Da Cuore all’autogestione, l’involuzione della scuola italiana

L’immagine della madre di Franti che si getta quasi in ginocchio ai piedi del Direttore della scuola, chiedendo una grazia, è forse una delle più inquietanti scene del Cuore di De Amicis, libro sempre meno conosciuto ma forse da togliere dagli scaffali e rileggere, non fosse solo per l’uso della lingua italiana. Sicuramente datato e adatto a un pubblico di lettori molto meno smaliziato di quello odierno, resta in ogni caso un libro che ha segnato alcune generazioni e, anche se può sembrare anacronistico o patetico, oggi potrebbe essere ripassato in una chiave di lettura diversa e trovare una nuova applicazione alla realtà.

Episodi di alunni di scuole medie e superiori che hanno reagito nei confronti dei loro docenti con aggressioni fisiche; il padre di Foggia che ha reagito al rimprovero subito dal figlio aggredendo un dirigente scolastico e, ancora, almeno due aggressioni a calci e pugni in scuole di Agrigento e Napoli. In almeno uno degli episodi l’aggressore, di età inferiore a quattordici anni, non potrà essere perseguito in sede penale. Negli altri casi ogni valutazione sarà rimessa al Tribunale dei minorenni: il padre che ha aggredito il dirigente è sottoposto agli arresti domiciliari.

In ogni caso la vera sconfitta di questa vicenda è la scuola, con buona pace delle presunte riforme degli ultimi anni. Illogico e difficilmente comprensibile che, nel luogo deputato per eccellenza all’educazione, si verifichino simili episodi che, non dimentichiamo, potrebbero essere gli unici giunti all’attenzione della cronaca e si aggiungono alla studentessa in coma etilico e alle devastazioni durante le cosiddette autogestioni e occupazioni che, puntualmente, si verificano ogni anno. Con buona pace di giorni effettivi di lezione, e efficacia dell’insegnamento. Non è quindi un caso che in numerose rilevazioni sul livello degli studenti italiani, questi si collochino agli scalini più bassi delle classifiche, salvo di quella dei maggiori utilizzatori di Internet. E sorgono dubbi se l’uso della rete sia per scopi didattici.

Per completare il non piacevole quadro, agganciandosi anche ad un recente servizio di Striscia la notizia, abbiamo istituti che garantiscono, a pagamento, titoli di studio e recupero di anni scolastici persi: dai quattro anni in uno o il superamento in una sessione universitaria degli esami di due anni. Logico chiedersi quale possa essere il livello di preparazione e conoscenza, magari per un geometra o un architetto che potrà firmare progetti o avere la carica di direttore dei lavori di un palazzo. E se si trattasse di medicina?

Nell’attuale contesto, volto solo ed esclusivamente all’ottenimento di “un pezzo di carta” comunque preso, non è possibile parlare di education, e l’abolizione dell’esame di licenza elementare dopo che già era stato eliminato quello di seconda elementare, rendono il sistema italiano meno credibile e spendibile in contesti europei in cui la competitività tra studenti è fondamento del sistema scolastico mentre da noi viene completamente negata.

In sintesi un sistema che ha fatto perdere completamente l’immagine istituzionale e il rispetto che l’Istituzione-Scuola aveva e dovrebbe continuare ad avere, ed in cui il diritto allo studio è stato sostituito dalla pretesa di avere un pezzo di carta indipendentemente dai meriti o dal percorso o, in via estrema, rivolgersi a un TAR. Probabilmente anche in questo trovano origine gli episodi sopra citati. La scuola ha bisogno di riforme a livello non solo didattico, bensì proprio come idea e concetto. Forse inadeguata o anacronistica, quella Italiana sembra stia lanciando un disperato grido di aiuto. E non passi in secondo piano che i suoi utenti, sono semplicemente le generazioni future.

Esiste ancora oggi la madre di Franti? Probabilmente si, vogliamo crederlo, ma occorre riflettere su ciò che stava facendo la povera donna con il suo prostrarsi all’autorità rappresentata dal Direttore e dal maestro Perboni. Stava evitando al figlio quella che era ritenuta una delle più gravi onte in cui potesse all’epoca incorrere un ragazzo, o fanciullo con il termine allora in uso: l’espulsione da tutte le scuole del Regno. Una pena che, né più né meno, ricorda l’ostracismo che veniva riservato nell’antica Grecia a chi avesse comportamenti che lo facessero ritenere indegno di partecipare al consesso civile della democrazia (a volte anche non come punizione ma per allontanare personalità eccessive), ma che per uno studente rappresentava una vera onta e l’impossibilità di poter accedere all’istruzione e alla speranza di un lavoro migliore e una vita diversa. Cose che oggi il pezzo di carta e i diplomi a pagamento hanno fatto dimenticare. Ecco che un genitore, invece di preoccuparsi per il figlio, prima si preoccupa di aggredire un docente.

Purtroppo, mentre cerchiamo ancora la madre di Franti, resta forte il dubbio che si trovi solo quell’infame che ride, pur dando atto che il personaggio è stato fin troppo maltrattato dal suo stesso autore.

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