Piano “Impresa 4.0”

Si è appena conclusa a Verona l’ultima Assise generale di Confindustria. I lavori si sono focalizzati soprattutto sul versante “sicurezza” in tempi in cui la “smart manufacturing” si è conquistata il cuore nei processi produttivi.

Gli industriali hanno fatto presente che serve con urgenza la messa in atto di un “Piano Strategico”: unico credito d’imposta, un concreto sistema di premialità per le imprese innovative e la realizzazione di “Fabbriche faro”. Sono stati messi sul tavolo dal Presidente Boccia 250 miliardi da investire in 5 anni. E’ “Industria 4.0”.

Ma “Industria 4.0” è solo un aspetto di un panorama più generale ed era solo una fase iniziale che ora si sta evolvendo in “Impresa 4.0” (quella che è stata definita la II fase di Industria 4.0). Il cambiamento di nome vuol far fermare l’attenzione sul fatto che maggiore sarà lo spazio che l’attuazione del Piano nazionale Impresa 4.0 riserverà a tutti i settori dell’economia a trecentosessanta gradi: non più quindi solo manifatturiero, ma anche altri settori come quello dei servizi in primo luogo affinché tutte le imprese siano in condizioni tali da dotarsi di strumenti idonei per realizzare la “digital transformation” in modo compiuto.

Piano nazionale Impresa 4.0 presentata da Poletti, Calenda  e Padoan, insieme alla Fedeli  alla Camera dei Deputati insieme ai risultati del Piano Industria 4.0 del 2017 e le linee guida per il 2018, insieme agli obiettivi previsti per il periodo 2017-2020 (in sincronia alla conclusione di Horizon 2020 e della fase attuale del Digital single market, con il quale l’Unione porta avanti la propria Strategia per la digitalizzazione dell’Industria europea.

Dal bilancio della prima fase del piano è emerso che in assenza di competenze adeguate gli investimenti sono vanificati. Per questo,  il Ministro Calenda ha acceso i riflettori proprio su “competenze e formazione” in primo luogo, e l’introduzione a partire da quest’anno di un credito di imposta per “riformare professionalità a rischio”.

Competenze e formazione che sono fondamentali per affrontare adeguatamente la trasformazione nei processi produttivi e il cambiamento nel mondo del lavoro e dei “modi del lavorare”, che in parte abbiamo già visto e che molto di più ci sorprenderanno nel prossimo futuro. La formazione e la riqualificazione e lo sviluppo di competenze strategiche sono per queste ragioni uno di pilastri di Impresa 4.0 e consentiranno di affrontare le trasformazioni e le nuove possibilità occupazionale insieme alla fine di altre legate alle vecchie politiche di produzione del mondo del lavoro. Si tratta di un cambiamento che richiede una visione strategica di medio lungo periodo e coinvolge le imprese e il mondo del lavoro a livello sistemico: l’imprenditore, il manager, i dipendenti.

“Scuola, università, ricerca devono essere in linea con il mondo che cambia” – come ci tenne a puntualizzare il Ministro Fedeli alla Camera – “…bisogna imparare a leggere l’imprevisto. Dobbiamo anticipare alcuni processi, imparare a governarli. Solo il 29% degli italiani ha competenze digitali elevate (da fonte Eurostat) – prosegue la Fedeli – e il 35% sia nella fascia, invece, più bassa, indietro rispetto alla media europea”. Formazione che rappresenta un “investimento in conoscenza e know how”: questo è il dato di cui ciascuno di noi ha consapevolezza e su cui il Ministro Poletti si è voluto soffermare. L’Impresa 4.0 è una sfida, tra le altre cose, nella corretta gestione dell’innovazione e occorrono, per la sua realizzazione, investimenti congiunti tra settori diversi attraverso partnership strategiche e reti d’imprese Da dati del Ministero del Lavoro solo l’8,3% dei lavoratori accede a percorsi di aggiornamento e formazione continua, il 2,55% in meno della media UE 28, puntualizza Poletti, “…questa è la ragione per cui si è pensato – fa sapere – a misure d’incentivo nella forma del credito d’imposta sulla spesa incrementale in formazione, a condizione che sia focalizzata su una tecnologia Industria 4.0 e che avvenga nell’ambito di un accordo sindacale su temi come  la gestione delle metodologie di vendita, marketing, informatica, tecniche e tecnologie di produzione”.

Crescere in Digitale, “apprendistato duale” per gli studenti e “Garanzia giovani” per i Neet (i giovani usciti dal mercato del lavoro) le altre azioni messe sul piatto dal Ministero del lavoro. Dallo Sviluppo Economico comunicano con nota ufficiale che sul Piano quest’anno sono previsti 9,8 miliardi d’investimenti.

Del resto questo è stato quello che si era deciso nell’ultima Legge di Bilancio 2018 (approvata definitivamente il 23 dicembre scorso al Senato) che ha previsto misure specifiche su Industria 4.0/Impresa 4.0: proroga di iper e super ammortamento di 7,8 miliardi; 250 milioni per il credito d’imposta per la formazione sulle tecnologie 4.0 e 95 milioni per incrementare il numero degli studenti degli Istituti Tecnici Superiori con l’obiettivo di raggiungere quota 20.000 entro il 2020.

Istituzione del fondo del capitale immateriale con oltre 300 milioni, il rifinanziamento della nuova Sabatini con 330 milioni e del Fondo di garanzia per le pmi per 830 milioni (nel decreto fiscale) tra le altre misure previste a cui si va ad aggiungere il piano straordinario Made in Italy con 230 milioni per aiutare le aziende a penetrare in modo pervasivo ed essere competitive sui mercati esteri. Si trovano quindi i circa nove miliardi a cui faceva cenno il Ministro Calenda stanziati per il piano Impresa 4.0 tra decreto fiscale e Legge di Bilancio senza contare le risorse per il credito d’imposta in Ricerca e Sviluppo previste dalla scorsa Legge di Bilancio.

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