Corsica, alla ricerca d’indipendenza

Il referendum sull’indipendenza della Catalogna ha scoperchiato il vaso di Pandora dei movimenti autonomisti europei, e rischia di essere solo il primo eclatante caso, se si dovesse effettivamente realizzare. Si pensava che le spinte secessioniste fossero arrivate a conclusione con la disgregazione dell’Unione Sovietica, della Jugoslavia, della Cecoslovacchia. Il disarmo dell’ETA nei Paesi Baschi, la pace faticosamente raggiunta in Irlanda, le due etnie linguistiche in Belgio da sempre in equilibrio, il referendum scozzese finito con la conferma dell’adesione al Regno Unito. Tutto faceva pensare che le spinte disgregazioniste fossero terminate, poi la Brexit ha rinfocolato l’indole indipendentista scozzese, il cui voto unionista era fortemente influenzato dall’adesione alla UE. La dichiarazione d’indipendenza della Catalogna di Puigdemont ha reso possibile quello che si pensava impossibile, tutto questo, unito alla situazione socio-economica difficile di questi anni e ad un crescente anti-europeismo, hanno ridato fiato ai movimenti autoctoni che reclamano il loro presunto diritto all’auto-determinazione.

Un movimento di cui si è parlato poco in questi anni, anche per la posizione geografica abbastanza defilata, è rappresentata dal Fronte di Liberazione Nazionale Corso, nato nel 1976 richiamandosi al nome di Pasquale Paoli, eroe nazionale dell’800. Il FLNC dopo il violento attivismo degli anni ’70-’80, ha subito la cocente sconfitta nel referendum per una maggiore autonomia nel 2003, per poi sciogliersi ufficialmente nel 2014 proclamando la fine della lotta armata (ma non deponendo le armi). L’indipendenza corsa è ufficialmente delegata al partito Corsica Libera che con 8 seggi è rappresentato nell’Assemblea Corsa e rifiuta qualunque forma di violenza, ma intanto le bombe sono tornate nella splendida isola. Ad aprile e maggio dello scorso anno sono state colpite due istituzioni bancarie, a Biguglia e Bastia. La Corsica si trova in una situazione economico -sociale molto lontana dalla Francia continentale, la disoccupazione supera il 10% e l’emigrazione per scopi economici è quanto mai vasta e vista con disagio, stante il forte legame dei corsi con la propria terra.

Il risorgere dell’indipendentismo corso ha trovato riscontro anche nelle scorse elezioni del 10 dicembre ove la coalizione autonomista e indipendentista “Pe’ a Corsica” di Gilles Simeoni e Jean-Guy Talamoni ha vinto il secondo turno delle elezioni territoriali in Corsica con il 56,5 per cento dei voti. Molto staccate le contendenti, a partire dalla lista di destra guidata da Jean-Martin Mondoloni con il 18,29 per cento, la macroniana La République en Marche guidata da Jean-Charles Orsucci ferma al 12,67 ed ultima il centro-destra de Les Républicains di Valérie Bozzi con appena il 12,57. Da segnalare il forte tasso di astensione che ha toccato quota 47,5 per cento.

Con la vittoria ottenuta Gilles Simeoni è diventato il nuovo presidente dell’Assemblea della Collettività, che sostituisce i due precedenti dipartimenti e consta di 63 rappresentanti. L’ex-sindaco di Bastia subito dopo il successo, ha lanciato un monito allo Stato centrale dichiarando che “Parigi avrà oggi una misura di ciò che sta accadendo in Corsica”.  Resta comunque il fatto che il vittorioso ticket Simeoni-Talamoni ha molto insistito sul fatto di non rivendicare l’indipendenza, ma una maggiore autonomia territoriale. Queste rassicurazioni hanno convinto l’elettorato a dargli fiducia, ed a sostenere alcune fondamentali rivendicazioni come  l’ufficialità della lingua corsa ed il riconoscimento dello status di residente corso per opporsi alla compravendita di terreni sull’isola ed evitare speculazioni immobiliari.

Resta comunque alto il livello di attenzione europeo sulle spinte indipendentiste, nel Parlamento Europeo è presente, già dal 2004, l’Alleanza Libera Europea, una federazione di 45 partiti autonomisti provenienti da 18 paesi. Questi ci tengono comunque a precisare la loro matrice unitaria, “Siamo un partito proeuropeista e crediamo nei valori comunitari: libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani, vogliamo solo che le minoranze possano scegliere il loro futuro“.

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