sciolto Campo progressista. Al Nazareno non sono comunque convinti che la causa della rottura sia il ritardo sullo ius soli, bensì lo scisma “politicamente era nell’aria da qualche tempo”. Renzi nel frattempo ha terminato il suo tour in treno, dopo aver raggiunto 107 province, e promette “una grande battaglia contro l’evasione fiscale”. Il leader del Pd disconosce qualsiasi preoccupazione per la crisi della sinistra e fa intravedere gli schemi in vista delle elezioni: “Noi andremo con una lista di centro, anche se Alfano non sarà candidato, con una lista di sinistra, anche se Pisapia non è candidato e spero in un accordo con Bonino”.

Anche Angelino Alfano,infatti, abbandonerà il palcoscenico della politica: “Da marzo mi cercherò un lavoro”, ha dichiarato il presidente di Alternativa popolare. Alfano non sarà più “il capro espiatorio” o addirittura “il problema”, come arieggiava nell’area di centrodestra. Un gesto che molti non immaginavano, maturato in solitudine e, molto probabilmente, provocato dalla “amarezza e dalla sofferenza per le offese personali”, una storia che sarà raccontata in un libro: “Il coraggio delle scelte”.

Alfano riceve comunque un saluto di rispetto da parte del premier Gentiloni, una telefonata da Berlusconi che non si aspettava e anche il segretario del Pd , Matteo Renzi, nonché ex presidente del Consiglio, dagli studi televisivi di Rete4, difende “Angelino” dagli attacchi incassati negli anni passati al governo: “Alfano è stato accusato di essere un poltronaro, ma la sua scelta merita enorme rispetto”. Da parte sua Angelino Alfano sembra uscire dalla scena con molta tranquillità, e soprattutto senza rimproverarsi nulla: “Esco dal Parlamento con disciplina e onore, come la Costituzione mi chiedeva e la mia coscienza mi imponeva”, ha affermato Angelino Alfano in un’intervista sul Corriere della Sera.

Sul versante operativo continua il percorso della Legge di Bilancio e rimangono solamente venti giorni per apporre modifiche alla manovra. Dopo l’ok di Palazzo Madama ora la palla passa a Montecitorio dove sono attesi cambiamenti a proposito di web tax, bonus bebé, superticket e pensioni, in pratica i quattro capitoli portanti della manovra finanziaria di fine anno. Nello specifico l’Ape social verrà allargata in virtù delle risorse stanziate questo anno; si tratta di riconoscere l’indennità a disoccupati, disabili e lavoratori impegnati in attività faticose in attesa del trattamento pensionistico definitivo. L’operazione risulta comunque strettamente legata alla verifica delle risorse disponibili. Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha reso noto che l’istituto pagherà entro l’anno gli arretrati a coloro cui spetta l’indennità con decorrenza da maggio 2017 in poi. Rispettando gli accordi stipulati con i sindacati, l’Ape sarà estesa alle altre quattro categorie in programma: braccianti agricoli, pescatori, marittimi, e operai siderurgici. A coloro che svolgono invece attività faticose verrà richiesto di averle svolte per sette anni negli ultimi dieci (e non più per sei su sette). Serviranno comunque ulteriori risorse per poter applicare l’Ape anche nel 2019.

In materia di lavoro il Pd ha inoltre presentato un emendamento per ridurre da due a tre anni la durata massima dei contratti a termine. La squadra dell’esecutivo sembra essere d’accordo ma, nel contempo, il governo è contrario alla proposta di raddoppiare le mensilità che spettano al lavoratore in caso di licenziamento non confermato in giudizio. Nel settore sanità si cerca invece di reperire le risorse necessarie per rafforzare il Fondo sanitario nazionale ed ampliare le eccezioni al superticket. Servirebbero circa 600 milioni di euro e non è escluso un ulteriore prelievo sulle sigarette.

Un altro tema  fondamentale è rappresentato dal bonus bebé per cui la versione della legge uscita dal Senato prevede che, a partire dal 2019, il bonus sia riconosciuto per un solo anno, invece di tre, e con un importo pari alla metà di quello attuale. La volontà è comunque quella di non penalizzare tale misura, non cancellando quindi il meccanismo attuato a partire dal 2015 fino a quest’anno. Lo scoglio da superare è ovviamente quello delle risorse finanziarie e, nello specifico, il “Fondo per le esigenze indifferibili” – ossia la fonte (di bilancio) alla quale tradizionalmente il Parlamento  attinge per poter attuare le diverse modifiche alla manovra – disporrebbe di soli 64,5 milioni per il 2018 (su 250 originari), 197,3 per l’anno successivo e 347,9 per il 2020. Tali risorse dovrebbero però servire anche per finanziare l’assegno di natalità, oltre che per allargare la platea del superticket.

Un eventuale anticipo della Web tax al 2018 (era prevista dal 2019) con un’aliquota limitata all’1-2% (non più il 6%) potrebbe portare nelle casse dello Stato nuove risorse disponibili, ma per ora si tratta di una misura della quale deve essere ancora definito l’ambito di applicazione. Secondo le ultime discussioni in commissione Bilancio la web tax dovrebbe abbracciare anche il commercio elettronico, e quindi il settore delle transazioni, con il rischio però che il nuovo tributo, pensato per ammonire le grandi imprese digitali, finisca alla fine per penalizzare i consumatori.

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