La metamorfosi leghista
Dopo ventinove anni di onorato servizio, la parola Nord va in pensione dal simbolo della Lega. La personalizzazione del movimento con la figura di Salvini è ormai completata e la corsa per diventare un vero Partito nazionale è ormai cominciata.
Se come ormai sembra, il Capo dello stato scioglierà le Camere il 28 di dicembre, con il nuovo anno ci si preparerà ad una intensa e combattuta campagna elettorale. Salvini sa che l’unico modo per prendere più voti di Berlusconi è quello di riuscire a portare il movimento anche oltre i confini del Po. L’esperienza “Noi con Salvini” non ha dato i frutti sperati e solo un Partito strutturato avrebbe la possibilità di poter far breccia in territori difficili come quelli del Mezzogiorno.
Ma la denordizzazione ha prodotto effetti che potrebbero creare problemi al Segretario federale. La fazione radicale del nordismo ha dato battaglia a Salvini con il rischio di una spaccatura che in termini elettorali potrebbe costare molto al nuovo Carroccio. In primis c’è la posizione di Maroni.
Il Governatore lombardo non è certo il più amato dall’eurodeputato e dopo avergli messo contro Gianni Fava durante il rinnovo della Segreteria federale, ora vuole puntare sulla conservazione del “nordismo” supportato dagli ex alfaniani tanto odiati da Salvini.
E questa posizione potrebbe in qualche modo agevolare l’altra grande incognita del mondo leghista: l’ascesa di Grande Nord. Il movimento lanciato da ex esponenti del Carroccio vorrebbe portare via i voti al nord di chi ancora crede nel primo disegno bossiano ed è totalmente in disaccordo con la nuova era salviniana.
Anche in Regione Lombardia temono la costituzione di una lista che possa drenare pesantemente i voti della Lega portando il Partito che esprime il governatore a non rappresentare la maggioranza nella maggioranza.
Insomma, non poche grane da sbrigare per il Matteo di destra che per dare forza al nuovo corso dovrà prendere decisioni drastiche e forse impopolari tra i militanti del Nord, ma i numeri sono dalla sua parte.
Sicuramente, non saranno sufficienti 3 mesi per mostrare il nuovo volto del Partito ma, vista la Legge elettorale e le probabili difficoltà a formare un governo, il progetto di nazionalizzazione potrebbe pagare anche nel medio periodo le scelte di un lungimirante leader che, dopo gli scandali degli anni scorsi, ha fatto della Lega un movimento di protesta capace di identificarsi come partito antisistema insieme ai 5 stelle.
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