Braccialetti Amazon, ritorno al Taylorismo?
Nelle sue procedure di lavoro, Amazon sembra tornare indietro di un secolo. Nel lontano 1913 la Ford Motor Company fu la prima azienda ad applicare un sistema di lavoro basato sulla “catena di montaggio” che cambiò letteralmente l’organizzazione del lavoro nelle industrie.
L’ispiratore fu Frederick W. Taylor (1856‐1915) con il suo Metodo di lavoro scientifico, frutto di una visione del lavoro che non è molto diversa da quella ipotizzata ora da Amazon. Taylor, nella sua monografia del 1911 The Principles of Scientific Management, sosteneva che “la migliore produzione si determina quando a ogni lavoratore è affidato un compito specifico, da svolgere in un determinato tempo e in un determinato modo”.
Infatti, la suddivisione scientifica del lavoro non è nient’altro che la suddivisione in specifici compiti per ognuno dei dipendenti dell’azienda, elaborata allo scopo di ottimizzare la produzione del lavoro in cui il manager aveva il compito di stabilire il ruolo di ogni specifico lavoratore e soprattutto deciderne il “tempo” entro cui avrebbe dovuto svolgerlo. Con il Taylorismo si sottraeva ogni tipo di discrezionalità al lavoratore che, mentre in passato avrebbe potuto scegliere tempi e modi del suo lavoro, con il metodo scientifico invece avrebbe dovuto adattarsi ai ritmi ed ai metodi stabiliti dai dirigenti.
Oggi, con i bracciali elettronici per controllare e monitorare la performance dei dipendenti, Amazon sembrerebbe riprendere la teoria di Taylor, adottando un tentativo “scientifico” per incrementare la produttività e costringendo i dipendenti a lavorare secondo ritmi imposti dall’alto. Il colosso americano di Seattle ha ipotizzato un sistema assimilabile a quello Taylorista, sebbene sia passato più di un secolo dalla struttura legata al concetto di “catena di montaggio”.
L’idea sarebbe quella di “bracciali elettronici” direttamente connessi agli ordini (pacchi da consegnare ai clienti) per poter controllare l’attività di smistamento, affinché si verifichi che il lavoratore non salti passaggi, procedure ed ordini di consegna, evitando perdite di tempo e che si evadano gli ordini già programmati per quella giornata di lavoro.
L’ipotesi di introdurre i bracciali dimostra come Amazon voglia adottare uno strumento per rendere il lavoro più efficiente e veloce, ma allo stesso tempo come voglia “controllare” i propri dipendenti, andando ad invadere la loro privacy. I bracciali in questione sarebbero addirittura capaci di individuare eventuali errori commessi dai lavoratori ed in grado di emettere “vibrazioni” in caso di eventuali errori. Sembrerebbe quasi un episodio della famosa serie “Black Mirror” di Netflix, in cui vengono mescolati presente e futuro, tecnologia e fantascienza, ma sicuramente non in maniera del tutto positiva per la salute psicologica del lavoratore.
Ad ogni richiesta di chiarezza, Amazon mette le mani avanti ed afferma che per la loro politica aziendale uno degli obiettivi primari è il benessere dei propri dipendenti, con l’attenzione a garantire un ambiente di lavoro “sicuro”. Amazon precisa anche che il bracciale servirebbe per liberare le mani dei lavoratori dall’utilizzo di palmari e scanner e a facilitare la localizzazione dei pacchi, semplificando così il lavoro dei magazzinieri, senza dover esser costretti a guardare lo schermo. Il problema però più riferito alla privacy è che i bracciali avranno incorporato un sistema di geolocalizzazione, generando una forma di controllo a distanza sui lavoratori, quindi su un’eventuale violazione, appunto, della privacy.
Il Ministro del lavoro Giuliano Poletti ha incontrato martedì scorso i vertici di Amazon Italia a cui ha espressamente chiesto di riattivare la discussione del tema con i sindacati italiani, che naturalmente non si sono mostrati favorevoli all’idea. Questo perché l’utilizzo della tecnologia nelle aziende deve esser sempre confrontato con le organizzazioni sindacali, visto che la legislazione italiana non ammette dispositivi di controllo, a meno che non siano stati presi accordi preventivi con i sindacati dei lavoratori. Ed infatti, Amazon ha quindi riaperto il dialogo con i sindacati sull’organizzazione del lavoro.
C’è da dire che i bracciali attualmente sono ancora in fase di prototipo in attesa di approvazione definitiva dei brevetti, cosa che probabilmente richiederà tempo, forse anni, ma non si può di certo non considerare la frase pronunciata dai vertici di Amazon “In tutti i Paesi in cui operiamo rispettiamo in maniera rigorosa tutte le regolamentazioni in materia di lavoro”. Pertanto, secondo questa affermazione, Amazon sarebbe intenzionata a rispettare, almeno nel nostro Paese, la legislazione in materia.
In attesa di notizie sull’uscita ufficiale del famigerato “bracelet track worker”, in Italia cresce la polemica, specie tra la classe politica, la cui maggioranza si mostra tutt’altro che favorevole all’iniziativa preannunciata da Seattle. Il commento del Presidente della Senato Pietro Grasso sembra forse condividere il paragone con la webserie di Netflix “Black Mirror” quando afferma “Sembra un brutto film di fantascienza”.
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Il braccialetto non serve a tracciare i movimenti del dipendente ma a verificare che la merce prelevata sia quella giusta per la spedizione . Purtroppo l’analogia con il braccialetto giudiziario e una certa pigrizia mentale del mondo dei media e della politica hanno fatto il resto.