Abusivismo, il gioco delle parti
Berlusconi torna a parlare di abusivismo e i suoi avversari a proclamarsi ambientalisti: la solita commedia elettorale, che quest’anno coincide col Carnevale. Dopo che il Cavaliere ha considerato l’abusivismo di necessità, sia pure “solo se si restringe con il massimo rigore il concetto di necessità”, il Ministro dell’Ambiente Galletti ha proclamato che mai i suoi Governi hanno ammesso il condono edilizio. Già: ma gli stessi Governi non hanno abolito la Forestale, penalizzato i Parchi a cominciare dallo Stelvio e offerto il Bel Paese alle ‘trivelle’? Grazie a quei Governi, oggi possono sorgere torri petrolifere dappertutto, nell’entroterra, fra valli e paesaggi e case di borghi e periferie; e qua e là sta succedendo: cose epiche, che fanno impallidire gli abusi edilizi, e che Berlusconi, pur avendone i dossier sulla scrivania, non ha mai concesso.
Il bello è che al Cav, che da una parte sostiene ancora l’edilizia ‘vecchio stile’ – non quella della riqualificazione – ma dall’altra non ha consentito la spoliazione delle tutele del territorio perpetrata dai ‘governi tecnici’, di essere stato per certe cose più ambientalista degli Ambientalisti non importa affatto: anzi, probabilmente non ne ha alcun piacere. Come se l’Ambiente coincidesse per forza con gli Ambientalisti e non col Paese, e con la vita di chi ci vive. Né fa caso al fatto di esser stato più anti-lobbista degli Anti-lobbisti, se si pensa ad esempio alle ‘trivelle’. Ma già: ambientalismo e anti-lobbismo non appartengono al suo personaggio, al suo ruolo, alla sua maschera. Sono un prodotto indiretto del suo progetto politico, non un obiettivo lucido. Nell’ambiente dell’alta Economia sono giustificabili come una svista, un errore. E lui non può vantarsene. Anzi: meglio che non se ne parli nemmeno. E poi non è uno che sdogana i grandi temi, né uno che ruba le idee ad un altro, foss’anche il suo avversario. Peccato, perché la ‘riqualificazione edilizia’, nata da idee ‘ambientaliste’, consente modifiche mirate senza passare per abusivi e sanatorie: ed ha riguardato, nel solo 2017, 28 miliardi di investimenti privati.
In questo gioco delle parti, con i ruoli già assegnati e per l’ennesima volta recitati, il Carnevale Elettorale 2018 sta dimostrando ancora una volta che nel dibattito politico – e nella macelleria mediatica che ne consegue – le parti contano mille e i fatti contano zero. La stessa frase, per esempio ‘Io amo l’Ambiente’, non è creduta o non creduta sulla base dei fatti o delle cose realizzate da chi la pronuncia: no, è creduta o non creduta se chi la pronuncia è ‘di Sinistra’ o ‘di Destra’, se si chiama Arlecchino o Pantalone. Non c’è più legame tra le parole e quello che significano, ma solo tra voce e maschera. Cose serissime come l’ecologia, la salute, la bellezza, e pure la ricchezza potenziale di un Paese che dovrebbe puntare su arte, paesaggio e turismo, sono brutalizzate da questo meccanismo. La Sinistra resta ambientalista a priori, e la Destra antiambientalista altrettanto a priori. Pregiudizio, e basta: la tomba prima della nascita per il ‘linguaggio comune’, fonte di accordo civico e di un’etica condivisa, preconizzati da Habermas, da Apel, da Jonas e cercati e voluti da milioni di naufraghi della Babele della Comunicazione al tempo dei social e degli youtuber. E addio Partecipazione, viene da dire con Gaber.
E così, eccoli qua: “C’è la possibilità di una sanatoria edilizia per i casi di quello che si chiama abusivismo di necessità, solo se si restringe con il massimo rigore il concetto di necessità”, ha detto Berlusconi. “Fantasia al potere”, lo ha criticato Renzi, involontariamente (o volontariamente) tranquillizzando l’elettorato sulla effettiva pericolosità cementifera del Cav e smarcandosi sempre meno da lui. “In questi anni al governo di condoni nemmeno l’ombra: un cambiamento politico e culturale che rivendico con orgoglio”, ha scritto su twitter il ministro Galletti. Un cambiamento politico e culturale. Che però prospetta uno scenario: perché metti che una notte all’improvviso un poveraccio tira su una villetta dove qualcuno – che poveraccio non è – ha già ottenuto la concessione per una trivella.
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[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]