First Italian Citizen Science Conference 2017

Fin dai tempi del “Rapporto Bodmer”, con cui nella seconda metà degli anni ’80 in Gran Bretagna si lanciò un appello pubblico in difesa della ricerca e scienziati di fama inconfutabile espressero le proprie preoccupazioni sul futuro della ricerca  e sui termini del cambiamento già al tempo in atto nel rapporto tra Scienza  e Società, l’attenzione degli analisti sociali e dei politici si sposta sui cittadini, sull’opinione pubblica, sui fruitori dei frutti della ricerca, sulla “comprensione” della ricerca e della tecnologia.

Sir Walter Bodmer, in compagnia di personaggi del calibro di John Ziman e David Attenborough realizzarono, per conto della Royal Society: “The Public Understanding of Science3”. Il Rapporto Bodmer diventa, ben presto, la pietra angolare con cui tutti coloro che intendono analizzare le interazioni tra scienza e società devono fare i conti e non poteva essere diversamente considerando il dato di fatto che, in qualsivoglia contesto internazionale, per un ottimale sviluppo economico e benessere collettivo il contributo offerto dalla ricerca è un qualcosa di imprescindibile, nello stesso modo in cui lo è la consapevolezza, da parte delle componenti politiche di ogni Paese, in qualsiasi fase di transizione storica si voglia considerare, del bisogno di approvazione sociale, per i cambiamenti legati allo sviluppo tecnico-scientifico.

Oramai è impensabile per chiunque mettere in discussione il dato di fatto che nel modello di Società attuale la ricerca e più in generale la cultura e la conoscenza hanno un’influenza fondamentale nello sviluppo sociale ed economico dei vari Paesi. Ma, affinché una Società basata sulla conoscenza possa “decollare”, occorre che alla sua base ci sia una “visione di sistema” quella che secondo il pensiero di Geymonat può scaturire solo da un’impostazione di pensiero “unitaria”: più cultura, più libertà di pensiero, programmazione dell’economia e da parte dello Stato, in questo settore, un intervento tangibile.

Il senso della prima Conferenza internazionale di Citizen Science, i cui lavori si sono appena svolti a Roma, è appunto questo: un’occasione d’incontro e di scambio tra giornalisti, comunicatori della scienza, responsabili delle politiche ambientali e di ricerca del Paese, cittadini e studenti, protagonisti attivi della ricerca scientifica per un “modo nuovo di fare scienza”.

Per il funzionamento delle forme di democrazia avanzata, come le attuali, è necessario che i cittadini sappiano decodificare i linguaggi della scienza e i vantaggi per gli Stati provenienti da una divulgazione scientifica corretta, ampia, sistematica e strutturata sono, com’è ovvio, inconfutabili: dai vantaggi scientifici a quelli economici, da quelli militari a quelli ideologico/culturali senza contare quelli puramente a livello intellettuali di conoscenza fine a se stessa. Lo sviluppo della scienza è e sempre più sarà legato a doppio filo al suo rapporto con la Società di cui è frutto e per questo motivo ne deriva che solo professionisti specializzati ne possano e debbano curare la trasferibilità e divulgazione.

La “citizen science” (scienza partecipata) sta diventando sempre più un approccio metodologico in grado di fornire strumenti di monitoraggio efficaci e strumenti di ricerca sempre più significativi. I cittadini diventano protagonisti involontari, essendo coinvolti dalla comunità scientifica in attività di mappatura di dati con progetti a livello locale o globale, per l’ampliamento della quantità d’informazioni. Si tratta di un’interazione che può avvenire nei campi più diversi della ricerca: dalla biologia all’ecologia, dalla climatologia all’astronomia, dalle neuroscienze alla medicina e all’informatica. Ne deriva che gli spazi per il coinvolgimento dei cittadini si moltiplicano in modo esponenziale: si può andare dal segnalare nuove specie animali o vegetali, riportare osservazioni su fenomeni di cui si è stati spettatori o dati provenienti dall’utilizzo di sistemi di rilevamento di parametri ambientali o ancora molte altre.

La Conferenza, promossa dall’Accademia Nazionale delle Scienze e dal CNR, nell’ambito dell’infrastruttura europea LifeWatch e sotto l’Alto Patronato ella Presidenza della Repubblica Italiana, oltre a voler promuovere la Citizen science e informare sull’importanza di una “corretta comunicazione” nei diversi livelli nella progettazione e conduzione di un progetto di citizen science e non solo, ha voluto, nel fare il punto sullo stato della situazione italiana attuale volgere anche lo sguardo all’acquisizione e adozione di buone pratiche tratte da esperienze europee e internazionali. Si è trattato di un importante di un momento di sintesi per la comunità scientifica che ha potuto avvalersi dell’occasione per acquisire nuove chiavi di lettura, nuove modalità e metodologie di approccio a temi ambientali o sociologici o d’interazione tra le persone e con il territorio con un approccio condiviso e partecipato per raggiungere obiettivi che ci coinvolgono tutti, tracciando percorsi per lo sviluppo di attività future, con il coinvolgimento dei cittadini, arrivando a una comprensione più profonda dei diversi microcosmi con cui ci troviamo continuamente ad interagire.

Società, Scienza, tecnologia, fino ad arrivare alla tecno-scienza diventano sempre più un qualcosa di legato e inscindibile: da una parte i fisici, i biologi, i chimici, i neurobiologici vedono i propri programmi di ricerca sempre più dipendenti e legata ad aspettative pubbliche e private distanti da quelli che possono essere obiettivi di ricerca pura, dall’altra gli interrogativi legati alla scienza e alla tecnologia fanno sì che sociologi, antropologhi, storici, epistemologhi si trovino alle prese con problematiche interdisciplinari in un campo in cui le interconnessioni e le possibilità si moltiplicano all’infinito.

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