Fascismo e Leggi razziali
Il Presidente Mattarella ha avuto parole molto dure contro le Leggi razziali, delle quali cadeva l’ottantesimo anniversario. Ha ragione, quelle Leggi sono una macchia sulla civiltà italiana e sono inoltre un odioso monumento alla gratuità. L’antisemitismo non aveva mai messo veramente radici in Italia e per buone ragioni: in altre parti d’Europa, specie Germania, Russia e Polonia, gli ebrei erano numerosi e, in genere, grazie al loro ingegno e al lavoro di commercianti, professionisti, amministratori di proprietà, magari prestatori di denaro, più prosperi della media degli abitanti, in maggioranza contadini. Menti malate e invidiose potevano vederli come sfruttatori e nemici. In Francia, al tempo dell’affare Dreyfus, furono vituperati ingiustamente come traditori al servizio della nemica Germania, che a sua volta, paradossalmente, li bollava come una minaccia per la purezza ariana e per la grandezza tedesca su di essa fondata. E col nazismo portò la persecuzione contro di loro fino agli estremi più mostruosi.
Ma quel tipo di rabbioso razzismo da noi non esisteva. Mussolini stesso, in un’intervista dei primi anni Trenta (quando ancora disprezzava Hitler), lo aveva definito “un’ossessione dei popoli biondi”. In Italia gli ebrei erano poche migliaia, occupavano, in generale, posizioni borghesi, erano commercianti, imprenditori, scienziati, scrittori, musicisti, artisti, professori, intellettuali, che contribuivano al benessere e all’immagine del Paese. Erano anche, in genere, buoni italiani, patrioti che avevano partecipato con onore alle nostre guerre. Non pochi erano anche seguaci convinti del Fascismo. Insomma, le Leggi razziali non servivano alcun proposito, nessuna paranoia nazionale, anzi erano contrari all’interesse italiano: basti pensare alle rovinose conseguenze per la nostra scienza e la nostra stessa sicurezza dell’allontanamento di scienziati come Fermi e Pontecorvo.
Quelle Leggi furono dunque un atto di inutile servilismo all’alleato e già padrone nazista. È vero che non raggiunsero mai il livello persecutorio messo in atto dai nazisti (salvo nel periodo dell’occupazione tedesca seguito all’armistizio): nessun ebreo, fino al settembre 1943, fu mandato ai campi di sterminio. Furono però norme discriminatorie umilianti e odiose, lesive della dignità umana. Chi legge “Il giardino dei Finzi-Contini” di Giorgio Bassani, pur così pudico, così sottotono, può averne un’idea.
La ricorrenza delle Leggi razziali ha avuto come sottoprodotto una pretestuosa e fastidiosa polemica sul Fascismo. Berlusconi aveva già sentenziato che il Fascismo “qualcosa di buono lo ha fatto”. Lo stesso ha detto ora l’immancabile Salvini, pur dichiarando, bontà sua, che “la democrazia è meglio”. L’intera sinistra – e anche il Presidente della Repubblica – sono insorti in protesta.
Ho detto che si tratta di una polemica pretestuosa e fastidiosa. Pretestuosa perché scopertamente diretta a racimolare qualche simpatia in fase elettorale. Fastidiosa perché infinitamente inutile e superata. Sul Fascismo e sul suo fondatore sono stati scritte intere biblioteche. Basti per tutte l’opera di Renzo De Felice. Conosciamo i meriti del Fascismo: l’ordine ristabilito contro il caos postbellico, le giuste rivendicazioni nazionali dopo la “vittoria tradita”, la rivalutazione dei meriti combattentistici, la legislazione sociale, le opere pubbliche. Chi li nega? Ma conosciamo fin troppo le tragiche conseguenze del regime: la soppressione delle libertà politiche, di pensiero e di espressione, una guerra disastrosa e, alla fine del percorso, la distruzione del Paese e una spaccatura di cui ancora sentiamo le conseguenze.
Tentare di rivalutare quello che è stato (come anche demonizzarlo in blocco) è insulso. Quello che dobbiamo evitare è di tornare indietro, dopo decenni di libertà, democrazia e pace ritrovate. Certo, non credo che l’Europa corra oggi il rischio di nuove guerre fratricide. Temo però che la tragedia possa ripetersi in una nuova, violenta intolleranza, favorita dai colpevoli silenzi se non dalla complicità di una parte della politica. L’intolleranza di CasaPound; quella delle aggressioni agli immigrati di colore; quella del clan Spada.
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