L’incendiario Trump
Quattro morti e centinaia di feriti. È il primo bilancio, sicuramente provvisorio, della scellerata decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme capitale dello Stato di Israele. Ho molti amici ebrei e sono tutti letteralmente costernati della follia trumpiana, convinti che essa farà del male soprattutto a Israele, costretto a mettersi su un piede di guerra permanente.
Lasciamo stare ogni argomento di merito. La questione è meta-giuridica. Gerusalemme è sacra agli ebrei da tremila anni, ai cristiani da duemila, ai musulmani da millequattrocento; è una città emblematica, il simbolo di tre grandi religioni che dovrebbero imparare a convivere e che di fatto hanno convissuto per secoli. Qualsiasi persona di buon senso capisce che un luogo del genere, luogo dello spirito prima ancora che città, deve avere uno statuto speciale, e che questo statuto deve essere oggetto di un negoziato, come è del resto previsto dagli Accordi di Oslo. La decisione di Trump, dunque, è sbagliata sul piano sostanziale e tremenda sul piano dell’opportunità politica. Può avere un solo risultato: infiammare ancora di più la polveriera mediorientale, fare l’unanimità contro gli Stati Uniti e togliere loro ogni credibilità come mediatore per una futura pace.
Perché Trump lo ha fatto? Ho letto spiegazioni più o meno razionali: per esempio, che si tratta di compiacere i sentimenti di quel 26% di americani che si professano cristiani evangelici, dei quali l’80% ha votato l’anno scorso per Trump. Può darsi. Per me, però, credo che si entri nel campo insondabile della psiche umana. Siamo di fronte a uno psicopatico, ignorante della Storia, delle tradizioni, dei costumi degli altri, ciecamente e perversamente afferrato alle sue poche idee di estrema destra e deciso a non ascoltare gli appelli dell’Europa, di Macron, del Papa, di nessuno. Neppure delle persone di buon senso che pure esistono nella sua Amministrazione e che non possono approvare una così pericolosa follia. Aveva in mano una miccia e ha dato fuoco alle polveri, incurante delle conseguenze.
Il risultato geopolitico è aver spinto Medio-Oriente e mondo islamico sempre più nelle braccia dell’estremismo e in quelle di Putin. Quest’ultimo aspetto merita forse una riflessione maggiore: Trump non ha mai nascosto la sua simpatia per lo zar di Mosca e il suo disegno di spartirsi con lui il controllo del mondo, le voci sui contatti segreti con i russi sono ormai certezza. L’ipotesi di una cancellazione delle sanzioni circola con insistenza. Finora, solo la coraggiosa campagna della stampa liberale USA ha messo qualche ostacolo al Presidente. È lecito chiedersi: un accordo USA-Russia è un bene o un male? Un bene, ma a condizione che non avvenga regalando a Mosca un’intera regione del mondo, vitale per gli europei, e che l’intesa non sia a loro spese. Molti e chiari segni indicano invece che tra Trump e Putin vi è una coincidenza nel voler frenare l’integrazione europea e riportare l’Europa al rango di oggetto, non di soggetto. L’appoggio trumpiano alla Brexit e alle destre europee, ora le rivelazioni dell’ex Vicepresidente americano Joe Biden sull’appoggio russo alla Lega e ai Grillini, movimenti dichiaratamente antieuropei, formano un quadro sinistro. E Salvini si vergogni (ma vorrebbe farcelo dimenticare, il suo pellegrinaggio ossequiente a Mosca?).
Governi di Paesi seri, come la Francia, la Germania, questo lo hanno capito. La stessa Inghilterra non può ignorarlo e ne è un segno la tendenza ad un’uscita soft dall’Unione. Cosa aspetta l’Europa a ritrovare il cammino di quella solidarietà politica che, sola, può salvarla dai degli oscuri disegni altrui?
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