Dazi USA, undici paesi contro Trump

“Azioni unilaterali sul commercio estero sono pericolose”, questo il commento sui dazi sull’importazione che Trump ha deciso di imporre (acciaio del 25% ed alluminio del 10%) di Mario Draghi, Presidente della Bce, durante un’intervista sui risultati delle elezioni politiche dello scorso 4 marzo, che giudica il protezionismo economico del Presidente americano estremamente pericoloso non solo perché porta ad un aumento non indifferente della sensazione di incertezza ed instabilità, ma anche perché implica e comporta il rischio di una “deregulation” del settore finanziario che significherebbe ripetere l’errore che ha provocato la tremenda crisi finanziaria di cui ancora stiamo pagando le conseguenze.

La sfida di Trump alla comunità internazionale economico-finanziaria non è stata indifferente e la reazione non si è fatta attendere molto: undici Paesi hanno ripreso il “Patto commerciale transpacifico” (Tpp), questa volta in una chiave di lettura “antiamericana”. Adottando una soluzione elastica, di aumentare, cioè, o abbassare i dazi in qualsiasi momento o di esentare provvisoriamente alcuni Paesi come ad esempio Australia, Canada o il Messico (questi ultimi due in via subordinata alla rinegoziazione del NAFTA – Accordo di libero commercio nordamericano). Esenzioni che, come ha spiegato il Segretario al commercio Wilbur Ross, saranno basate sugli interessi di sicurezza nazionale USA andando dall’occupazione agli effetti su specifici settori industriali.

Si tratta di Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam. Il “Tpp” diventa: “Cptpp” (Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership), un Accordo commerciale sulla falsariga del precedente, concepito anche come misura per arginare la potenza dell’economia cinese, ma senza gli Stati Uniti, che riguarda un Mercato pari a circa mezzo miliardo di consumatori e che vale il 13,5% dell’economia globale.

Il Cptpp abbassa le barriere commerciali e le tariffe, apre le porte alla possibile sinergia con le economie cinese e asiatica in senso lato e dovrebbe generare altri 147 miliardi di dollari di entrate complessive, rafforzando, secondo i suoi sostenitori, le protezioni per la proprietà intellettuale. Inoltre il Cptpp intende eliminare anche ostacoli generali al commercio attraverso regolamenti di settore specifici e impegni a far rispettare standard minimi di lavoro e ambientali, prevedendo un meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati, in base alla quale le società possono citare in giudizio i Governi qualora ritengano che un cambiamento normativo abbia danneggiato i propri guadagni.

Secondo il Peterson Institute for International Economics, gli Stati Uniti potranno subire una perdita sul loro prodotto interno lordo in ragione dello 0,5% (pari a circa 131 miliardi di dollari), mentre Stati come la Malaysia, Singapore, Brunei e il Vietnam riceveranno un aumento superiore al 2% nella loro economia entro il 2030.

Ma l’Europa? Stando alla dichiarazione di Juncker, Presidente della Commissione Europea, “l’Europa reagirà fermamente e proporzionalmente per difendere i suoi interessi” e, ugualmente, dalla Germania sono state rese dichiarazioni di biasimo verso le decisioni di Trump, sentimenti di grande preoccupazione arrivano dal versante internazionale, dalla Cina e dalla Russia.

La UE è pronta a rispondere a Trump con misure analoghe e a imporre dazi su tutta una seri di prodotti: “se le misure commerciali verranno prese, danneggeranno la UE – dice la Commissaria la Commercio Cecilia Malmstroem – dobbiamo rispondere in modo fermo e proporzionale”.

Le misure prese in considerazione contemplano: una procedura “tradizionale” davanti al World Trade Organization” (WTO) dalle tempistiche, però, lunghe come possiamo immaginarci, “misure di salvaguardia” per la protezione del Mercato europeo in caso che si abbia una deviazione di flussi commerciali di acciaio a basso costo e una “lista provvisoria” di dazi su alcuni prodotti degli Stati Uniti in campo agroalimentare e dell’acciaio oltre che industriale dello stesso valore dei danni provocati dai dazi americani all’economia europea che sono stati stimati pari circa 2,8 miliardi. Misure che ancora non possono essere ritenute definitive ma che devono essere discusse con gli Stati membri e i partner economici.

Considerando che i dazi entreranno in vigore dal 23 marzo prossimo, qualora le misure UE dovessero scattare, dovrebbero entrare in vigore rapidamente.

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