Scandalo ONU, aiuti e cibo in cambio di sesso
Ancora non si spengono i riflettori sugli scandali sessuali pendenti sulle ong Oxfam, Medici Senza Frontiere e Save The Children – a farne le spese anche l’ex numero uno di quest’ultima, Justin Forsyth, ora dimissionario dalla vice direzione dell’Unicef – che una nuova inchiesta della BBC rileva gravi abusi commessi da cooperanti di agenzie legate all’Onu sul martoriato teatro di guerra siriano.
Il network televisivo britannico ha raccolto la testimonianza di Danielle Spencer, consulente umanitario, che già tre anni fa aveva presentato le denunce di un gruppo di donne siriane di un campo profughi in Giordania, oggetto di sfruttamento sessuale da parte di volontari dell’Onu in cambio di cibo e altri generi di prima necessità. A supporto dell’indagine giornalistica, la BBC ha anche citato un dossier del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA), denominato “Voices from Syria 2018”, sulle violenze subite da numerose donne siriane, indotte alla prostituzione da operatori umanitari, per poter accedere agli aiuti. Molte di queste non si recavano nemmeno più nei centri di distribuzione a ritirare i pasti, per non essere ricattate o additate come donne in vendita. Altre hanno sposato, per brevi periodi di tempo, alcuni funzionari onde offrire prestazioni sessuali a fronte di cibo e sicurezza. Alcuni cooperanti chiedevano numeri di telefono e concedevano passaggi in auto a casa in cambio di rapporti sessuali. Dalla relazione, emerge come tali comportamenti continuino tuttora ad aumentare.
Le varie organizzazioni cercano di attenuare la portata dello scandalo, dichiarando che spesso sono costrette a servirsi di operatori locali per garantire la distribuzione degli aiuti in aree di difficile controllo, non accessibili al personale effettivo. Ma la scusa non regge. L’ipotesi più plausibile è che ci si sia turati il naso, accettando il sacrificio della parte più debole e bisognosa di protezione, pur di mostrare efficienza nella consegna degli aiuti e di garantirsi, così, i finanziamenti per la propria attività “no profit”. Ne più ne meno di una qualsiasi impresa commerciale, che risponda alla legge del fatturato. Guarda caso, nel Mediterraneo, da quando è entrato in vigore il codice etico che impone alle ong di operare salvataggi in mare sotto coordinamento della Guardia Costiera e che vieta di accordarsi sotto banco con gli scafisti per prelevare i migranti dai barconi a poche miglia dal Nord Africa, la presenza di natanti umanitari si è drasticamente ridotta. Business saltato? Non per tutte le organizzazioni che lavorano onorando il loro principio di assistenza; ma per molte altre, nate e sparite nell’arco di pochi mesi, questa è la realtà nuda e cruda.
A questo punto, quel che si sperava fossero casi isolati di mele marce si sta rivelando un’infezione a livello sistemico, che imbratta tutto l’ambiente dell’aiuto umanitario, con conseguenze assai pesanti, oltre che estremamente imbarazzanti. La credibilità del pianeta ong si sta sciogliendo come neve al sole: a rischio le donazioni benefiche a sostegno delle attività umanitarie, revocati – in alcuni casi – gli stanziamenti governativi, come ad esempio per Oxfam Gran Bretagna, dopo i particolari inquietanti emersi dalla sua missione fra i terremotati haitiani.
Analogamente alla vicenda Weinstein – in cui le molestie sessuali sono state perpetrate dall’uomo approfittando sì della sua posizione di forza, ma nell’ambizioso mondo dorato del cinema hollywoodiano, mentre qui parliamo di abusi su donne di comunità vulnerabili colpite da calamità naturali o eventi bellici – il bubbone è scoppiato dopo anni di ritardo e, da un singolo episodio, si è tramutato in un fiume in piena. Vero è che i responsabili di simili atti gettano fango anche sulla maggior parte degli operatori che interpreta il proprio lavoro di assistenza umanitaria coscienziosamente e con rigore; altrettanto vero è che i vertici delle organizzazioni, quando addirittura non coinvolti nel ruolo di protagonisti, abbiano deliberatamente insabbiato verità ormai note da anni agli addetti al settore, divenendo complici e correi negli odiosi abusi. Il recupero d’immagine e reputazione sarà, dunque, un percorso lungo e tortuoso.
©Futuro Europa® Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione