L’innocenza di Clara (Film, 2011)

Toni D’Angelo (1979) è figlio di cotanto padre, quel Nino D’Angelo che negli anni Ottanta – diretto da Ninì Grassia e Mariano Laurenti, ma pure da Romano Scandariato e da se stesso – riempiva le sale di ragazzine innamorate della nuova sceneggiata napoletana in salsa rosa. Il figlio fa tutt’altro mestiere ma dobbiamo dire che è dotato di un certo talento e di un pizzico di genialità, tra l’altro si toglie la soddisfazione di guidare il padre nel suo ultimo film – Falchi (2016) – che non abbiamo ancora avuto modo di vedere. Alcuni suoi corti sono puro cinema impegnato (Bukowski, Casoria e Poeti), ma anche i lunghi a soggetto non sono disprezzabili e forse L’innocenza di Clara è il più intenso, capace di racchiudere tutta la poetica di un autore profondo e originale.

In tempi che vedono inneggiare a registi come Guadagnino – dotati di budget esorbitanti rispetto alle idee – fa piacere vedere un piccolo film teatrale, ben diretto, fotografato con cura, sostenuto da una colonna sonora adeguata e interpretato con partecipazione dagli attori. Niente di eccezionale, si badi bene, una piccola storia di amore e morte, tradimenti, infedeltà coniugale e amicizia perduta, ma raccontata con gusto e passione. Ottima l’ambientazione tra le cave di marmo di Carrara, in uno sperduto paesino di montagna, dove Clara (Conti) è costretta a vivere un matrimonio infelice che la porta di nuovo tra le braccia del primo amante (Rondelli) e persino a illudere Giovanni (Lionello), grande amico del marito (Gimignani). Il film è un noir che vive sul colpo di scena finale, quindi non è lecito raccontare altro a livello di trama, accenniamo soltanto alla storia collaterale di un amore giovanile contrastato da un padre padrone, che predica bene ma razzola male.

Bobo Rondelli canta la sua Per amarti, accompagnandosi con la chitarra, dedicandola alla donna che lo abbandona per sposare un uomo tutto suo, anche se tornerà da lui. “Le gabbie che racchiudono gli esseri umani sono invisibili, per questo le loro sbarre risultano invalicabili…”, dice l’epigrafe iniziale firmata Silvano Agosti (supervisore al montaggio), che racchiude tutto il senso del film. Non è possibile cambiare la propria natura, tanto meno fuggire da noi stessi, nonostante i buoni propositi e le costrizioni morali, quel che siamo – in definitiva – è la gabbia dalle sbarre più robuste e insormontabili.

Un piccolo film da camera, teatrale, girato in gran parte tra interni claustrofobici, boschi (scene di caccia) e cave di marmo, che vede come temi di fondo l’amore coniugale e l’amor filiale, passando per l’amicizia e lo stretto legame che vincola le persone al paese natio e alle tradizioni. Buona prova d’autore, confermata da un discreto successo di critica e di pubblico al Festival del Cinema di Montreal e al Courmayeur Noir In Festival. Purtroppo sono film che vediamo in pochi.

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Regia: Toni D’Angelo. Soggetto: Toni D’Angelo. Sceneggiatura: Maurizio Braucci, Salvatore Sansone, Toni D’Angelo. Fotografia: Rocco Marra. Montaggio: Letizia Caudullo, Silvano Agosti (supervisore). Musiche: Alessandro Rinaldi (edizioni musicali Ala Bianca Group), canzone Per amarti di Bobo Rondelli. Scenografia: Carmine Guarino. Costumi: Olivia Bellini. Trucco: Marisa Marconi, Maria Vittoria Cascioli. Produttore: 13 Dicembre, con il supporto di MiBACT. Distribuzione: Istituto Luce Cinecittà. Genere: Noir, Drammatico. Durata: 83′. Interpreti: Chiara Conti (Clara), Alberto Gimignani (Maurizio), Luca Lionello (Giovanni), Rosanna Gentili (Luisa), Irene Goloubeva (Angela), Giulio Beranek (Ariel), Bobo Rondelli (Marco).

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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