Al voto
I fumi della campagna elettorale, una campagna sguaiata e confusa come non mai, non si sono ancora dissipati, ma oggi finalmente si vota e domani sera sapremo quali scenari si aprono per i prossimi anni.
Una elezione in un Paese di civiltà avanzata, superate le contese ideologiche dello scorso secolo, non può e non deve essere un giudizio di Dio. Guai se il risultato delle elezioni, quale che sia, dovesse provocare panico, caduta della Borsa, fuga di capitali, aumento dello spread e così via. Ciò non accadrà se prevarranno forze che, coi loro errori, con le loro mancanze anche gravi, sono tuttavia garanzia di continuità in un percorso iniziato, in realtà, con la firma dei Trattati di Roma del 1957: un percorso di apertura al mondo, di integrazione all’Occidente e, in primo luogo, all’Europa.
Questa è la vera discriminante. Chi questo percorso vuole fermarlo, chi vuole farci tornare indietro, al nazionalismo ottuso, allea liretta esposta a tutte le speculazioni, alla finanza allegra, alle svalutazioni ricorrenti, si chiami Grillo, Salvini, Di Maio, o Giorgia Meloni, non deve poter giocare col nostro futuro. E neppure può farlo chi rincorre i vecchi miti e le vecchie utopie di una sinistra sconfitta dappertutto, si chiami Grasso, D’Alema, o Bersani.
Si sente dire, e deve essere vero, che molta gente è incerta e confusa e, specie, tra i giovani, non sa per chi votare e quindi finirà per astenersi. Grave errore, autentico suicidio in democrazia. Chi non vota consegna il suo avvenire, mani e piedi legati, ai mestieranti, ai fanatici, ai populisti, a chi si propone di impadronirsi delle nostre libertà. E non è vero che non c’è scelta. Mettiamo da parte programmi e fedi politiche, guardiamo alle persone. Da una parte c’è uno che, come Paolo Gentiloni, ha dimostrato di saper governare con dignità ed efficienza, e di essere un cultore del dialogo e della moderazione. Dall’altra, ora lo sappiamo, c’è Antonio Tajani, un personaggio dal curriculum più che rassicurante e che viene dalla carica altissima di Presidente del Parlamento Europeo. Si scelga tra questi due, secondo le simpatie e le inclinazioni (e magari il calcolo: conviene in questa fase sostenere il PD o rafforzare FI nel centro-destra? Ognuno decida in coscienza). Se poi realmente uno non si sente di avallare Renzi o Berlusconi, c’é sempre la scelta di Emma Bonino, o di Raffaele Fitto.
Al di fuori di queste opzioni, c’è solo improvvisazione, demagogia, populismo. Il Movimento 5 Stelle ha compiuto una evoluzione di cui gli va dato atto, passando da una fase di opposizione indiscriminata, di demolizione delle istituzioni, a una di rispetto istituzionale e di non chiusura al dialogo. Ma come credergli a occhi chiusi? Come non sentire il cattivo odore di una trovata elettorale? L’invio per email al Presidente Mattarella di una lista di Ministri è una pagliacciata, che deve aver sorpreso e imbarazzato il Capo dello Stato. E più vedo e ascolto Di Maio, meno mi persuade, e più vedo dietro di lui l’ombra onnipresente e minacciosa dell’inqualificabile Beppe Grillo, il vero padre-padrone, assieme a Casaleggio jr., di un movimento che artatamente evita in ogni modo di definirsi.
Perciò, in queste poche ore, ciascuno ci pensi bene: non si vota per dispetto o per “malpancismo”. Si vota perché si è una persona razionale, a cui sta a cuore il futuro di tutti, dei propri figli o nipoti, e lo vuole, per quanto possibile, stabile senza brutte sorprese.
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