Aumentano gli Italiani trasferiti all’estero
Il dibattito in materia migrazione in Italia si concentra quasi unicamente sui flussi verso il nostro paese, ma si sottovaluta il fenomeno inverso che invece sta aumentando in maniera significativa. Sono 124.076 gli italiani che si sono trasferiti all’estero nel 2016, in aumento del 15,4% rispetto al 2015. Ad andarsene sono soprattutto i giovani: oltre il 39% di chi ha lasciato l’Italia nell’ultimo anno ha tra i 18 e i 34 anni (+23,3%). Il 9,7% ha tra 50 e 64 anni e sono i “disoccupati senza speranza” rimasti senza lavoro. Dal 2006, la mobilità italiana è aumentata del 60,1% passando da poco più di tre milioni a quasi cinque, secondo il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, presentato a metà ottobre, si evidenzia che al 1 gennaio scorso sono 4.973.942 gli iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero).
Di questi il 50% proviene dal Mezzogiorno, inferiore il numero del Nord (34%) ed ancora più basso al Centro (16%). Destinazione privilegiata per i migranti italiani resta l’Europa (2.684.325, il 54,0%), più specificatamente nell’UE (1.984.461, il 39,9%) mentre 2.010.984 vivono in America (40,4%) soprattutto in quella centro-meridionale (32,5%). A seguire l’Oceania (147.930 residenti, il 3,0%), l’Africa (65.696, l’1,3%) e l’Asia (65.003, l’1,3%). A livello di singoli Stati, i primi tre Paesi con le comunità più numerose sono l’Argentina (804.260), la Germania (723.846) e la Svizzera (606.578), mentre è il Regno Unito a distinguersi, in valore assoluto, per avere la variazione più consistente (+27.602 iscrizioni nell’ultimo anno).
Interessante notare come nell’ultimo triennio le cancellazioni per l’estero sono cresciute del 7,7% in media l’anno, mentre quelle per altre destinazioni italiane hanno subito una flessione media dello 0,8%. Ancora più marcata è la tendenza nelle regioni meridionali di privilegiare le destinazioni estere rispetto al trasferimento classico al nord, in continuo calo. Se il saldo tra immigrazione ed emigrazione rimane attivo, resta il fatto che la dinamica del fenomeno unita al continuo calo demografico, debba far riflettere sul fenomeno prima che si aggravi in maniera importante.
A proposito dell’AIRE è doveroso fare alcune precisazioni. Innanzitutto, sono tenuti obbligatoriamente all’iscrizione tutti gli italiani residenti all’estero per oltre 12 mesi, senza eccezione per la comunità europea. Pur se si tratta di un obbligo in carico al cittadino, che può essere effettuato anche d’ufficio dai Consolati, la pratica è ampiamente disattesa dagli italiani trasferiti. Se si è lavoratori distaccati o pensionati si ha comunque diritto all’assistenza sanitaria se si vive in un Paese convenzionato con l’Italia, oppure al rimborso delle spese sostenute. Se non si rientra in queste due categorie si perde sia il diritto all’assistenza all’estero che il medico in Italia. Se si hanno redditi di qualunque tipo in Italia si pagano le relative tasse e dal 2014 l’eventuale casa posseduta nel nostro paese non gode più del trattamento di prima casa, ma rientra tra le seconde case. La materia è comunque molto complessa, come quasi tutte le normative di questo paese, e nel caso è consigliabile documentarsi in modo appropriato. Ma non iscriversi potrebbe risultare una scelta ancora peggiore e farebbe ricadere i cittadini residenti all’estero in un regime di doppia tassazione, con i redditi percepiti altrove tassati anche qui.
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