Ragazzi del ’99 a confronto

Un rapido giro in internet e scopriamo che il portiere del Milan e forse già della nazionale di calcio, Gianluigi Donnarumma, è un ragazzo del 99. Forse è l’esempio sbagliato, ma è comunque un figlio del suo anno e un esempio per molti suoi coetanei. Insieme a lui una generazione che è oggetto di studi ad ampio raggio che sono stati definiti dal consulente aziendale e motivatore Synek “difficili da gestire, pensano che gli sia tutto dovuto, narcisisti ed egoisti, dispersivi e pigri“. Altri che si sono occupati della cosiddetta Generazione Y, o millenial, pensano che questi ragazzi abbiano un forte senso del dovere e restano molto legati alla loro patria d’origine. Credo ci sia molto da dire a più livelli e ogni ipotesi possa trovare fondamento in attesa della maturazione di giovani che sono nati con un touch screen in mano e cresciuti in un mondo a portata di Google.

A diciotto anni i più sommersi teoricamente dalla marea di informazioni cui hanno accesso, sono ancora a scuola e, probabilmente, pensano al loro futuro scolastico o lavorativo, magari all’estero dove poter portare a termine gli studi o trovare una collocazione. In molti hanno già un motorino o l’auto elettrica in attesa della patente. Senza timore di smentita molti di loro guardano in TV i talent show e sognano di esserne protagonisti per realizzarsi o trovare un momento di gloria. Chissà quanti di loro sono già Youtuber di successo.

Questa generazione ha fatto già parlare di sé, e riempire pagine elettroniche di dati e notizie, ed è sicuramente più protagonista di quanto non lo siano stati altri Ragazzi del 99, quei coetanei dei nostri millenial che, appena giunti ai diciotto anni, furono arruolati per combattere quella che Benedetto XIV definì l’inutile strage. In ogni città d’Italia troviamo un Monumento ai caduti che ricorda i nomi e l’età di chi cadde con loro nella Prima Guerra Mondiale. Forse di questi 99 si ricorda solo una definizione associata a ricordi scolastici come una parte, e numericamente forse quella minore, di coloro che combatterono sul Carso e sul Piave. E senza timore di smentita, i più erano convinti di ciò che facevano. Difficile credere che si fossero lasciati trascinare dalla propaganda interventista, alla portata solo di coloro che potevano essere raggiunti ed in grado di capirla. L’immagine di un Re, di una Patria da poco realizzata e la paura del nemico, chiunque fosse, erano spesso sufficienti.

La maggior parte di questi ragazzi però, aveva un passato che forse non è mai stato adeguatamente considerato. In alcuni commenti o interventi si è letto che avrebbero dovuto rifiutarsi di indossare la divisa e andare al fronte, e si è risposto che se fossero tornati indietro avrebbero trovato i loro generali pronti a ordinarne la decimazione. Purtroppo la storia ci dice che è vero: non avevano scelta. Quella scelta che oggi esiste. Ma si è dimenticato che per molti, moltissimi dei ragazzi del 99, quello era il primo contatto con un mondo diverso che, se non vi fosse stato l’esercito e la leva obbligatoria, difficilmente avrebbero conosciuto. Un luogo dove si poteva mangiare ben tre volte al giorno e avere abiti magari in cui pavoneggiarsi durante le poche licenze e il ritorno ai luoghi di origine.

Chissà se quelli che di loro venivano dalle campagne, avevano mai abbandonato la casa paterna; quanti di loro erano in grado di leggere e scrivere, o avevano frequentato i tre anni di scuola dell’obbligo all’epoca previsti. Vedendo le statistiche dell’epoca viene da pensare che fossero in pochi, così come pochi erano quelli coloro che avevano case con acqua corrente o in buone condizioni igieniche. Quanti di loro facevano un’attività sportiva regolarmente? Nel 1896 alle Olimpiadi di Atene parteciparono solo due atleti italiani, di cui solo uno ufficialmente, mentre ai Giochi del 1912 in Svezia, gli ultimi prima della guerra, gli atleti italiani furono 61. Solo alcuni Ragazzi del 99 potevano fare ciò che è a disposizione di tutti i millenial, ad iniziare probabilmente dai contatti con l’altro sesso che, per la mentalità e il contesto dell’epoca, vedevano i primi approcci solo nelle case chiuse.

Quasi più impossibile che difficile fare un paragone tra due generazioni così diverse e in epoche così distanti, ancor più distanti se si pensa al balzo tecnologico del XX secolo e riflettiamo su come i Ragazzi del 99 siano più vicini a quelli che, nati nel 1799, ai loro diciotto anni si erano trovati nelle campagne napoleoniche. Oggi, perlomeno in Europa, i millennials hanno trovato un terreno su cui lavorare e una situazione in cui crescere, sicuramente ben diversi. Prendiamone semplicemente atto.

©Futuro Europa® Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione

Condividi
precedente

#greenitaly

successivo

Opportunità Europa

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *