Cronache dai Palazzi

Camere sciolte e la diciassettesima legislatura arriva al capolinea. Dopo conferenza stampa di fine anno del premier (quest’anno è stata anche una conferenza di fine legislatura) il capo dello Stato, Sergio Mattarella – dopo aver ascoltato i presidenti Grasso e Boldrini ai sensi dell’articolo 88 della Costituzione – ha firmato il decreto di scioglimento del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, controfirmato dal presidente del Consiglio dei ministri. In seguito allo scioglimento delle Camere del Parlamento, il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto di indizione della data delle elezioni il 4 marzo, decreto controfirmato dal presidente della Repubblica.

È stata definita una legislatura record: tre governi, 107 voti di fiducia (una legge su tre), 103 leggi da approvare, 546 cambi di casacca. Diversi provvedimenti approvati: Jobs act, unioni civili, nuova legge elettorale, biotestamento, nuove norme per la Pubblica amministrazione. Inoltre 99 provvedimenti ricevuti in eredità dai governi Monti e Letta ed anche oltre cento leggi non approvate. Nulla di fatto per lo Ius soli, rimandato alla prossima legislatura, e per l’abolizione dei vitalizi.

“Quello dei diritti è un capitolo incompiuto ma storico – ha sottolineato il presidente del Consiglio – l’anno scorso le unioni civili, quest’anno il reato di tortura, la legge sui minori non accompagnati, la legge sulla violenza sulle donne, il biotestamento. Da 16 anni ne sentivo parlare e sono contento di avere fatto parte dei governi che li hanno approvati”, ha concluso Gentiloni. Per quanto riguarda la legge sulla cittadinanza, “il modo migliore per archiviare lo Ius soli per molti anni sarebbe stato quello di farlo bocciare”, ha sottolineato Gentiloni. “Non abbiamo avuto i numeri”, ha aggiunto.

È stata la legislatura in cui il voto di fiducia ha vinto quasi tutte le partite. Secondo Openpolis, il governo Letta ha fatto ricorso alla questione di fiducia in media per 1,1 volte al mese, quello Renzi per 2 volte al mese e l’esecutivo Gentiloni per 2,58 volte. In particolare il 15,5% delle leggi dell’ultimo governo è stato approvato con due o più voti di fiducia, anche la legge di Bilancio. Caso emblematico è stato il Rosatellum, la nuova legge elettorale approvata dopo 8 voti di fiducia, 3 alla Camera e 5 al Senato.

Di fatto è cominciata la campagna elettorale e il prossimo 4 marzo sarà il giorno delle urne; si andrà a votare con la nuova legge elettorale. Le nuove Camere verranno convocate il 23 marzo. Il premier Gentiloni resta comunque in carica per gli affari correnti, e potrebbe inoltre essere chiamato a proseguire il suo operato anche dopo le elezioni, magari alla guida di un esecutivo di larghe intese, soprattutto nel caso in cui vacilli una maggioranza di governo.

Da parte sua, Paolo Gentiloni ha affermato che farà campagna elettorale per il Pd, anche se il capo dello Stato, allungando lo sguardo al dopo elezioni, si è lasciato sfuggire una breve e puntuale dichiarazione: “Gentiloni va preservato dalle possibili polemiche della campagna elettorale”. Tutto ciò per non sciupare il profilo rassicurante dell’attuale premier, in vista di una maggioranza instabile a ridosso del 4 marzo. Al ruolo di “riserva della Repubblica”, Paolo Gentiloni ha comunque affermato di preferire “altre panchine”.

Non sono pochi, inoltre, gli impegni da portare a termine prima del 4 marzo. In testa l’approvazione del Documento di programmazione economica e finanziaria, il cosiddetto Def. Seguirà la presidenza dell’Osce, l’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che l’Italia assumerà dal primo gennaio. Nel contempo diverse missioni internazionali e a febbraio è atteso il ritorno del confronto tra Roma e Bruxelles a proposito della manovra di bilancio 2018, rimasta comunque nel mirino dei palazzi del potere europei. Vertici Ue e Nato si susseguiranno inoltre fino all’estate, per finire con il G7 in Canada nel mese di giugno. Tutti appuntamenti importanti nei quali l’Italia si giocherà prestigio e influenza internazionale.

Nella tradizionale conferenza stampa di fine anno, Paolo Gentiloni ha comunque rivendicato i  buoni risultati della diciassettesima legislatura da allegare, di fatto, “alla sinistra di governo, una forza tranquilla” (nel corso di tre governi: Letta, Renzi, Gentiloni). “È stata una legislatura travagliata, ma alla fine fruttuosa – ha affermato Gentiloni -, l’Italia si è rimessa in moto dopo la più grave crisi del Dopoguerra”.

In sostanza non siamo più il “fanalino di coda europeo”, sono stati creati “oltre un milioni di posti di lavoro, la  maggior parte dei quali a tempo indeterminato”. I risultati non sono però sufficienti e Paolo Gentiloni non ha celato “il dramma del lavoro”, anche se “l’Italia è uno dei quattro o cinque giganti commerciali per le esportazioni”. In sostanza “c’è poco da rallegrarsi, basti pensare ai giovani, al Sud, al tasso di occupazione generale ancora bassissimo, alle donne, al precariato. Tutto questo ci dice quanto bisogna insistere e quanto ci sia poco da scherzare nei prossimi anni”, ha ammonito il premier Gentiloni.

“In un quadro di grande instabilità politica”, il premier ha comunque rimarcato che il suo governo ha “imboccato sul piano economico una strada di successo”, per di più “non era facile accompagnare la crescita rispettando le regole fiscali della Ue”.

Un fiore all’’occhiello è  di certo rappresentato dai risultati ottenuti nel settore immigrazione: “Abbiamo dimostrato che il fenomeno può essere gestito in un altro modo. Può essere sottratto alla mano criminale, passare sotto il controllo pubblico, come sta accadendo – ha affermato il premier -, anche per questo abbiamo deciso l’invio di un contingente di soldati in Niger”.

In definitiva “il governo non tira i remi in barca” ma, affidandosi alla indicazioni del presidente della Repubblica – colui che “detterà tempi e modi dei prossimi passaggi istituzionali” – continuerà a governare “nei limiti della legge e della Costituzione”.

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