Cronache dai Palazzi
L’economia mondiale è in risalita, rassicura il Fondo monetario internazionale, anche se si avvertono dei rischi che nel medio termine potrebbero compromettere il quadro. Complici anche alcuni appuntamenti elettorali cruciali, in Brasile in Messico e in Colombia, oltreché in Italia. A livello globale si prevede una crescita pari al 3,9 per cento sia per il 2018 sia per il 2019. Anche l’Italia, che ha concluso il 2017 con un segno meno, dovrebbe invece registrare un +1,4 nel 2018 e un +1,1 l’anno successivo.
La stretta monetaria è forse il peggiore fattore di rischio per l’Europa. Nel contempo, a ridosso della riforma fiscale di Trump, la Fed statunitense potrebbe decidere di accelerare il ritmo dei rialzi, provocando una correzione sui mercati finanziari e smarcando quindi il continente europeo. Gli elementi di incertezza geopolitica che risentono delle diverse tornate elettorali sono poi altri fattori da non sottovalutare.
La ripresa in corso purché abbastanza rilevante è “prevalentemente ciclica”, ha spiegato la direttrice del Fondo, Christine Lagarde, necessita di riforme per potersi reiterare. L’immagine usata è quella del tetto da riparare “finché splende il sole”. Tra le “riparazioni” suggerite e da mettere in atto, in linea con il titolo del summit di Davos (“Creare un futuro condiviso in un mondo frammentato”), Christine Lagarde ha citato la “crescita condivisa”, che nella pratica vuol dire ridurre il debito nei diversi Paesi, incoraggiare gli investimenti in infrastrutture e incrementare la spesa sociale. Non mancano inoltre delle sfide da vincere, come uno sviluppo che sia “inclusivo” in grado di abbattere le disuguaglianze e, nel contempo, riqualificando i lavoratori molto spesso spiazzati dall’entrata in scena della robotica. Infine la sfida della “responsabilità globale” che dovrebbe generare cooperazione internazionale su temi quali la lotta alla corruzione e all’evasione fiscale, e la minaccia del cambiamento climatico.
A proposito di cooperazione è stato ufficialmente aperto il tavolo di sei esperti (tre italiani e tre francesi) che nel secondo semestre del 2018 dovrà mettere a punto il “Trattato del Quirinale” tra Roma e Parigi, sul modello franco-tedesco del “Trattato dell’Eliseo” firmato da De Gaulle e Adenauer il 22 gennaio 1963. In linea con il vertice di Lione dello scorso settembre, il Trattato del Quirinale “dovrà dare un forte impulso alle relazioni tra i nostri due Paesi, strutturandole e dando loro nuovi obiettivi, arricchiti di una duplice dimensione bilaterale ed europea”. La collaborazione e l’unità d’intenti sono di sicuro gli ingredienti fondamentali affinché la cooperazione italo-francese dia i frutti sperati, incanalata nel quadro di una più armonica integrazione europea. “Italia e Francia sono naturalmente legate da una vicinanza storica, economica, culturale e umana eccezionale”, recita la lettera di mandato lanciata, non a caso, in coincidenza del cinquantacinquesimo anniversario della firma del “Trattato dell’Eliseo” (22 gennaio 1963). In sostanza si tratta di una “cooperazione strutturata, che rimanga al tempo stesso agile e flessibile”. Due sono gli “ambiti portanti”: la cooperazione in campo economico, industriale e dell’innovazione, ed inoltre, “l’istruzione, la cultura, la ricerca e l’insegnamento superiore”. I sei esperti dovranno riferire sulla prima fase entro aprile, dopodiché seguirà la redazione concreta del Trattato che dovrà “riflettere fedelmente l’ambizione europea di Italia e Francia, si tratti della promozione dei nostri valori comuni o del nostro dialogo sui grandi negoziati europei o delle iniziative in vista di una rifondazione dell’Unione”. In definitiva un filo rosso tra l’Italia, la Francia e l’Europa.
Il premier Gentiloni a Davos ha dovuto a sua volta difendere l’operato dell’Italia, anche in vista dell’elezioni del 4 marzo. “Credo che il centrosinistra possa vincere e proseguire nelle riforme – ha affermato Gentiloni -. In ogni caso penso che saremo il pilastro di una possibile coalizione e nel nostro Paese abbiamo una certa esperienza nell’uso della flessibilità in politica”. L’unica alleanza che il premier ha escluso chiaramente è quella con la Lega e con Forza Italia. Gentiloni ha inoltre sottolineato che nel 2017 la crescita dell’Italia è stata più che doppia rispetto alle previsioni internazionali, ed inoltre in materia di migrazioni ha rivendicato il ruolo del nostro Paese, che ha saputo accogliere a differenza dei Paesi dell’Europa centro-orientale (Ungheria e Polonia in testa), che non hanno accettato le proprie quote di rifugiati. “L’Europa non è un progetto à la carte – ha ammonito Gentiloni -. Non si possono prendere solo i benefici senza gli oneri. Tra poco negozieremo il prossimo bilancio dell’Ue e noi Paesi contributori netti dovremo tenere conto di tutto”. Il premier italiano ha inoltre aggiunto: “In Europa abbiamo un dibattito sulla crisi migratoria, ma non un bilancio per questo”.
Adottando un’ottica internazionale e condividendo una “responsabilità globale” – come ricordato nel Forum di Davos in Svizzera – occorre rivedere i termini della cooperazione tra i diversi Paesi dell’Unione alla luce delle nuove emergenze epocali (e planetarie): migrazioni, lavoro e disoccupazione, clima e ambiente.
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