Europa e Israele
I rapporti tra Israele ed Europa sono da molto tempo complessi. Fino a qualche tempo fa, alcuni Paesi europei, come la Grecia, non riconoscevano lo Stato ebraico e altri, come la Spagna e la Francia (ma anche l’Inghilterra), guardavano con interesse soprattutto agli Arabi. La Germania, per il suo passato, era in qualche modo obbligata a mostrarsi filosemita e alcuni nordici, come l’Olanda, erano apertamente pro-sionisti.
E tuttavia, con la Dichiarazione di Venezia degli anni Ottanta, i membri dell’allora Comunità Europea riuscirono a mettere insieme una dottrina, basata sulle Risoluzioni delle Nazioni Unite, e fondata sul diritto di Israele a vivere entro frontiere sicure e riconosciute, e su quello dei Palestinesi ad avere un proprio Stato. Era, ed è, una dottrina equilibrata, ma ad Israele non è mai bastata. Nei confronti degli europei, il Governo di Tel Aviv ha nutrito per molto tempo diffidenza e persino rigetto, e si è a lungo rifiutato di accettarli come mediatori nel conflitto con gli Arabi. Se si va al fondo delle cose, una certa ambivalenza è nell’ordine delle cose: moralmente, nessun europeo si sente di contrastare gli eredi dell’Olocausto. D’altra parte, gli interessi europei nel Medio Oriente sono rilevanti e consigliano buoni rapporti con il Mondo arabo. Non si tratta solo di petrolio (anche se non ho mai capito perché l’intento di assicurarsi risorse energetiche essenziali per le nostre economie debba considerarsi una vergogna). Vi sono anche aspetti strategici e di sicurezza, specialmente forti per i Paesi che, come l’Italia, bagnano nel Mediterraneo.
Fino ad ora, la posizione europea ha coinciso fino a un certo punto con quella americana che, fortemente influenzata dalla rilevante e attiva presenza ebraica negli Stati Uniti, è sempre stata più vicina a Israele (nonostante la stretta alleanza con l’Arabia Saudita) e pronta a bloccare, quando necessario, qualsiasi anche ragionevole condanna della politica sionista. Nel fondo, tuttavia, USA ed Europa, fino alla fine della presidenza Obama, hanno operato nello stesso senso, in favore di una soluzione pacifica e negoziata del conflitto.
La sconsiderata decisione di Trump ha però ora rotto questo delicato equilibrio. Sul tema di Gerusalemme, la sintonia con Washington è impossibile, mentre si impone nella realtà un’inedita concordanza di vedute con la Russia di Putin.
È da augurarsi che si tratti di screzi di superficie e che continui a prevalere, al fondo, la reciproca solidarietà euro-americana, che continuo a considerare vitale per tutti. Ma con le continue trovate di Trump ci vorrà molta fatica per riuscirci.
Intanto, la visita di Netanyahu a Bruxelles è servita a esemplificare l’ambivalenza dei rapporti UE-Israele. Il Premier israeliano aveva espresso la convinzione, un po’ illusoria, che gli europei seguiranno la decisione di Trump. Da Macron ha avuto, a quanto pare, una doccia fredda. Un’altra, appena più tiepida, l’ha avuta dalla Mogherini, che ha ribadito l’attaccamento europeo alla sicurezza di Israele ma escluso la possibilità di una mossa simile a quella americana. È importante nei rapporti internazionali, che da tutte le parti ci siano chiarezza e reciproco rispetto. Le parole di Federica Mogherini mi sembrano esserne state un buon esempio.
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