USA, stop alla Net Neutrality
Gli ultimi anni hanno visto il ritorno in auge di politiche di natura protezionistica su scala mondiale. Nello scenario internazionale la crisi economico-finanziaria, che ha investito numerosissimi Paesi nel mondo, ha portato il declino e un forte ripensamento delle teorie macroeconomiche improntate ai principi della globalizzazione.
Ricordiamo che i Paesi del G20, a questo proposito, a partire dagli Stati Uniti, hanno deciso di darsi una regolamentazione per la quale debbano avere almeno una certa percentuale (fissa) di prodotti – industriali – o servizi realizzati nel proprio Paese (e questo in particolar modo per prodotti elettronici e veicoli).
La globalizzazione è stata, per molti anni, e per certi aspetti ancora lo è, uno dei principali fattori di sviluppo per l’economia mondiale: apertura dei mercati commerciali e finanziari con l’eliminazione di tutti quegli elementi che in qualche modo potevano limitarli. In tempi di grande instabilità geopolitica e rinnovato protezionismo (soprattutto negli Stati Uniti in cui si sta introducendo una misura protezionistica ogni quattro giorni) non potevano farsi attendere a lungo gli effetti in tema di scambio d’informazioni e sistemi informativi su scala globale.
E la fine della Net neutrality negli Stati Uniti rientra senza dubbio tra queste conseguenze. E’ stato formalizzato qualche giorno fa, dalla Commissione federale per le Comunicazioni (Fcc), l’addio alla net neutrality negli USA a partire dal prossimo 23 aprile. Norma pubblicata sul Registro Federale.
Net neutrality, l’eliminazione delle leggi per la protezione della neutralità della Rete, che ricordiamo fu voluta nel 2015 dall’allora Presidente Obama per proteggere la “libertà in rete” e impedire ai cosiddetti “fornitori di banda” di creare “corsie preferenziali” a pagamento, dotate di maggiore velocità di ricezione e fruizione dei contenuti, sarà disciplinata da apposita normativa.
I fornitori dei servizi di accesso ad internet potrebbero chiedere il pagamento di una tariffa per viaggiare più velocemente o abbassare, discrezionalmente, la velocità di navigazione per coloro che invece si rifiutano. Verrebbe a crearsi così l’Internet a due velocità tanto temuto. Successivamente alla pubblicazione sul Registro Federale inizieranno a decorrere i 60 giorni durante i quali il Congresso, volendolo, potrebbe varare una Legge per ribaltare la Legge della Commissione federale per le Comunicazioni.
Il dibattito negli Stati Uniti è acceso e le opinioni sono discordanti. Tra queste, in una dichiarazione resa al New York Times, Ken Engelhart, avvocato, senior adviser di StrategyCorp e Professore di Scienze delle Comunicazioni alla Osgoode Hall Law School, per il quale “le regole che già esistono negli USA in tema di libera concorrenza impediscono le distorsioni sul mercato dell’accesso ad Internet anche senza norme sulla neutralità della rete”. E questa sarebbe anche la posizione della Commissione federale per le Comunicazioni per la quale hanno premuto sull’acceleratore per definire la fine della neutralità della rete. “C’è già la Federal Trade Commission a difendere i consumatori da eventuali abusi – prosegue Engelhart – non serve altro e comunque non è nell’interesse dei service provider rallentare o impedire l’accesso dei consumatori ai servizi e ai contenuti che a loro interessano. L’accesso neutrale alla banda larga è una macchina da soldi perché dovrebbero volerla boicottare?” conclude.
Ma in Italia? Con la “Dichiarazione dei Diritti di Internet” nel nostro Paese, la neutralità della Rete, non dovrebbe correre pericoli. Infatti, la “Dichiarazione” stabilisce, tra le altre cose, che non possa esservi alcuna “discriminazione, restrizione, interferenza in relazione al mittente, ricevente, tipo, contenuto di dati, dispositivo utilizzato, applicazioni o, in generale, legittime scelte delle persone”.
Come non dovrebbero esserci problemi in Europa, in cui la “Rete libera e aperta” come era intesa nella sua accezione originaria, non dovrebbe correre pericoli e che a cominciare da quest’anno ha definito un “Regolamento sulle Telecomunicazioni” articolato in modo preciso: la stessa regolamentazione che ha abolito, per i cellulari, il roaming per i cellulari nei Paesi della UE, richiede alle Aziende di telecomunicazioni di trattare il traffico dati in modo equivalente e le uniche eccezioni previste sono o le decisione dei Tribunali o la necessità di prevenire attacchi informatici.
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