Nirvana (Film, 1997)
Ho rivisto Nirvana a distanza di vent’anni e devo dire che come allora mi ha lasciato perplesso, dopo aver amato il Salvatores intimista e coinvolgente di Mediterraneo, Puerto Escondido, Turné, Marrakech Express, Nirvana fa capire che un’anima di genere è sempre stata presente nell’autore del recente Il ragazzo invisibile (parte 1 e 2), ma – a mio parere – mette in evidenza come la fantascienza non sia un genere molto adatto per gli autori italiani.
Nirvana è una coproduzione italo francese dotata di un cast eccellente, addirittura Christopher Lambert nei panni del protagonista, ma anche Diego Abatantuono come personaggio drammatico, una creatura di fantasia che acquista consapevolezza e chiede di essere cancellata da un video gioco-trappola. Film ispirato – come atmosfera – a Blade Runner, anticipa Matrix per alcune soluzioni visive e di sceneggiatura, pieno zeppo di effetti speciali fine anni Novanta, creati al computer, una trama cyberpunk che lo rende un film di successo tra i molti appassionati. Per Salvatores il lavoro più commerciale, anche se molta critica – me compreso – resta sconcertata.
La trama si basa sul viaggio nei bassifondi cittadini compiuto dal programmatore del videogioco (Lambert) per trovare un virus che gli consenta di accedere alla sua creatura e di eliminare un personaggio (Abatantuono) che – per colpa di un virus – ha capito di essere soltanto parte di un gioco telematico. Per far questo incontra amici singolari (Rubini), ritrova un vecchio amore perduto (Seigner) e una donna che possiede nel cervello i ricordi della sua vecchia fiamma (Rocca). Molte comparse di lusso, da Paolo Rossi a Silvio Orlando, passando per Antonio Catania e Amanda Sandrelli. Luisa Corna – irriconoscibile – è la Dea Kalì che troneggia sui manifesti e che compare in alcune sequenze del film. Fotografia rosso ruggine, molto scura, che crea un ambiente fantastico da futuro postatomico, alla Blade Runner.
Sceneggiatura ben scritta, anche se a tratti confusa, da Salvatores, Cacucci e Corica, basata su un soggetto originale del regista, che ha il merito di creare un personaggio drammatico come il Solo di Abatantuono, consapevole della sua inesistenza, intrappolato in una non vita che lo fa soffrire. Il personaggio reso molto bene da Amanda Sandrelli, invece, non si arrende neppure all’evidenza, non vuol sapere che il loro mondo finisce oltre l’armadio. “Perché mi fai questo?” chiede a Solo. E torna alla sua non vita. Molto intensa la metafora tra i morti virtuali e i morti reali, presenze che ci abbandonano, entità che in ogni caso dobbiamo lasciar partire. Straordinaria la storia d’amore vissuta a ritroso, per interposta persona, tra il protagonista e la sua Lisa che non può tornare.
Un lavoro interessante, in ogni caso, un esperimento insolito nella cinematografia italiana. Da recuperare.
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Regia: Gabriele Salvatores. Soggetto: Gabriele Salvatores. Sceneggiatura: Pino Cacucci, Gloria Corica, Gabriele Salvatores. Fotografia: Italo Petriccione. Montaggio: Massimo Fiocchi. Effetti Speciali: Victor Togliani. Musiche: Federico De Robertis, Mauro Pagani. Scenografia: Giancarlo Basili. Genere: Fantascienza. Durata: 111′. Interpreti: Christopher Lambert (Jimi Dini), Diego Abatantuono (Solo), Stefania Rocca (Naima), Emmanuelle Seigner (Lisa), Giorgio Alberti (dottor Rauschenberg), Claudio Bisio (Corvo Rosso), Antonio Catania (venditore di paranoia), Silvio Orlando (portiere indiano), Antonello Grimaldi (portiere pakistano), Ugo Conti (turista siciliano), Paolo Rossi (Joker), Sergio Rubini (Joystick), Amanda Sandrelli (Maria), Renato Sarti (drogato), Leonardo Gajo (Gaz-Gaz), Gianni Palladino (camionista), Haruhiko Yamanouchi (piscologo), Yoon C. Joyce (giapponese), Fabio Sartor (poliziotto).
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]