Stretta di mano, test per la salute del cuore?
“Una migliore forza dell’impugnatura era associata alla struttura cardiaca e alla funzione in uno schema indicativo di minore ipertrofia cardiaca e rimodellamento. Queste caratteristiche sono note per essere associate a un minor rischio di eventi cardiovascolari”. Sono queste le testuali parole che si leggono nelle conclusioni dello Studio scientifico condotto dalla Queen Mary University (Istituto di ricerca William Harvey centro di eccellenza riconosciuto a livello internazionale nel campo della ricerca cardiovascolare e dell’innovazione terapeutica) sotto la guida del professor Steffen Petersen, pubblicato sulla rivista “Plos One” e finanziato dalla British Heart Foundation (BHF).
Una migliore forza dell’impugnatura è, dimostra lo Studio, associata alla struttura cardiaca e alla funzione in uno schema indicativo di “minore ipertrofia cardiaca e rimodellamento”. Caratteristiche note per essere associate a un minor rischio di eventi cardiovascolari.
Infatti, una “stretta di mano debole”, può essere associata a cambiamenti nella struttura e nella funzione del cuore, affermano i ricercatori, e può essere utilizzata come termine di riferimento per testimoniare lo stato generale di salute del cuore umano: coloro che lo fanno in modo più deciso avrebbero una maggiore capacità cardiaca di pompare sangue nelle vene da parte del proprio cuore.
Gli scienziati sono stati in grado di determinare la “forza di presa” di un soggetto tipo, sottoposto all’esperimento, chiedendogli di impugnare un dispositivo chiamato “dinamometro” per 3 secondi, determinando, in questo modo, la forza di presa, appunto, e confrontando i risultati con scansioni dettagliate del cuore.
L’obiettivo dello Studio scientifico della Queen Mary University è stata quella di determinare se la “forza dell’impugnatura” può essere considerata associata nella struttura cardiaca di individui adulti nel Regno Unito, dove le cause cardiache sono il motivo del decesso di più di 66.000 persone nel ogni anno e per Ictus 38.000 persone morte sempre nel Regno Unito ogni anno.
E’ evidente, da questi dati, che individuare individui a rischio significherebbe salvargli la vita. Usando i dati di un campione di 5.000 persone iscritte allo Studio di biobank nel Regno Unito è stato scoperto che le persone con “bassa aderenza” avevano cuori più deboli che erano meno capaci di pompare sangue nel corpo. La “forza di impugnatura” bassa è stata anche associata ad avere cuori danneggiati o “allargati”.
Come si sono mossi i ricercatori nel condurre questo Studio? Hanno sottoposto i partecipanti a scansioni cardiache che hanno permesso di calcolare con precisione il volume di sangue che veniva pompato dal loro cuore ad ogni battito cardiaco. In questo modo hanno scoperto che una migliore forza di presa della mano era legata a maggiori volumi e proporzioni di sangue pompato dal muscolo cardiaco più sano, cosa che è associata a un minor rischio di eventi cardiovascolari come infarti ed ictus.
Nella Ricerca è stato analizzato un ampio campione di popolazione, utilizzando protocolli standardizzati per la raccolta di dati, che sono poi entrati a far parte delle elaborazioni statistiche e delle proiezioni di incidenza di patologie cardiovascolari in funzioni delle categorie tipologie di rischio.
Trattandosi di uno Studio scientifico basato sull’evidenza scientifica e sull’analisi di dati tratti anche dall’Osservazione oltre che da esami strumentali e diagnostici obiettivi, ci tengono a precisare i ricercatori, ha dei limiti, tra i quali che la Biobanca britannica è stata pianificata senza somministrazione di agenti di contrasto per cui non era disponibile “l’imaging di gadolinio/relaxometria”.
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